L'articolo 33 del Dl 83/2012 ("decreto sviluppo") ha innovato la disciplina contenuta negli articoli 101, comma 5, e 88, comma 4, del Tuir. Con riferimento ai soggetti diversi dagli enti creditizi e finanziari, tali modifiche offrono l'occasione per approfondire, anche alla luce dei chiarimenti forniti dall'Agenzia delle Entrate con la circolare 26/2013, il trattamento fiscale - ai fini della determinazione del reddito di impresa - riservato agli oneri (perdite su crediti) nonché ai proventi (riduzioni di debito), eventualmente conseguenti all'assoggettamento del debitore alle procedure concorsuali o all'ipotesi in cui questi abbia concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 267/1942 ("legge fallimentare").
Cenni relativi alla valutazione dei crediti sul piano civilistico e alle disposizioni fiscali afferenti le perdite su crediti
Con riferimento ai soggetti cha applicano i principi contabili nazionali, si osserva che l'articolo 2426 del codice civile stabilisce che i crediti sono iscritti nel bilancio di esercizio secondo il valore presumibile di realizzazione, valore che, ovviamente, deve essere espressione di una rappresentazione veritiera e corretta secondo quanto prescritto dall'articolo 2423 cc.
A tal proposito, il principio contabile n. 15 (riferito alle imprese mercantili, industriali e di servizi), elaborato dall'Oic (Organismo italiano di contabilità), chiarisce che il valore nominale dei crediti va rettificato per tenere conto - tra l'altro - delle perdite per inesigibilità.
La rettifica del valore nominale deve avvenire tramite un fondo di svalutazione appositamente stanziato che deve essere sufficiente, nel rispetto del principio di competenza, a coprire sia le perdite per situazioni di inesigibilità già manifestatesi sia quelle per altre inesigibilità non ancora manifestatesi, ma temute o latenti.
In altri termini, sul piano civilistico, le perdite per inesigibilità non devono gravare sul conto economico degli esercizi futuri in cui esse si manifestano con certezza, ma, in ossequio ai principi della competenza e della prudenza e al principio di determinazione del valore di realizzo dei crediti, devono gravare sugli esercizi in cui le perdite si possono ragionevolmente prevedere.
Tale obiettivo è raggiunto contabilmente tramite lo stanziamento di un "fondo svalutazione crediti".
Detto fondo verrà utilizzato per lo storno contabile dei crediti inesigibili nel momento in cui l'inesigibilità sarà ritenuta definitiva.
Si precisa, infine, che sul piano economico - secondo quanto indicato nel documento interpretativo n. 1 del principio contabile 12 dell'Oic - le svalutazioni dei crediti commerciali e diversi iscritti nell'attivo circolante vanno riportate nella voce B 10 d) del Conto economico, mentre sono iscritte alla voce B 14 le perdite realizzate su crediti e, quindi, non derivanti da valutazioni.
Sul piano fiscale, le disposizioni che disciplinano la deducibilità dei componenti negativi di reddito afferenti l'inesigibilità dei crediti, sono gli articoli 106 e 101, comma 5, del Tuir.
L'articolo 106 stabilisce una misura forfettaria di deducibilità degli oneri derivanti dalla inesigibilità dei crediti che è ancora potenziale, è riferita all'insieme dei crediti iscritti in bilancio e la sua applicazione non comporta alcuna indagine sul grado di esigibilità di ciascun credito; essa determina la configurazione di un "fondo fiscale" formato da tutte le svalutazioni e gli accantonamenti dedotti ai sensi della predetta norma.
L'articolo 101, comma 5, individua, invece, quali sono i requisiti di natura probatoria - derivanti dalla mancata esigibilità di crediti o di parte di essi divenuta definitiva - al ricorrere dei quali la perdita su crediti è considerata deducibile. Più in particolare, la norma stabilisce che le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi.
Sostanzialmente, essa individua negli "elementi certi e precisi" (sia in riferimento alle perdite su crediti di tipo valutativo sia a quelle di tipo realizzativo) le condizioni necessarie a rendere deducibile la perdita: si tratta, come chiarito dall'Agenzia delle Entrate nella circolare n. 26/2013, dell'esistenza di quegli elementi di fatto o di diritto, attestanti le ragioni e l'entità della perdita per definitiva inesigibilità del credito di cui si chiede il suo riconoscimento.
Infine, con riferimento all'ammontare della perdita "definitiva" deducibile appare opportuno osservare che, ai sensi dell'articolo 106, comma 2, le perdite su crediti - che presentano i requisiti di deducibilità ai sensi dell'articolo 101 - vanno a ridurre il reddito imponibile nell'esercizio in cui sono rilevate solo per la parte che eccede l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi e tale disposizione trova applicazione anche con riferimento alle perdite da deducibilità automatica.
Le procedure concorsuali e gli accordi di ristrutturazione: la deducibilità automatica delle perdite su crediti
L'articolo 101, comma 5, individua alcune ipotesi al verificarsi delle quali la perdita su crediti risulta automaticamente deducibile.
Si tratta dei casi in cui la perdita per inesigibilità afferisce un credito riferibile a un debitore assoggettato a una procedura concorsuale (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), oppure - a seguito della novità introdotta dall'articolo 33, comma 5, del Dl 83/2012 - che abbia concluso un accordo di ristrutturazione omologato, ai sensi del citato articolo 182-bis della legge fallimentare.
In altri termini, con detto automatismo, il legislatore ha inteso prescindere da ogni ulteriore verifica circa la definitività degli elementi certi e precisi richiesti, in generale, per la deducibilità della perdita su crediti, considerato che l'accertamento della situazione di sofferenza della partita creditoria, in tali casi, risulta ufficialmente conclamato a opera di un soggetto terzo indipendente (autorità giurisdizionale o amministrativa) e non rimesso alla mera valutazione soggettiva del creditore (cfr risoluzione dell'Agenzia delle Entrate del 23 gennaio 2009, n. 16/E).
Per quanto attiene l'ambito di applicazione dell'automatismo, si osserva che la circolare n. 26/2013 chiarisce che esso trova applicazione anche in riferimento alle perdite su crediti verso debitori esteri.
Tuttavia, nel caso in cui il debitore estero sia assoggettato a una procedura concorsuale, al fine del riconoscimento della deducibilità della perdita, sarà necessario verificare che la procedura del Paese di appartenenza sia assimilabile a una delle procedure concorsuali elencate nell'articolo 101, comma 5, del Tuir, oltre che dimostrare come la procedura estera presenti le stesse caratteristiche sostanziali delle procedure concorsuali nazionali tra le quali, prima fra tutte, l'esistenza dell'accertamento della situazione di illiquidità da parte di un'autorità giurisdizionale o amministrativa.
La deducibilità automatica, la competenza economica e il principio di derivazione
Come è noto, ai fini della "deducibilità automatica" della perdita su crediti, l'articolo 101, comma 5, del Tuir, individua il momento a decorrere dal quale il debitore si considera assoggettato a una procedura concorsuale e che, a seconda dei casi, è individuato dalla data:
della sentenza dichiarativa del fallimento
del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa
del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo
del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
In riferimento agli accordi di ristrutturazione, invece, il legislatore ha stabilito - a seguito delle modifiche operate dall'articolo 33, comma 5, del "decreto sviluppo" all'articolo 101 del Tuir - che detto momento decorre dalla data di omologazione degli stessi.
Ciò detto, si osserva che il tenore della norma aveva dato luogo a diverse opinioni - in giurisprudenza, ma anche in dottrina - in merito al periodo di imposta cui dovesse essere imputata la perdita su crediti vantati nei confronti di debitori assoggettati alle procedure concorsuali.
Al riguardo, si osserva che, secondo un orientamento del giudice di legittimità, il tenore letterale della disposizione in commento - sia con riferimento alle perdite su crediti risultanti da elementi certi e precisi sia con riferimento a quelle riferite a crediti verso debitori assoggettati alle procedure concorsuali - consente di interpretarla nel senso che l'anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista la certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perché è in quel momento che si materializzano gli elementi "certi e precisi" della sua irrecuperabilità. Diversamente opinando, si rimetterebbe all'arbitrio del contribuente la scelta del periodo di imposta in cui gli sarebbe più vantaggioso operare la deduzione (cfr Cassazione, sentenze nn. 16330/2005 e 22135/2010).
In questa logica, con riferimento a un debitore sottoposto a una procedura di concordato preventivo, il giudice di legittimità ha affermato che la perdita deve essere dedotta per intero nell'esercizio in cui è stato emesso il decreto di ammissione alla procedura non essendo possibile frazionarlo pro quota negli esercizi successivi (cfr Cassazione, n. 8822 e n. 8823 dell'1 giugno 2012).
Secondo un altro orientamento, il giudice di legittimità - esprimendosi in merito a una perdita subita a seguito del fallimento di un proprio debitore - ha affermato che la norma assume il valore di una presunzione semplice, la cui applicabilità deve essere valutata nel caso concreto e che "la perdita su crediti non deve essere contabilizzata necessariamente e per intero nel periodo di esercizio in cui la procedura concorsuale si è aperta (…) questo non autorizzerebbe la conclusione che sia possibile scegliere il periodo di esercizio, tra quelli posteriori all'apertura della procedura concorsuale, in cui dedurre la perdita (…)".
In estrema sintesi, con specifico riferimento alle ipotesi di assoggettamento delle procedure concorsuali, è possibile affermare che le posizioni della Suprema corte si muovono dalla tesi secondo la quale la perdita su crediti per inesigibilità deve essere imputata integralmente al periodo di imposta a cui è collegato il momento in cui il debitore si intende assoggettato - nei termini sopra individuati dalla norma - alla procedura concorsuale, alla tesi secondo la quale l'assoggettamento del debitore alla procedura concorsuale costituisce soltanto il "momento", a decorrere dal quale, il componente negativo può concorrere alla formazione del reddito, ben potendo, in tale ultima logica, la perdita su crediti essere imputata a un periodo di imposta successivo a quello cui si intende iniziata la procedura.
Ciò detto, si evidenzia che l'Agenzia delle Entrate, intervenendo sulla questione, ha chiarito che l'individuazione dell'anno in cui dedurre la perdita su crediti non può prescindere da quelle che sono le ordinarie regole di competenza e che, ai fini della quantificazione dell'onere, deve farsi riferimento al principio di derivazione dal bilancio.
In questa logica, l'Amministrazione finanziaria precisa che, in presenza dei presupposti necessari all'automatismo per operare, l'imputazione dell'onere a un determinato periodo di imposta non può essere il frutto di una scelta arbitraria, ma deve essere il risultato di una valutazione conforme con quelli che sono i principi di redazione del bilancio sul piano civilistico.
In altri termini, al verificarsi dell'assoggettamento del debitore a una procedura concorsuale (o nell'ipotesi in cui questi abbia concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti), la perdita deducibile, da imputare per competenza, dovrà corrispondere a quella stimata dal redattore del bilancio, fermo restando che la valutazione dell'entità della stessa non può essere il risultato di un processo arbitrario, ma deve rispondere a un razionale e documentato processo di valutazione conforme ai principi contabili adottati.
Con riferimento all'aspetto della quantificazione, occorre osservare che l'Amministrazione finanziaria ritiene idonei a dimostrare la congruità del valore stimato dell'onere, tutti i documenti di natura contabile e finanziaria redatti o omologati da un organo della procedura quali, ad esempio:
l'inventario redatto dal curatore ex articolo 87 del regio decreto 267/1942
il piano del concordato preventivo presentato ai creditori ex articolo 160, regio decreto 267/1942
la situazione patrimoniale redatta dal commissario della liquidazione coatta amministrativa ex articolo 205, regio decreto 267/1942
la relazione del commissario giudiziale nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (articolo 28 del Dlgs 270/1999)
le garanzie reali o personali ovvero assicurative.
In relazione a crediti vantati nei confronti di un debitore estero, costituiscono validi elementi di supporto alla determinazione dell'entità della perdita tutti i documenti prodotti da organi ufficialmente nominati all'interno della procedura estera alla quale il debitore risulta assoggettato.
Il trattamento fiscale afferente la riduzione del debito per l'impresa in crisi
Il legislatore si è occupato di disciplinare il trattamento fiscale - ai fini della determinazione del reddito di impresa - da riservare alle riduzioni di debiti che si producono in capo al debitore in stato di crisi al verificarsi di alcune circostanze.
A tal proposito, l'articolo 88, comma 4, del Tuir, stabilisce che non si considerano sopravvenienze attive le riduzioni di debito dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo.
In altri termini, i proventi derivanti dalle riduzioni dei debiti che si producono in capo al debitore, per effetto delle citate procedure, non danno luogo - sul piano fiscale - a componenti positivi di reddito tassabili ai fini della determinazione del reddito d'impresa.
Appare opportuno osservare che, per effetto delle modifiche operate dal "decreto sviluppo", il novellato articolo 88 del Tuir prevede attualmente che non costituiscono sopravvenienze attive neanche le riduzioni di debito derivanti da:
un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis della legge fallimentare
un piano di risanamento attestato da un professionista abilitato pubblicato nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 67, lettera d), della legge fallimentare.
Per espressa disposizione normativa, l'irrilevanza fiscale della sopravvenienza attiva connessa alla riduzione del debito derivante da un accordo di ristrutturazione o da un piano di risanamento, è limitata alla parte di essa che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84 del Tuir.
In altri termini, mentre il provento connesso a una riduzione di debiti derivante da un concordato preventivo o fallimentare non rileva integralmente sul piano fiscale, nel caso dell'accordo di ristrutturazione o del piano attestato, l'irrilevanza è solo parziale, ovvero, nei limiti dell'importo che eccede lo scomputo delle perdite pregresse e/o di periodo.
Adelma Mastrangelo