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Venerdì 17 ottobre 2008

ADDIO BASILEA2

a cura di: AteneoWeb S.r.l.


di Andrea Sironi 17.10.2008

L'adozione di meccanismi come la ricapitalizzazione e l'assicurazione esplicita delle passività bancarie vanno salutati con favore, pur ricordando che altro non sono che trasferimenti di ricchezza dai contribuenti agli azionisti delle banche. Prima però di gettare a mare un sistema di adeguatezza patrimoniale sofisticato ed evoluto come Basilea 2, occorre valutare con attenzione se i problemi sperimentati in questi mesi non possano in realtà essere superati più agevolmente rivedendo aspetti relativamente più semplici, quali il meccanismo delle riserve e quello dei rating.

Il piano di emergenza varato dai governi dei principali paesi sui due lati dell'Atlantico prevede l'assicurazione pubblica temporanea di tutte le passività delle banche e al contempo misure straordinarie di ricapitalizzazione delle banche la cui solvibilità è minacciata dalle perdite subite negli ultimi mesi. Per comprendere meglio come si sia arrivati a un simile provvedimento di emergenza e quali siano le ragioni economiche del piano, è utile chiarire cosa sia il capitale di una banca, come funzionano i requisiti patrimoniali minimi (Basilea 2) e quali problemi effettivi essi presentano.

IL CAPITALE DI UNA BANCA

Come per ogni altra impresa, il capitale rappresenta per una banca una misura del suo patrimonio netto, ossia della differenza fra le attività e le passività. È dunque una approssimazione della solvibilità: maggiore è il suo patrimonio, minore è il rischio che una banca si trovi, a seguito di perdite che diminuiscono il valore dell'attivo, in condizioni di insolvenza.

Esistono in realtà diverse definizioni possibili di capitale per una banca, ma quella più diffusa si basa sul concetto di patrimonio di vigilanza, l'aggregato patrimoniale sul quale si fondano i requisiti minimi di capitale noti come Basilea 2. Il patrimonio di vigilanza si compone a sua volta di due aggregati principali: (i) il patrimonio di base, o Tier 1 capital, e (ii) il patrimonio supplementare, o Tier 2 capital.

Il patrimonio di base è costituito dalle poste patrimoniali più "pesanti" o, se si vuole, più "pregiate", cioè contraddistinte da un'elevata capacità di proteggere i terzi dagli effetti di eventuali perdite subite della banca. Include principalmente il capitale azionario versato, le riserve palesi (riserva sovrapprezzo azioni, riserva legale, utili accantonati a riserva, eccetera), alcuni fondi generali (non legati cioè alla copertura di specifiche perdite), come il fondo per rischi bancari generali, e alcuni strumenti innovativi di capitale.

Il patrimonio supplementare è invece formato da strumenti maggiormente assimilabili a debito, quali le riserve occulte, le riserve da rivalutazione, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e i prestiti subordinati. Si tratta in generale di strumenti che, pur non essendo realmente assimilabili a patrimonio, svolgono una funzione di protezione nei confronti dei creditori, quali i depositanti, e sono dunque ammessi nel computo del patrimonio.

BASILEA 2 E LA PROCICLICITÀ

Secondo una proposta formulata alla fine degli anni Ottanta dal comitato di Basilea poi recepita dagli organi di vigilanza di tutti i principali paesi del mondo, ogni banca è tenuta a rispettare un rapporto minimo fra il patrimonio di vigilanza e le attività, ognuna ponderata per un coefficiente di rischio, pari all'8 per cento.

Il modo in cui sono calcolate le attività ponderate per il rischio è cambiato recentemente con l'approvazione del "Nuovo accordo sul capitale", noto come Basilea 2. La principale novità di Basilea 2 consiste nell'utilizzo dei rating - esterni se di agenzie internazionali quali Moodys, Standard & Poors e Fitch, o interni se assegnati direttamente dalle banche - come base per il calcolo del requisito patrimoniale. Ciò significa che una variazione del rating delle imprese cui una banca ha concesso credito determina una variazione del requisito patrimoniale della banca.

Nelle ultime settimane, Basilea 2 ha attirato le critiche di molti osservatori per i suoi effetti prociclici, ossia di amplificazione delle fluttuazioni del ciclo economico. Se infatti i requisiti patrimoniali dipendono dai rating, un'eventuale recessione, portando con sé tassi di insolvenza più elevati e peggioramenti dei rating più frequenti, conduce a un aumento del capitale minimo richiesto alle banche. Poiché è più difficile raccogliere nuovo patrimonio durante una recessione, per mantenere le proporzioni tra capitale e attività a rischio le banche finiscono per concedere meno credito all'economia.

Ciò espone le imprese a ulteriori tensioni finanziarie, accentuando la recessione. Analogamente, in presenza di una forte crescita economica, associata a un generale miglioramento del merito di credito delle controparti (upgrading), i coefficienti patrimoniali si allenterebbero, consentendo alle banche di aumentare oltre misura l'offerta di credito all'economia. In realtà, qualunque sistema di adeguatezza patrimoniale, fondato o meno sui rating, tende a essere prociclico. Infatti, in presenza di una recessione, le insolvenze delle imprese affidate si fanno più frequenti e richiedono maggiori accantonamenti a riserva e rettifiche di valore, riducendo la dotazione patrimoniale delle banche. TE la riduzione costringe le banche a contrarre l'offerta di credito. La novità di Basilea 2 è che la prociclicità non nasce solo dall'andamento delle insolvenze, ma anche dalle variazioni del rating assegnato ai debitori; ne consegue un andamento prociclico più accentuato, legato alla frequenza delle insolvenze e a quella dei cambiamenti di rating.

DA UNA CRISI DI LIQUIDITÀ A UNA CRISI DI SOLVIBILITÀ

La prociclicità di Basilea 2 ha in realtà trovato, negli ultimi mesi, un effetto amplificatore nelle nuove normative contabili internazionali, le quali spingono verso l'adozione di criteri di valutazione degli attivi delle banche orientati al principio del fair value e, per una parte importante del bilancio, quella relativa al portafoglio di negoziazione, al criterio del mark to market. Questi criteri obbligano le banche a svalutare i prestiti quando il merito di credito delle imprese affidate si deteriora e a diminuire il valore di bilancio di certi strumenti finanziari il cui valore di mercato si è ridotto.

Per comprendere come questi principi contabili abbiano accentuato il fenomeno della prociclicità possiamo fare direttamente riferimento alla crisi finanziaria originata dalle insolvenze dei mutui subprime statunitensi. In seguito all'aumento delle insolvenze dei propri affidati, le banche sono state costrette a svalutare sia gli attivi rappresentati da mutui e prestiti, sia quelli rappresentati dai titoli strutturati, strumenti di mercato garantiti dagli stessi mutui. Si sono così trovate a subire un'improvvisa riduzione del relativo patrimonio. Se infatti il valore dell'attivo di una banca si riduce, inevitabilmente anche il suo patrimoniotende a ridursi. Ne segue che quella che nasce come una crisi di liquidità (crollo dei prezzi dei titoli strutturati generato dalla carenza di liquidità del relativo mercato) si trasforma in una crisi di solvibilità delle banche.

DA BASILEA 2 A BASILEA 3?

Le critiche a Basilea 2 espresse in questi ultimi giorni hanno spinto alcuni osservatori a invocare l'abbandono dell'attuale schema di adeguatezza patrimoniale a favore di un sistema più flessibile, un "Basilea 3". Prima di spingersi verso l'abbandono dell'attuale accordo, è tuttavia importante capire che la prociclicità di Basilea 2 non dipende solo dal modo in cui sono tecnicamente disegnati i requisiti patrimoniali. Altri due fattori altrettanto importanti sono le politiche di accantonamento a riserva (provisioning) seguite dalle banche e le logiche di funzionamento dei loro sistemi di rating. Se le banche aumentassero le riserve, mediante accantonamenti espliciti più elevati, nei periodi di crescita economica quando anche la domanda di prestiti è elevata, potrebbero in seguito utilizzare queste riserve nei periodi, come quello attuale, di maggiore crisi. È questa ad esempio la logica seguita dal sistema adottato dalla banca centrale spagnola, la quale impone alle proprie banche di aumentare gli accantonamenti a riserva nei periodi di maggiore crescita dei prestiti. Analogamente, se i sistemi di rating fossero maggiormente orientati al lungo periodo e considerassero la possibilità di inversioni del ciclo economico, sarebbero meno sensibili alle fluttuazioni del ciclo stesso, rendendo di fatto più stabili anche i requisiti di capitale.

In conclusione, nell'attuale fase di crisi del settore bancario un provvedimento come quello adottato dai governi per la ricapitalizzazione delle banche deve essere salutato con favore, pur ricordando che meccanismi come questo e l'assicurazione esplicita delle passività bancarie altro non sono che trasferimenti di ricchezza dai contribuenti agli azionisti delle banche. Prima però di gettare a mare un sistema di adeguatezza patrimoniale sofisticato ed evoluto come Basilea 2, alla cui messa a punto hanno dedicato anni di lavoro sia gli organi di vigilanza che le banche dei paesi del G10, occorre valutare con attenzione se i problemi sperimentati in questi mesi non possano in realtà essere più agevolmente superati rivedendo criticamente aspetti relativamente più semplici, quali il meccanismo delle riserve e quello dei rating.

di Andrea Sironi


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