Con la Risposta n. 98 dell'11 febbraio 2021 l'Agenzia delle Entrate si rivolge ad una società che, avendo ricevuto rilevanti somme dal Commissario Delegato a titolo di ristoro delle maggiori spese per i trasporti effettuati, chiede di sapere quale sia la natura di tali indennizzi, non risultando indicato in nessuna norma che si tratti di contributo in conto esercizio, con le conseguenze fiscali che ne derivano.
Nella Risposta l'Agenzia richiama inizialmente quanto precisato con la Risoluzione 22 gennaio 2010, n. 2/E, ossia che il criterio distintivo tra ciascun tipo di contributo consiste nella finalità per la quale viene assegnato, desumibile dalle singole leggi agevolative:
La Legge n. 130 del 2018, che ha istituito il beneficio in esame, chiarisce che la funzione del contributo è «consentire il ristoro delle maggiori spese» affrontate dagli autotrasportatori.
Il decreto attuativo, inoltre, precisa che le tipologie di spese ammesse a ristoro riguardano:
«a) le missioni di viaggio con origine e/o destinazione il Comune ed il Porto di Genova che dimostrino l'attraversamento del nodo urbano e per le quali il ristoro deriva dagli svantaggi derivanti dai percorsi aggiuntivi stradali e autostradali, ovvero dalle difficoltà logistiche dipendenti dall' attraversamento delle aree urbane e portuali di Genova;
b) le missioni di viaggio compiute nel territorio nazionale che abbiano comportato per effetto del crollo ... la forzata percorrenza di tratti autostradali e/o stradali aggiuntivi».
Ciò premesso, le Entrate concludono che, non sussistendo disposizioni che escludono la concorrenza al reddito di impresa del contributo concesso come ristoro per la percorrenza di tratti autostradali e stradali aggiuntivi, e considerato che la sua finalità è quella di fronteggiare i maggiori oneri di gestione sostenuti dagli autotrasportatori, tale contributo rientra nella determinazione della base imponibile, sulla base delle specifiche regole IRES o IRPEF.
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