I dati indicano che la differenza fra i tassi di mortalità sul lavoro italiani ed europei è dovuta in gran parte alla maggiore pericolosità delle nostre strade, e non dell'ambiente di lavoro. Unita a processi produttivi che implicano più spostamenti su strada dei lavoratori, forse per il minore uso di tecnologie. La prevenzione dovrebbe quindi includere una riflessione sul miglioramento della viabilità e del sistema dei trasporti commerciali.
Il triste episodio dell'incendio alle acciaierie ThyssenKrupp di Torino ha scatenato il dibattito sull'incidenza delle morti bianche in Italia, e ha sollecitato maggiori risorse da destinare alla prevenzione. Tuttavia, perché la spesa sia efficace, è necessario conoscere la natura e le cause del fenomeno. Un confronto sui dati europei può venirci in aiuto.
Se ne ricava infatti che in Italia esiste una maggiore incidenza di morti sul lavoro; la maggior parte di queste morti avvengono sulla strada, causate da un incidente, o a bordo di un mezzo di trasporto di qualsiasi natura, come già suggerito da Tito Boeri e Pietro Ichino e indicato con dati diversi da quelli da me usati da Giampaolo Gallli; la composizione settoriale della forza lavoro in Italia è distorta verso professioni a maggiore rischiosità, ma in misura piuttosto limitata.
Il numero dei decessi e il tasso di mortalità per occupato
Eurostat fornisce i numeri, suddivisi per paese, sui decessi avvenuti per lavoro. L'ultimo dato disponibile si ferma al 2004, quando in Italia si sono verificate 994 morti sul lavoro.
Il dato è notevolmente inferiore ad altre cifre riportate dalla stampa perché Eurostat esclude espressamente i decessi che avvengono per recarsi al lavoro. Corrisponde a un tasso di mortalità di 4,21 decessi per 100mila occupati, ed è rimasto in sostanziale diminuzione durante il precedente decennio (i decessi erano 6,33 per 100mila nel 1995), ma resta ancora il 59 per cento più alto della media europea, che si attesta al 2,64. La seguente figura ne illustra l'andamento nell'arco di tempo per cui i dati sono disponibili per un sottoinsieme di paesi, e per la media europea.
L'impatto dei decessi dovuti al traffico stradale sul totale
Oltre al numero totale degli incidenti sul lavoro, Eurostat riporta anche il numero di decessi avvenuti a causa del traffico stradale e a bordo di qualsiasi mezzo di trasporto per il totale di un insieme di settori: agricoltura, manifattura, energia, costruzioni, commercio, hotel e ristorazione, e attività finanziarie (si noti l'esclusione del settore
trasporti da questo aggregato). In Italia questo insieme di settori costituiva, nel 2004, il 55 per cento dell'occupazione, contro il 49 per cento nel resto dell'Europa a 15 paesi, e il 73 per cento del totale decessi sul lavoro, contro il 79 per cento nel resto dell'Europa.
Notevoli sono le differenze con l'Europa: nel 2004, il traffico ha causato in Italia il 44 per cento dei decessi in questi settori, contro il 23 per cento nella media europea (nel 2005 si arrivò addirittura a un picco del 53 per cento). Significa che dei 944 morti sul lavoro riportati nel nostro paese in quell'anno, 693 sono in questi settori e fra questi ben 307
sono dovuti al traffico stradale. Assumendo che gli ulteriori 130 morti nel settore dei trasporti siano avvenuti "sulla strada", si arriva a spiegare almeno il 46 per cento dei decessi sul lavoro avvenuti nel 2004: quasi la metà mentre l'equivalente valore percentuale è 32 nella media europea, 32 nella Germania, 38 in Spagna, 36 in Francia.
Ho simulato l'impatto dei decessi dovuti al traffico assumendo che in tutti i settori produttivi la percentuale dei decessi dovuti a questo fattore sia uguale a quella ottenibile per i settori per cui il dato è disponibile. Ho inoltre assunto che i decessi nel settore trasporti siano avvenuti tutti "sulla strada". Depurando il totale dei decessi sul lavoro dalle morti avvenute "sulla strada" così calcolate, e ricalcolando i tassi di mortalità, si ottiene la seguente figura, nella quale riporto per facilità di comparazione anche i dati illustrati dalla figura precedente
Come si può notare, le differenze fra Italia e media europea si riducono sostanzialmente, soprattutto nei dati degli anni più recenti. Nel 2004 il tasso di mortalità per 100mila occupati passa da 4,21 (con i morti causati dal traffico) a 2,02 (senza), una diminuzione del 52 per cento, mentre nella media europea passa da 2,64 a 1,71 (-35 per cento).
L'impatto della composizione settoriale della forza lavoro
Ho inoltre simulato quanto il tasso di mortalità per occupato nazionale (inclusi i morti dovuti al traffico) dipenda dalla distribuzione della forza lavoro fra i vari settori. I risultati indicano che se l'Italia avesse una distribuzione dei lavoratori fra vari settori uguale alla media europea, le differenze fra i tassi di mortalità aggregati fra l'Italia e la media europea rimarrebbero sostanziali. Se l'Italia avesse avuto la distribuzione occupazionale della media europea nel 2004, il tasso di mortalità sarebbe stato inferiore di circa il 4 per cento. Con la distribuzione della forza lavoro tedesca, sarebbe stato inferiore del 9 per cento
Ripensare la viabilità
I dati presentati indicano che la differenza fra i tassi di mortalità sul lavoro italiani ed europei è dovuta in gran parte alla maggiore pericolosità delle nostre strade. Suggeriscono la possibilità che la pericolosità dell'ambiente di lavoro italiano non sia intrinsecamente molto più alta che nel resto dell'Europa. È possibile invece che i processi produttivi implichino maggiori spostamenti dei lavoratori su strada, forse a causa di un minore uso di tecnologie che permetterebbero di evitarli. E ciò, unito alla maggiore pericolosità dell'ambiente stradale, causa il più alto tasso di mortalità per occupato osservato nella prima figura. Il dibattito politico dovrebbe dunque includere una riflessione sul
miglioramento della viabilità e del sistema dei trasporti commerciali.
di Andrea Moro
17-12-2007