La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha pubblicato un approfondimento, dal titolo "L’emergenzialità della questione giovanile", che analizza i dati sull'occupazione giovanile nel nostro Paese che, causa pandemia, ha assunto contorni ancora più critici.
I principali effetti della crisi occupazionale sono infatti ricaduti sui giovani, se si pensa che il 58% dei lavori persi riguardano giovani con meno di 35 anni.
Dal 2011, inoltre, abbiamo perso quasi 2 milioni di occupati under 40. Questi dati, purtroppo, fanno dell’Italia il Paese con la più bassa percentuale di occupati al di sotto dei 40 anni (32% contro la media del 41% in Europa).
Nel Focus della Fondazione sono analizzati numeri, cause ed effetti del disallineamento tra domanda e offerta di lavoro che ha colpito soprattutto i "pandemials" (giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni), mettendo a confronto la scarsa offerta di formazione tecnica con le criticità lamentate dalle aziende in fase di reclutamento e le basse retribuzioni in ingresso dei giovani, che spesso arrivano tardi ad affacciarsi sul mercato del lavoro.
La Fondazione sottolinea quindi l'urgenza di investire nella promozione delle competenze STEM e nell’istruzione professionale per creare profili facilmente assorbibili dal mercato. Per rendere più competitive le aziende italiane e per invertire quella tendenza che vede crescere i Neet e il ricorso ai sussidi pubblici, infatti, è necessario colmare il divario che tiene distante chi cerca e chi offre lavoro.