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Lunedì 6 giugno 2016

Sicurezza dei lavoratori in cantiere: per Cassazione la fine delle opere edili non fa venir meno la responsabilità del coordinatore e del committente

a cura di: Studio Legale Mancusi



Al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori di cantiere non si può ritenere che il cantiere temporaneo o mobile debba considerarsi concluso, e che sia correlativamente esaurita la posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione e del committente, allorché siano terminate le opere edili in senso stretto, ponendosi tale interpretazione in contrasto tanto con  la necessità di garantire la massima sicurezza dei lavoratori legata al coordinamento delle diverse attività lavorative per tutto il tempo necessario a consentire la completa esecuzione dell'opera.

E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, con la sentenza del 20 aprile 2016, n. 19208 mediante la quale ha accolto il ricorso e annullato la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Larino per nuovo esame.

La pronuncia traeva origine dal FATTO che con sentenza n.104/15 il Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Larino, ai sensi dell'art. 425, comma 3, c.p.p., dichiarava non luogo a procedere nei confronti di due imputati, un professionista tecnico e un committente, per non aver commesso il fatto loro contestato e relativo al reato di omicidio colposo, previsto e punito dall'articolo 589, comma 2, codice penale, a seguito della morte di un operaio in un cantiere.

Avverso tale sentenza, propongono ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Campobasso nonché le parti civili  lamentando vizi motivazionali in quanto «il cantiere, al momento del sinistro, non poteva assolutamente dirsi chiuso, come acriticamente sostenuto in sentenza, in quanto erano in corso una serie di attività, quali ad esempio lo "scassero" delle forme utilizzate per i pilastri di cemento armato benché i lavori di carpenteria, questi sì, fossero stati ultimati». I ricorrenti lamentano, inoltre, che il primo Giudice cadeva in palese contraddizione allorché richiamava la decisione del Supremo Collegio del 27 gennaio 2015 (Corte di Cassazione, Sezione IV, numero 3809) posto che con tale decisione la Corte affermava un principio, fondamentale in materia di permanenza delle cosiddette posizioni di garanzia, in virtù del quale «la legge non autorizza a ritenere concluso un cantiere soltanto perché sono terminate le opere edili in senso stretto, ponendosi tale interpretazione in contrasto tanto con la pluralità delle attività che sono allo stesso funzionali, quanto con la necessità di garantire la massima sicurezza dei lavori, legata al coordinamento delle diverse funzioni lavorative per tutto il tempo necessario a consentire la completa esecuzione dell'opera, ancorché le mansioni edilizie in senso stretto siano state ultimate in un momento antecedente».

Sostengono che secondo il D.Lgs. 81/2008, il Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, al termine dei lavori, previo accordo con il direttore dei lavori committente e/o responsabile dei lavori, redige il verbale di fine opere di sua competenza e lo sottopone alla firma del committente e/o al responsabile dei lavori ed all'impresa affidataria e che tale verbale è da qualificare quale conclusione dell'incarico ma in atti e nella pronuncia impugnata non si riscontrava la presenza di siffatta documentazione.


La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 19208/2016 ritiene che il ricorso sia fondato in quanto nel caso di specie, il Giudice non ha correttamente motivato in ordine alle condizioni stabilite dall'art. 425 c.p.p. per addivenire legittimamente ad una pronuncia di non luogo a procedere, nel merito della vicenda, nei confronti degli imputati.

La Suprema Corte sostiene che occorre ricordare che i compiti e la funzione normativamente attribuiti alla posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione dei lavori risalgono all'entrata in vigore del D. Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE), nell'ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili,  a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest'ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti su di lui ricadenti, implicanti particolari competenze tecniche. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall'altro dallo specifico elenco, originariamente contenuto nel D. Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, art. 5, ed attualmente trasfuso nel D. Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, a mente del quale il coordinatore per l'esecuzione è tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro.

Ed è proprio in relazione al primario compito di coordinamento delle attività di più imprese nell'ambito di un medesimo cantiere, normativamente attribuito a tale figura professionale, che deve trovare fondamento la definizione della sua posizione di garanzia nel cantiere temporaneo o mobile come positivizzata nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89, comma 1, lett. a).
Infatti, sostiene la Suprema Corte, secondo tale norma, per cantiere temporaneo o mobile s'intende «qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile, ossia qualunque luogo in cui si effettuano lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento; la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro; gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile».

Come è evidente, continua la Corte di Cassazione, «la lettera della legge non autorizza a ritenere che il cantiere temporaneo o mobile debba considerarsi concluso, e che sia correlativamente esaurita la posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione e del committente, allorché siano terminate le opere edili in senso stretto, ponendosi tale interpretazione in contrasto tanto con la pluralità delle lavorazioni che, ordinariamente, afferiscono ai cantieri in cui si eseguono lavori edili, e che sono agli stessi funzionali, quanto con la necessità di garantire la massima sicurezza dei lavoratori legata al coordinamento delle diverse attività lavorative per tutto il tempo necessario a consentire la completa esecuzione dell'opera, ancorché í lavori edili in senso stretto siano stati terminati in un momento antecedente».

Ed infine, «ciò che mantiene operante la posizione di garanzia del coordinatore per l'esecuzione e del committente non può essere tanto il mancato completamento delle attività inerenti ai lavori edili o di ingegneria civile propriamente detti, quanto piuttosto la persistenza di ulteriori fasi di lavorazione proprie dell'attività di cantiere nel suo complesso». L'esecuzione di lavori edili o di ingegneria civile giova, in altre parole, a connotare, in ragione del tipo di attività che ivi si svolge, il cantiere temporaneo o mobile, ma non è sufficiente a definire anche i limiti spaziotemporali di tale cantiere, diversamente correlati al perfezionamento di tutte le fasi di lavorazione, anche successive ai lavori edili o di ingegneria civile in senso stretto, funzionali al collaudo ed alla consegna dell'opera (cfr. Corte di Cassazione, Sezione IV, n. 3809 del 07.01.2015).

Pertanto, conclude la Cassazione, poiché quanto sopra osservato comporta l'erroneità della formula di proscioglimento adottata con la conseguenza che la sentenza impugnata va annullata e il procedimento va rinviato al Tribunale di Larino per nuovo esame.

Avv. Amilcare Mancusi

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