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Venerdì 25 febbraio 2011

CENNI SULLE TECNICHE DI DIFESA DEL CONTRIBUENTE NEL PROCESSO TRIBUTARIO

a cura di: Bollettino Tributario d'Informazioni


Malgrado gli innegabili progressi registrati negli ultimi anni, troppo lunga è l'esperienza dell'inferiorità del privato, all'interno della macchina processuale, rispetto alla controparte pubblica per non stimolare lo studioso a cogliere i passaggi di particolare criticità e ad invocare l'urgenza, se del caso per mano legislativa, di correttivi adeguati.
Il processo tributario, specie da quando è entrato nell'ottica del giusto processo (art. 111 Cost.), vuole che i contendenti si misurino in condizioni di parità davanti ad un giudice equidistante ("terzo e neutrale"). Tale la direzione indicata dal legislatore; tale - soprattutto - l'esplicita e ineludibile intenzione dell'autorità europea in tutte le sue manifestazioni. Peccato che alcuni punti fermi del rapporto, in sede tanto pre-contenziosa quanto giurisdizionale, mortifichino in radice, e sensibilmente, il nobile proposito.
A titolo esemplificativo si possono additare due situazioni, entrambe sbilanciate a favore del polo pubblico, la cui potenzialità diventa addirittura esplosiva se se ne sommano gli effetti:

1) la facoltà, concessa all'Amministrazione finanziaria, di motivare i propri provvedimenti con una libertà d'azione che non solo impoverisce l'altrui facoltà di difesa, ma stride anche con taluni, ormai consolidati parametri infungibili in seno ad una branca - la procedura amministrativa - che di quella tributaria può considerarsi pilota e riferimento principe;

2) il termine, ben maggiore rispetto a quello offerto al privato, entro cui all'erario è consentito di costituirsi, cioè di «esporre le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente e indicare le prove di cui intende valersi, proponendo altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio e instando, se del caso, per la chiamata di terzi in causa» (art. 23, comma 3).

Quanto a 1), è nota la tolleranza di certa giurisprudenza, a dispetto di tutte le rassicurazioni che il legislatore si è premurato di fornire al contribuente, verso l'enunciazione puramente astratta (e quindi poco più che simbolica) della motivazione del provvedimento, rimandando alla fase della lite l'occasione (eventuale) in cui l'Ufficio dovrà infine calare le carte sul tavolo, a nulla rilevando il fatto che la promozione del contenzioso, per il tramite di un'assistenza qualificata, è tutt'altro che indolore, sul piano patrimoniale, per il privato. Sbilanciamento iniziale che si salda con un rischio in corso d'opera, quello che deriva dal disposto dell'art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, alla cui stregua «Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti [categoria entro la quale la giurisprudenza è purtroppo incline a far rientrare l'istituto della motivazione] qualora, per la natura vincolata del provvedimento [e non v'ha dubbio che il provvedimento tributario è per sua natura vincolato], sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato».
La motivazione, insomma, pur innervando, a mo' di fattore essenziale e qualificante, il contatto fra le due parti, può, alla resa dei conti, presentarsi con contorni generici al limite dell'inesistenza e pur tuttavia restare impunita.

Quanto a 2), è oggi pacifico che il termine fissato agli uffici per costituirsi («entro sessanta giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato, consegnato o ricevuto a mezzo del servizio postale»: art. 23, comma 1) non ha natura perentoria, a differenza di quello posto a carico del privato (art. 22, comma 1); con la conseguenza che non è censurabile tecnicamente la costituzione della pubblica Amministrazione formalizzata solo venti giorni liberi prima dell'udienza di trattazione (termine ultimo per il deposito di documenti ex art. 32, comma 1) o addirittura dieci (termine ultimo per il deposito di memorie illustrative ex art. 32, comma 2).

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