Giovedì 5 novembre 2020

Il litisconsorzio necessario può essere sostanziale oppure processuale

a cura di: Avv. Paolo Alliata
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Con una interessante ordinanza, la n. 24402 del 03.11.2020 la Corte di Cassazione precisa il concetto di litispendenza tra Agenzia Entrate e Agente della Riscossione nel caso di impugnazione di una cartella di pagamento.

Secondo la Cassazione il concetto di "causa inscindibile" di cui all'art. 331 c.p.c. va riferito non solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche alle ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, che si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27616; Cass., 27 maggio 2015, n. 10934, proprio in un caso in cui l'appello era stato proposto solo nei confronti dell'Agenzia, ma non della concessionaria, che aveva però partecipato al giudizio di primo grado; Cass., 22 gennaio 1998, n. 567).

Si è chiarito che, qualora il contribuente abbia presentato ricorso contro l'atto esattivo, eccependo vizi imputabili sia all'Agenzia delle entrate (assenza della pretesa impositiva) che all'Agente della riscossione (vizi della cartella) e le parti abbiano tutte partecipato al giudizio di primo grado, in appello si configura il c.d. "litisconsorzio processuale", con applicazione dell'art. 331 c.p.c. (Cass., sez. V, 23 dicembre 2019, n. 34277; Cass., sez. V, 4 aprile 2018, n. 9295;Cass., 8 novembre 2017, n. 26433).

Tale forma di litisconsorzio processuale, che colora di "inscindibilità" le cause in appello ex art. 331 c.p.c., ricorre, però, anche quando l'impugnazione del contribuente abbia ad oggetto solo vizi della cartella o solo ragioni che attengono alla pretesa tributaria sostanziale, senza la necessità che siano presenti entrambe le tipologie di vizi, al fine di impedire la formazione di giudicati contrastanti in ordine alla "stessa materia" e fra le "medesime parti" del giudizio.

Tuttavia, come previsto dall'art. 331 c.p.c., la mancata impugnazione della sentenza, pronunciata tra più parti in causa inscindibile, nei confronti non di tutte le parti, ma solo nei confronti di una (o più), non determina l'inammissibilità del gravame, ma l'ordine del giudice d'integrazione del contraddittorio nei confronti della parte pretermessa.
Il ricorso in appello, nella specie, è stato proposto correttamente solo nei confronti della Agenzia delle entrate, mentre era invalida la notifica alla concessionaria, ed il mancato ordine da parte della Commissione regionale di integrazione del contraddittorio nei confronti della seconda, che è stata pretermessa, non comporta l'inammissibilità del gravame, allorché la parte pretermessa non si sia comunque costituita nel relativo giudizio, dato che la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello, per il mancato ordine, determina la nullità dell'intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità (Cass., sez.un., 20 marzo 2019, n. 7927; Cass., n. 10934/2015; Cass., n. 8854/2007; Cass., n. 1789/04; Cass., n. 11154/03; Cass. n. 13695/01; Cass., n. 5568/97).
La sentenza della CTR Campania è quindi stata cassata e disposto il rinvio alla medesima CTR in altra composizione.

Per il testo integrale clicca qui.
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    In particolare, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, potranno essere definite le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia ove il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
    In base al suddetto comma 2 per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

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  • Ricorso avverso avviso di intimazione di pagamento. Prescrizione quinquennale sanzioni ed interessi su crediti erariali

    Ricorso avverso avviso di intimazione di pagamento. Prescrizione quinquennale sanzioni ed interessi su crediti erariali

    Rottamate le somme iscritte a titolo di sanzioni e di interessi su ruoli erariali con notifica ultraquinquennale. L’indirizzo dominante della Corte di Cassazione ritiene che il termine di prescrizione della cartella esattoriale avente per oggetto sanzioni ed interessi su carichi erariali sia, in assenza di atti interruttivi, quello quinquennale dalla data di scadenza della cartella di pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione non rivestendo, l’iscrizione a ruolo, natura giuridica di sentenza passata in giudicato.

    Si propone, a beneficio dei Lettori, una traccia per eccepire in via giurisdizionale innanzi gli organi della giustizia tributaria, la nullità dell’avviso di intimazione pervenuto oltre il quinquennio dalla notifica della cartella di pagamento (non impugnata) concernente sanzioni ed interessi addebitati su crediti erariali (IRPEF, IRES, IVA, Ritenute alla fonte, eccetera).
    Il motivo del gravame deduce la decadenza dell’azione di riscossione stante l’inerzia dell’Agente che, nel termine quinquennale dalla data di scadenza dell’atto esecutivo (60 gg. dalla notifica), non ha proceduto ad interrompere i termini di prescrizione ovvero provveduto ad attivare le procedure di esecuzione forzata (pignoramento). 

    a cura di: Dott. Attilio Romano
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