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Lunedì 25 maggio 2015

Per la Cassazione le scelte d'impresa sono insindacabili

a cura di: AteneoWeb S.r.l.


Civile Sent. Sez. 5 Num. 10319 Anno 2015.
La Cassazione, con la sentenza n. 10319 del 20 maggio 2015, ha respinto un ricorso dell'Agenzia delle entrate che contestava un contratto di somministrazione sottoscritto fra aziende facenti parte dello stesso gruppo, trattando anche il tema dell'"abuso del diritto".

La sentenza ricorda innanzi tutto che "in tema di imposte sui redditi, affinché un costo sostenuto dall'imprenditore sia fiscalmente deducibile dal reddito d'impresa non è necessario che esso sia stato sostenuto per ottenere una ben precisa e determinata componente attiva di quel reddito, ma è sufficiente che esso sia correlato in senso ampio all'impresa in quanto tale, e cioè sia stato sostenuto al fine di svolgere una attività potenzialmente idonea a produrre utili" (Cass. n. 16826 del 2007), e che "il concetto di inerenza è, invero, nozione di origine economica, legata all'idea del reddito come entità calcolata al netto dei costi sostenuti per la sua produzione, che, nel campo fiscale, si traduce in un risparmio di imposta e in relazione alla cui sussistenza, ove si abbia riguardo a spese intrinsecamente necessarie alla produzione del reddito dell'impresa, non incombe alcun onere della prova in capo al contribuente" (Cass. n. 6548 del 2012).

Ciò posto, se "rientra nei poteri dell'Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di queste ultime, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti nell'esercizio d'impresa, con negazione della deducibilità di parte di un costo non proporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa" (tra le altre, Cass. n. 8072 del 2010, n. 9036 del 2013), un siffatto sindacato non sembra possa spingersi, come postulato dall'amministrazione ricorrente, sino alla "verifica oggettiva circa la necessità, o quantomeno circa la opportunità (sia pure secondo una valutazione condotta con riguardo all'epoca della stipula del contratto) di tali costi rispetto all'oggetto dell'attività".

E tanto perché, secondo la Cassazione, il controllo attingerebbe altrimenti a valutazioni di strategia commerciale riservate all'imprenditore.


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