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Venerdì 11 marzo 2011

LA TERRITORIALITÀ IVA DELLE PRESTAZIONI DI TRASPORTO RELATIVE A BENI IN ESPORTAZIONE TRA NORMATIVA COMUNITARIA E RELATIVE DISPOSIZIONI DI RECEPIMENTO

a cura di: Bollettino Tributario d'Informazioni


Brevi note a margine della risoluzione n. 134/e/2010.
I recenti chiarimenti dell'Agenzia delle entrate, espressi nella risoluzione n. 134/E del 20 dicembre 2010, offrono lo spunto per una riflessione sul regime dell'IVA applicabile ai servizi di trasporto, relativi a beni in esportazione, resi a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.
Nel previgente regime IVA le prestazioni di trasporto costituivano l'oggetto di una disciplina speciale in ambito comunitario e quindi anche nell'ordinamento nazionale. Infatti, dapprima la Sesta Direttiva CEE e in seguito la Direttiva 2006/112/CE, stabilivano che «il luogo delle prestazioni di trasporto è quello dove avviene il trasporto in funzione delle distanze percorse», introducendo una norma derogatoria al principio generale secondo il quale le prestazione di servizi si consideravano effettuate nel luogo in cui il prestatore aveva fissato la sede della propria attività economica o aveva costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi veniva resa ovvero, in mancanza, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.
La norma nazionale di recepimento delle previsioni comunitarie prevedeva che le prestazioni di trasporto si considerassero effettuate nel territorio dello Stato in proporzione alla distanza ivi percorsa. Ciò comportava l'irrilevanza dei trasporti eseguiti al di fuori del territorio nazionale, benché effettuati da un soggetto passivo nazionale.

A seguito del recepimento delle previsioni contenute nella Direttiva 2008/8/CE ("Direttiva Servizi"), le prestazioni di trasporto di beni rese a soggetti passivi nazionali rientrano nell'ambito di applicazione della regola generale (cd. regola del "Business to Business") di cui all'art. 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ("Decreto IVA"). Ciò comporta che il luogo di tassazione di tali prestazioni è identificabile nel territorio dello Stato qualora il committente sia un soggetto passivo ivi stabilito, a nulla rilevando il luogo di esecuzione del trasporto stesso (cioè la distanza percorsa nel territorio italiano). Le nuove regole di individuazione della territorialità delle prestazioni di trasporto di beni rese a soggetti passivi superano la dicotomia esistente nel previgente regime tra trasporti intracomunitari e trasporti diversi da quelli intracomunitari (i.e., trasporti nazionali ovvero internazionali) e fissano nel Paese di stabilimento del committente il luogo in cui le suddette prestazioni sono interamente tassabili.
Si può pertanto affermare che per i trasporti intracomunitari di beni la novella legislativa non comporta modifiche dirette rispetto al regime previgente: le previsioni della Direttiva Servizi e le relative norme di recepimento nell'ordinamento nazionale ripropongono, nella sostanza, la disciplina secondo cui la prestazione era tassabile nel Paese di stabilimento del committente, con l'unica eccezione rappresentata dall'ipotesi in cui le predette prestazioni fossero state rese a un soggetto passivo stabilito al di fuori del territorio dell'Unione europea e luogo di partenza situato in Italia; in tale ultima circostanza, a differenza di quanto era previsto fino al 31 dicembre 2009, la prestazione di trasporto non rientra nel campo di applicazione dell'imposta per carenza del presupposto territoriale.

Fatta questa breve premessa di inquadramento del regime IVA delle prestazioni di trasporto di beni applicabile a partire dal 1° gennaio 2010, è opportuno rilevare come i nuovi criteri della territorialità dell'IVA abbiano sollevato alcune incertezze circa la portata del regime di non imponibilità di cui all'art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, nella particolare fattispecie di un trasporto di beni (reso a un soggetto passivo nazionale) in cui il luogo di partenza è situato in uno Stato membro diverso dall'Italia e il luogo di arrivo in uno Stato extra-UE.
Considerato che secondo la regola generale il luogo di tassazione di un trasporto di beni, indipendentemente dalla tratta percorsa, deve essere individuato nel Paese in cui è stabilito il committente (soggetto passivo d'imposta), ne consegue che il trasporto di beni - con partenza da uno Stato membro diverso dall'Italia e il luogo di arrivo in un Paese terzo - reso a un operatore economico nazionale è territorialmente rilevante in Italia.

A questo punto è necessario appurare se la sud- detta prestazione possa fruire di eventuali regimi di non imponibilità ovvero di esenzione. A tal proposito, l'art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, dispone che costituiscono servizi internazionali non imponibili nel territorio dello Stato «i trasporti rela- tivi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati ad imposta a norma dell'art. 69» (sottolineatura aggiunta). Secondo tale disposizione se i beni traspor- tati (ovvero spediti) fanno parte di un'operazione di esportazione, transito, importazione temporanea o definitiva si applica il regime di non imponibilità; laddove invece la movimentazione dei beni non è riconducibile a tali operazioni, la prestazione di tra- sporto commessa da un soggetto passivo nazionale si considera imponibile in Italia.

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