Venerdì 9 settembre 2016
Separazione: Facebook e sms in violazione della privacy?
a cura di: Studio Valter Franco
Sentenza del Tribunale di Roma, prima sezione civile, numero 6432/2016 depositata il 30 marzo 2016.
La vicenda trae origine nel corso di una causa di separazione tra coniugi, poiché il marito produceva una serie di riproduzioni fotografiche di SMS estratti dal telefono portatile della moglie e di alcune schermate della pagina Facebook della stessa, da cui emergeva un corrispondenza con un soggetto indicato come W. In occasione del compleanno della moglie, nell'aprile del 2011 (anno antecedente la causa), sulla pagina Facebook della moglie erano apparsi messsaggi con cuoricini, cosa che viene interpretata quale come semplice affettuosità tra due utenti del web.
La moglie riceveva quindi in regalo un nuovo telefono portatile e lasciava a casa quello utilizzato in precedenza, che il marito consultava e riproduceva fotograficamente messaggi sms che nella sentenza vengono definiti come atti a rappresentare "senza ombra di dubbio il dialogo fra due persone tra cui è in corso una relazione intima".
La moglie sollevava quindi l'eccezione che la riproduzione fotografica degli SMS è elemento inutilizzabile in quanto dati acquisiti in violazione alla normativa sulla privacy: ciò in quanto il D.lgs. 196/2003 ("Codice Privacy") al capo I (sulle regole per tutti i trattamenti, articolo 11, comma 2) prevede espressamente che "I dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati".
Il Tribunale ritiene che in un contesto di coabitazione e di condivisione di spazi e strumenti di uso comune, quale quello familiare, la possibilità di entrare in contatto con dati personali del coniuge sia evenienza non infrequente, che non si traduce necessariamente in una illecita acquisizione di dati e che la stessa natura del vincolo matrimoniale implica un affievolimento della sfera di riservatezza di ciascun coniuge e la creazione di un ambito comune nel quale vi è una implicita manifestazione di consenso alla conoscenza di dati e comunicazioni di natura anche personale. In tale contesto non può ritenersi illecita la scoperta casuale del contenuto di messaggi, per quanto personali, facilmente leggibili su di un telefono lasciato incustodito in uno spazio comune dell'abitazione familiare, concludendo che "non occorre dunque addentrarsi nel dibattito non tutto sopito sulla utilizzabilità a fini di prova nel giudizio civile, di documenti acquisiti in violazione di normative pubblicistiche, dal momento che la produzione non può dirsi frutto di acquisizione illecita".
Il Tribunale di Bari sezione I, con sentenza del 16 febbraio 2007 stabiliva che il Giudice, in un giudizio divorzile, prende cognizione dei profili probatori dei documenti prodotti, mentre le possibili conseguenze della violazione della disciplina generale del trattamento dei dati personali, tutela inibitoria e provvedimenti sanzionatori-risarcitori conseguenti all'uso illecito del documento, vanno regolate in altra sede processuale ex articolo 152 del D.lgs. 196/2003.
Un sintetico commento:
sarebbe bastato, comunque che la moglie avesse impostato un codice di sicurezza per l'accesso ai dati contenuti nel telefono portatile, cosa peraltro consigliabile, atteso che sul telefono portatile vengono ormai memorizzati dati relativi a password, codici pin etc.etc.
Rammentiamo che tra le misure di sicurezza nell'utilizzo di strumenti informatici, misure previste non per i "privati", è prevista l'adozione di passoword e codici per evitare la consultazione e l'acquisizione da parte di terzi di dati personali.
Rag. Valter Franco
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