Nel caso di specie l'amministratore unico di una società era stato condannato per evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto per un importo superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione. In fase difensiva l'imputato aveva motivato il mancato superamento della soglia di punibilità producendo una quantità indiscriminata e scarsamente controllabile di fatture per acquisti, senza fornire alcuna giustificazione circa la mancata annotazione dei costi deducibili dell'attività imprenditoriale.
Nel valutare i costi sostenuti al nero, gli Ermellini hanno chiarito che l'unico riferimento legislativo in materia è l'art. 109 comma 4 del Tuir. Nello specifico, la normativa stabilisce che: "le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi".
Indipendentemente da quanto annotato nelle scritture contabili, la deduzione è ammessa quindi solo in presenza di elementi:
certi precisi.La mancanza di motivazione da parte del soggetto coinvolto nella questione non inficia in alcun modo la valutazione del criterio citato. L'esistenza delle fatture di acquisto di beni e servizi acquisite nel corso dell'accertamento ispettivo giustifica la loro valutazione: l'obiettivo ultimo di tale procedimento è evidenziare la mancanza del requisito di certezza e precisione della documentazione dalla quale tali documenti emergono, fondamentale ai fini della risoluzione del contenzioso.