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Lunedì 7 settembre 2015

Dichiarazione infedele: al commercialista "concorrente" sequestro dei beni

a cura di: Studio Legale Mancusi



Il commercialista che tiene sistematicamente la contabilità del contribuente accusato di dichiarazione infedele ex articolo 4 D. Lgs. n. 74 del 2000, risponde del reato a titolo concorsuale e, pur non avendo tratto alcun profitto dal reato, rischia il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei suoi beni personali. E' quanto ha stabilito la Corte di cassazione, Sezione III penale, con la sentenza del 14 maggio 2015, n. 24967 con la quale ha respinto il ricorso di un professionista che era stato ritenuto concorrente, a titolo di istigazione, delle violazioni tributarie imputabili al contribuente nell'interesse del quale espletava gli adempimenti fiscali.

Essendo stato verificato che nella vicenda vi era il pieno coinvolgimento del commercialista, il tribunale del riesame aveva disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, delle somme presenti sui conti correnti bancari, delle partecipazioni societarie, dei beni mobili registrati e dei beni immobili per un importo superiore al milione di euro.
In particolare, il professionista era stato chiamato a rispondere del reato tributario per avere, nella sua qualità di tenutario delle scritture contabili dell'impresa e incaricato della redazione e trasmissione delle dichiarazioni dei redditi,  «prestato la propria opera in continuativa difformità rispetto ai suoi doveri professionali ed omettendo, poi, ogni adempimento utile per ripristinare la legalità, pur avendo continuato per lungo tempo ad assistere professionalmente il suo cliente».

La descritta condotta professionale del commercialista rendeva configurabile una responsabilità a titolo concorsuale per le violazioni tributarie che, evidentemente, erano state consapevolmente pianificate e attuate.
Tale soluzione è coerente con i principi generali in tema di responsabilità plurisoggettiva, in base ai quali il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell'evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di un «contributo agevolatore», e cioè quando «il reato, senza la condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà».

Da ciò deriva che è sufficiente che la condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l'esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato, poiché in forza del rapporto associativo diventano sue anche le condotte degli altri concorrenti (Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, sentenza 22 maggio 2012, n. 36818).

Il percorso logico seguito dalla Suprema Corte è conforme all'orientamento già espresso in materia di reati fallimentari, secondo cui concorre, in qualità di "extraneus" nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell'amministratore di diritto della società dichiarata fallita, fornisca consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori e lo assista nella conclusione dei relativi negozi ovvero svolga attività dirette a garantirgli l'impunità o a rafforzarne, con il proprio ausilio e con le proprie assicurazioni, l'intento criminoso (Corte di Cassazione Penale, Sezione V, sentenza 9 ottobre 2013, n. 49472).

Non è stata ritenuta fondata l'eccezione difensiva del commercialista di non aver tratto in proprio alcuna utilità e di non aver conseguito nessun profitto dalla attività illecita, che doveva essere imputabile esclusivamente al cliente.
A questa obiezione i giudici Ermellini hanno replicato osservando che «il concorso di persone nel reato implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e il sequestro non è collegato all'arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito (Corte di Cassazione Penale, Sezione II, sentenza 22 dicembre 2006, n. 10838)».

Avv. Amilcare Mancusi

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