A tali considerazioni è giunto l'Ufficio, con pieno accoglimento della soluzione interpretativa prospettata nell'Interpello presentato in data 25 Marzo 2013, protocollo 82064, 904-245/2013 dal contribuente 8853 S.p.A. (OroVilla), un noto Banco Metalli lombardo specializzato nella lavorazione e nel commercio di metalli e leghe preziose.
In estrema sintesi, la discriminante non deve essere ricercata nella qualità del singolo oggetto ceduto (decisione oltremodo soggettiva, faceva notare l'Istante), ma nella destinazione finale che il cedente intende imprimere al materiale d'oro che ha acquistato. L'Agenzia delle Entrate ha accolto la tesi fornendo un'ulteriore garanzia nei confronti dei Compro Oro e delle oreficerie che si trovano ad operare con tali tipologie di soggetti e che determinerà, a giudizio di chi scrive, la perdita definitiva di appeal del (notoriamente) più tranquillo ma più oneroso "metodo del margine".
A dire il vero, già con la Risoluzione del 28 Novembre 2002, n. 375/E, molto conosciuta tra gli addetti ai lavori, -ribadisce l'Agenzia -, era stato chiarito che "i prodotti finiti d'oro usati, ceduti sotto forma di rottami a soggetti passivi che effettuano lavorazione di oro industriale, anche se non sono qualificabili sotto il profilo merceologico come "oro industriale" - nell'accezione delineata dalla Legge n. 7 del 2000 -, possono essere assimilati, ai fini IVA, a quest'ultimo prodotto in considerazione dell'univoca destinazione del metallo prezioso alla lavorazione da parte del cessionario."
"Infatti, il meccanismo del Reverse Charge" - precisa l'Agenzia - "deve essere applicato da parte dei commercianti (all'ingrosso e/o al dettaglio) di metalli preziosi che acquistano presso privati oggetti d'oro usati per rivenderli, sotto forma di rottami di gioielli d'oro, assimilabili a "materiale d'oro" o "semilavorato", a soggetti che operano nel settore dell'affinazione e del recupero di metalli preziosi. La cessione di rottami d'oro, pertanto, avente ad oggetto beni non più idonei ad essere inseriti nel circuito commerciale, quindi insuscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale, bensì beni impiegati "in un processo intermedio di trasformazione e lavorazione", è operazione che può essere assimilata alla cessione di materiale d'oro o semilavorato, con la necessità di assolvere l'imposta mediante il meccanismo del "Reverse Charge" descritto dall'Art. 17, quinto comma, del D.P.R. 633 del 1972."
La successiva Risoluzione 161/E dell'11 Novembre 2005, ad ulteriore sostegno dell'attuale argomentazione, precisò poi che "qualsiasi semilavorato è riconducibile, ai fini dell'IVA, alla categoria dell'"oro industriale" quando è destinato per vocazione ad un processo di lavorazione e, perciò, non risulta utilizzabile nell'ambito di una transazione a favore del consumo privato".
A motivo di quanto esposto, accogliendo la soluzione prospettata nell'Interpello, la Direzione è dell'avviso di applicare il meccanismo dell'inversione contabile, cd. Reverse Charge, se i beni ceduti dal compro-oro (prodotti d'oro usati in precedenza acquistati da privati e non destinati al consumo) in modo non equivoco risultano destinati ad un processo di trasformazione, in quanto non più utilizzabili nello stato in cui si trovano come prodotti finiti (dunque non commerciabili in quanto tali). Pertanto, ad esempio, trova applicazione detto "Reverse Charge" se la vendita è posta in essere da un operatore che non dispone di alcuna autorizzazione commerciale ad esercitare il commercio al dettaglio di beni in oro e trattasi di cessione ad un Operatore Professionale in Oro che opera esclusivamente nel settore dell'affinazione e del recupero di metalli preziosi.
E' possibile richiedere il testo integrale dell'Interpello e la risposta dell'Agenzia delle Entrate inviando una mail a info@scirpoli.com