Ai fini della "giustificatezza" del licenziamento del dirigente non è necessaria una verifica analitica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale, che escluda l'arbitrarietà del recesso, qualora questo sia fondato su circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, nel cui ambito rientra l'ampiezza di poteri attribuiti al dirigente. A ribadirlo la Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con l'Ordinanza n. 26609 del 2 ottobre 2025.
Richiamando un orientamento ormai consolidato (Cass. n. 34736/2019; n. 6110/2014; n. 22318/2023; n. 88/2023; n. 2075/2025; n. 381/2023) la Suprema Corte ha precisato che, in tema di licenziamento disciplinare del dirigente, la giustificatezza non coincide con la giusta causa. A differenza di quanto avviene relativamente ai rapporti con la generalità dei lavoratori, il licenziamento non deve necessariamente costituire una extrema ratio, da attuarsi solo in presenza di situazioni così gravi da non consentire la prosecuzione neppure temporanea del rapporto, e allorquando ogni altra misura si rivelerebbe inefficace, ma può conseguire ad ogni infrazione che incrini l'affidabilità e la fiducia che il datore di lavoro deve riporre sul dirigente.