La delibera approvata dal consiglio di amministrazione di Cassa forense il 31 gennaio 2014, con le nuove regole ivi contenute e proposte, non ha ottenuto il via libera dei Ministeri vigilanti i quali, con nota, invitano i vertici dell'ente di previdenza a rivedere e riorganizzare la materia in maniera organica.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali risponde a Cassa Forense e rileva che l'art. 1 del Regolamento ex art. 21 Legge n.247/2012 "che fissa la decorrenza dell'iscrizione obbligatoria alla Cassa Forense alla data di entrata in vigore della riforma di rango primario, ovvero al 2 febbraio 2013, non appare in linea con il quadro normativo di riferimento".
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha correttamente osservato, in relazione al comma 8 dell'art. 21 della Legge n.247/2012, che dispone la contestuale iscrizione alla Cassa per chi si iscrive agli Albi: "non sarebbe ragionevole considerare iscritto a una cassa di previdenza alcun soggetto, senza aver prima disciplinato le conseguenze di detta iscrizione, con particolare riferimento alla determinazione dei parametri finalizzati all'individuazione degli oneri economici gravanti sugli assicurati, posto che non potrebbe esservi iscrizione alla Cassa senza il versamento dei contributi".
Per questi ed altri motivi di illegittimità, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha quindi ritenuto necessario, per la prosecuzione dell'iter procedimentale di approvazione, di attendere che Cassa Forense "si determini ad apportare le opportune modifiche al Regolamento posto al vaglio" del Ministero.
Il regolamento dunque è illegittimo e lo stabilisce il Ministero del Lavoro, quale organo vigilante; la posta in gioco per molti è la professione di avvocato, professione che, ricordiamolo, ha una rilevanza costituzionale.
Discriminare in base al reddito, con conseguenze che potrebbero anche giungere alla cancellazione dall'albo in caso di mancato pagamento dei contributi minimi, fa sorgere non poche perplessità e dubbi di legittimità sulle scelte operate dall'organo previdenziale degli avvocati.
Per gli avvocati con reddito inferiore a 10.300 euro annui, la contribuzione andrebbe parametrata in modo proporzionale al reddito. I minimi fissi sono da molti considerati un "esborso impossibile".
Il vero problema per la gran parte dei togati con reddito basso non è quello dell'iscrizione obbligatoria, bensì gli elevati contributi minimi.
Tutti sarebbero contenti di pagare in base al reddito realmente prodotto... "quello che avvilisce è dover pagare cifre assurde quando si guadagna niente o poco".
Per visualizzare il testo integrale della nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali clicca qui.