Circolare Agenzia Entrate n. 30 del 23.03.2001

IRPEG, ILOR, Imposta sul patrimonio netto - Casse rurali ed artigiane - art. 12 legge 904/1977, art. 14 DPR 601/1973 - Requisiti di mutualità per il godimento dell'esenzione dall'imposta - Disconoscimento degli accantonamenti alle riserve indivisibili per inadempimento alle previsioni del R.D. 1706/1937 (T.U.C.R.A.) e delle quote di utili e patrimonio, per la promozione e lo sviluppo della cooperazione di cui all'art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59
Circolare Agenzia Entrate n. 30 del 23.03.2001

1. Premessa
Con nota n. 25423 del 2 marzo 2000, la Direzione Regionale delle Entrate per il Piemonte ha chiesto di conoscere il parere della scrivente in merito all'opportunità di proseguire l'iter di contenzioso, instauratosi innanzi alle Commissioni Tributarie Provinciali a seguito dell'impugnativa, da parte di talune Banche Cooperative e Casse Rurali ed Artigiane, degli avvisi di accertamento emessi per violazioni alle norme di legge, in materia di IRPEG, ILOR e di imposta sul patrimonio netto delle imprese, riscontrate dalla Guardia di Finanza e trasfuse nei conseguenti processi verbali di constatazione.
Nello specifico, l'Organo verbalizzante contestava:
- la sussistenza del carattere di mutualità in capo agli istituti di credito, per violazione dei parametri imposti dagli artt. 4 e 15 del Testo Unico delle Casse rurali ed artigiane (T.U.C.R.A.) approvato con Regio Decreto 26 agosto 1937, n. 1706, modificato dalla legge 4 agosto 1955, n. 707, con conseguente perdita delle esenzioni fiscali riconosciute dall'art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904 (ai fini ILOR ed IRPEG) e, dall'art. 1, comma tre, del decreto legge 30 settembre 1992, n. 394, convertito con modificazioni nella legge 26 novembre 1992, n. 461 (ai fini dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese);
- la legittimità dell'accantonamento in esenzione d'imposta di quote di utili e di patrimonio accantonate ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione di cui all'art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, per mancata previsione, nello statuto delle società verificate, di detto accantonamento.

2. art. 12 legge 16 dicembre 1977, n. 904.
Per quanto concerne il punto sub a), si rileva che la ripresa a tassazione veniva basata su quanto statuito dall'art. 12 della legge 904/1977.
In particolare, in tale articolo si legge che "Fermo restando quanto disposto nel titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni ed integrazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative le somme destinate alle riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell'ente che all'atto del suo scioglimento".
Inoltre, l'art. 14 del DPR 601/1973, richiamato dal citato art. 12, dispone che "Le agevolazioni si applicano alle società cooperative e loro consorzi, che siano disciplinati dai principi mutualità previsti dalle leggi dello Stato e siano iscritti nei registri prefettizi o nello schedario generale della cooperazione.
I requisiti della mutualità si ritengono sussistenti quando negli statuti sono espressamente e inderogabilmente previste le condizioni indicate nell'art. 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e tali condizioni sono state in fatto osservate nel periodo di imposta e nei cinque precedenti, ovvero nel minor periodo di tempo trascorso dall'approvazione degli statuti stessi".
L'art. 26 appena citato statuisce che, agli effetti tributari, si presume la sussistenza dei requisiti mutualistici quando negli statuti delle cooperative siano contenute le clausole di seguito elencate;
- divieto di distribuzione dei dividendi superiori alla ragione dell'interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato;
- divieto di distribuzione delle riserve fra i soci durante la vita sociale;
- devoluzione in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale - dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente maturati - a scopo di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico.
A conclusione del quadro normativo delineato, si riportano le disposizioni, che qui interessano, contenute nel T.U.C.R.A.
L'art. 4 prevede che "i soci delle aziende che assumono la denominazione di Cassa Rurale o Cassa Artigiana devono essere, rispettivamente, in prevalenza agricoltori ed artigiani. Possono essere ammessi come soci anche persone non appartenenti alle categorie sopra menzionate, purché il complessivo numero di tali soci non sia mai superiore ad un quinto della totalità dei soci".
Inoltre, l'art. 15 del testo unico in rassegna, stabilisce che "le Casse Rurali ed Artigiane devono prevalentemente impiegare le loro disponibilità in operazioni a favore di agricoltori o di artigiani.
Tali operazioni sono effettuate preferibilmente con i soci.
Le operazioni con non soci, abbiano o non abbiano i caratteri di cui al primo comma, non possono eccedere il 25% del totale dei depositi fiduciari raccolti dalla cassa".
In base alle succitate disposizioni di legge, afferenti al settore tributario e a quello bancario, l'Organo verbalizzante ha esaminato gli statuti di talune Casse Rurali ed Artigiane, nonché la effettiva situazione patrimoniale desumibile dalle scritture contabili tenute obbligatoriamente ai fini tributari e bancari.
Da tale analisi è risultato che, seppure gli Istituti verificati recavano nei propri statuti tutte le previsioni normativamente richieste, nel concreto essi rispettavano esclusivamente i parametri dettati dall'art. 26 del d.lg.c.p.s. n. 1577/1947.
Inoltre, la Guardia di Finanza, sulla scorta di talune delibere del Servizio Consultivo degli Ispettori Tributari (cfr. delibere n. 76 del 20 luglio 1992 e n. 16/88, quest'ultima trasfusa nelle circolari 26 del 21 ottobre 1988 e 28 del 21 novembre 1988), interpretando il complesso quadro normativo, riteneva non sussistenti i requisiti di mutualità per violazione delle anzidette norme del T.U.C.R.A. e, conseguentemente, proponeva la ripresa a tassazione delle quote di utili e di patrimonio accantonate in esenzione in base all'art. 12 della legge 904/1977.
Successivamente, sulla scorta delle suesposte conclusioni, gli Uffici impositori, richiamando le motivazioni addotte nei verbali di constatazione, emettevano a carico delle Casse Rurali ed Artigiane avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, avvisando le destinatarie degli atti in parola che era stato chiesto un parere alla Banca d'Italia ai sensi dell'art. 14 del DPR 601/1973.
Tali atti venivano impugnati innanzi alle Commissioni Tributarie provinciali che, con sentenza, annullavano gli avvisi di accertamento ritenendoli illegittimi. In merito alla questione, va osservato che l'art. 12 della legge 904/1977, al fine del godimento delle esenzioni IRPEG ed ILOR dal reddito imponibile delle somme destinate alle riserve indivisibili, pone due condizioni necessarie e contestuali: il rispetto di quanto stabilito dall'art. 14 del DPR 601/1973 e l'esclusione della possibilità di distribuire tra i soci, sotto qualsiasi forma, le anzidette somme destinate alle riserve indivisibili, sia durante la vita dell'ente che all'atto del suo scioglimento.
Inoltre, il richiamato art. 14, al comma secondo, statuisce che i requisiti della mutualità si ritengono sussistenti quando negli statuti sono espressamente ed inderogabilmente previste le condizioni indicate nell'art. 26 del d.lg.c.p.s. 1577/1947 e successive modificazioni. Pertanto, la norma in esame "crea" una presunzione legale valida allorquando vengono rispettati i criteri dell'art. 26.
In tal senso va interpretata la circolare 22 novembre 1988, n. 28 (unitamente alla delibera n. 16/88 del Se.C.I.T.), nella parte in cui si legge che "Dalle citate disposizioni tributarie agevolative si desume che esse accolgono una nozione di mutualità autonoma rispetto a quella piuttosto vaga cui alludono il codice civile e altre leggi non tributarie (nel caso in esame il T.U.C.R.A.)...
Inoltre, una Cassa Rurale può ben essere in regola con le predette disposizioni del codice civile e del T.U.C.R.A. e non pure con quelle che disciplinano le agevolazioni tributarie, con la conseguenza che, pur rientrando nella disciplina delle cooperative a tutti gli altri effetti, non potrà fruire delle agevolazioni tributarie".
Da ciò, argomentando a contrario, si desume che condizione necessaria e sufficiente per il godimento delle esenzioni di cui all'art. 12 della legge 904/1977 è il rispetto dei parametri di cui all'art 26 del d.lg.c.p.s. 1577/47 e della condizione contenuta nell'ultima parte di cui all'art. 12 stesso.
Per completezza si può ancora osservare che, come evidenziato dalla Banca d'Italia, le previsioni di cui agli artt. 4 e 15 del T.U.C.R.A. sono state ripetutamente modificate, per poi essere definitivamente abrogate col nuovo Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, approvato con decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385.
In particolare, nel parere fornito dall'organo di vigilanza, la cui richiesta è obbligatoria ai sensi dell'art. 14, comma terzo, del DPR 601/1973, si può scorgere l'evoluzione dell'attività svolta dalle Casse rurali e artigiane nell'ambito del settore dell'intermediazione creditizia.
In particolare, si può notare come i vincoli imposti dagli artt. 4 e 15 del T.U.C.R.A. siano stati nel tempo modificati: dapprima con la legge 707/1955 e, successivamente con il nuovo Testo Unico del 1993, in particolare con gli artt. 34 e 35, laddove, in luogo delle rigide percentuali dettate nelle previgenti disposizioni, sono state inserite disposizioni più "elastiche":
- l'art. 4 in discussione, che limitava a un quinto dei soci la partecipazione di soggetti diversi dagli agricoltori e artigiani, è stato sostituito dall'art. 34, comma 2, del nuovo Testo Unico che prevede, come unico requisito per essere soci di una banca di credito cooperativo (precedentemente denominate Casse Rurali ed Artigiane), il "risiedere, avere sede ovvero operare con carattere di continuità nel territorio di competenza della banca stessa";
- l'art. 15, comma terzo, contenuto nel vecchio Testo Unico, per il quale le operazioni con non soci non potevano superare un quarto dei depositi fiduciari raccolti dalla Cassa, è stato sostituito dall'art. 35, comma uno, del nuovo testo Unico, in forza del quale "le banche di credito cooperativo esercitano il credito prevalentemente a favore dei soci ".
Tale evoluzione normativa, come evidenziato dalla Banca d'Italia, si è resa necessaria in virtù del sostanziale ridimensionamento del ruolo svolto nell'economia italiana dai settori dell'agricoltura e dell'artigianato che ha di fatto impedito alle Casse di mantenere la propria quota di mercato attraverso un allargamento della compagine sociale limitata a soggetti appartenenti a tali categorie.
Le stesse problematiche hanno determinato la progressiva riduzione del peso rivestito dai depositi rispetto ad altre forme di raccolta da clientela e, di conseguenza, la necessità di esercitare il credito nei confronti di altri soggetti non soci.
Inoltre, l'introduzione del nuovo Testo Unico, resosi necessario per l'ammodernamento del sistema bancario, ha di fatto modificato lo stesso concetto di mutualità, adeguandolo alle nuove esigenze della raccolta del risparmio e dell'esercizio del credito.
Ad avviso dello stesso Organo di vigilanza, in definitiva, il rispetto acritico dei vincoli imposti dagli articoli 4 e 15 del T.U.C.R.A. non è più compatibile con l'evoluzione del sistema bancario, con la conseguenza che il mancato rispetto delle percentuali dettate dal citato Testo Unico di per sé non vale ad escludere il requisito della mutualità.
E' da osservare peraltro che, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali, il requisito della mutualità deve ritenersi sussistente con riferimento alle sole condizioni poste dall'articolo 26 del d.lg.C.p.S. n. 1577 del 1947, in applicazione del combinato disposto degli articoli 12 legge n. 904/77 e 14 DPR n. 601/73.

3. Art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59
Per quanto concerne il punto sub b), si rileva che la questione è stata di recente affrontata a livello legislativo con l'art. 3, comma 2 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, secondo cui "Le società cooperative e i loro consorzi, già costituiti alla data di entrata in vigore della legge 31 gennaio 1992, n. 59, che, entro il sesto mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge (9 marzo 1999), recepiscono negli statuti le disposizioni di cui all'articolo 2536 del codice civile e all'art. 11, comma cinque, della citata legge n. 59 del 1992, concernenti la devoluzione a fondi mutualistici di quote degli utili netti e del patrimonio che residua dalla liquidazione, non incorrono nella decadenza delle agevolazioni fiscali e di altra natura previste dalla normativa vigente, sempre che, entro la stessa data, ottemperino agli obblighi di versamento stabiliti dalle predette disposizioni".
Tanto premesso, i rilievi contenuti negli avvisi di accertamento concernenti la ripresa a tassazione delle quote di utili e di patrimonio netto di cui all'art. 11 della legge 59/99 potranno essere disattesi qualora dal riesame delle posizioni delle Casse Rurali ed Artigiane emerga l'adeguamento degli Statuti di tali Enti, in conformità a quanto stabilito dall'art. 3 della legge 28/1999.

Conclusioni.
Sulla base delle osservazioni formulate ai paragrafi 1 e 2, gli uffici interessati sono invitati a riesaminare il contenzioso pendente, instauratosi sui presupposti indicati in premessa nei punti sub a) e b), procedendo, in conformità alle disposizioni operative contenute nella Cir. n. 138 del 15 maggio 1997 e nella Cir. n. 218 del 30 novembre 2000, all'abbandono delle controversie con le modalità di rito (in via di autotutela, mediante il ritiro dell'atto impugnato, cui consegue la estinzione del giudizio per cessata materia del contendere ex articolo 46 del decreto legislativo; ovvero, qualora sia già intervenuta sentenza sfavorevole, prestando acquiescenza o, se già proposta l'impugnazione, rinunciando all'appello ex art. 44 del citato decreto, avendo cura di pervenire ad un accordo con la controparte ai fini della compensazione delle spese).
Si sottolinea con l'occasione l'opportunità di avanzare in giudizio, in ogni caso e in via subordinata, formale e motivata richiesta di compensazione delle spese, anche qualora ricorra l'ipotesi di cui al citato art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992 e di assumere con immediatezza le opportune iniziative processuali, senza dover attendere la discussione della causa.

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