Circolare Agenzia Entrate n. 39 del 10.05.2002

Perdite su crediti esteri. Perdite su crediti nelle procedure concorsuali.Componenti negativi di reddito. Articoli 66 e 76 del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917
Circolare Agenzia Entrate n. 39 del 10.05.2002

INDICE

1 Premessa
2 Disposizioni normative
3 Debitori esteri
4 Procedure concorsuali estere
5 Debitori localizzati in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati

1 Premessa
Sono pervenute richieste di chiarimento da parte di alcune Direzioni Regionali in merito alla deducibilità dal reddito d'impresa delle perdite su crediti vantati nei confronti di soggetti residenti in Stati non appartenenti all'Unione europea, con particolare riferimento al caso in cui il debitore sia assoggettato a procedure fallimentari previste da ordinamenti esteri.
Tenuto conto della rilevante esposizione di numerosi contribuenti italiani nei confronti di debitori localizzati in paesi esteri che nel corso del 2001 hanno subito una crisi finanziaria e della ammissione alla procedura di riorganizzazione (cosiddetto: Chapter 11) prevista dal Federal Bankruptcy Code di uno dei più grandi gruppi statunitensi, già quotato alla borsa di New York, si forniscono i seguenti chiarimenti ai quali gli Uffici dovranno attenersi nell'espletamento dell'attività di controllo.

2. Disposizioni normative
L'articolo 66 del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) disciplina la deducibilità delle perdite su crediti nella determinazione del reddito d'impresa senza effettuare alcuna distinzione in funzione della localizzazione del debitore.
Pertanto, dalla lettera della norma, non emerge alcuna sostanziale differenziazione nella deduzione delle perdite su crediti vantati nei confronti di debitori esteri rispetto alle perdite su crediti verso debitori residenti in Italia.
Allo stesso modo la legge non detta criteri speciali, ai fini del riconoscimento della deduzione, in funzione delle procedure fallimentari esistenti in ordinamenti diversi da quello italiano.
Il comma 3 dell'articolo 66 del TUIR, confermando, quale condizione necessaria ai fini della deduzione delle perdite su crediti, la sussistenza di elementi certi e precisi, ha introdotto, altresì, la possibilità di dedurre tali componenti negativi "in ogni caso... se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali".
Ai sensi dell'articolo 11 del D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 "il debitore si considera assoggettato a procedure concorsuali (che danno diritto alla deduzione ex comma 3 dell'articolo 66 del TUIR) dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi".
Poiché la disposizione appena richiamata non annovera tra le procedure in presenza delle quali si ha diritto "in ogni caso" a computare la perdita su crediti in deduzione dal reddito anche l'amministrazione controllata di cui al Titolo IV del regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, è da ritenere che in presenza di tale procedura si richieda, ai fini di detta deducibilità, che la perdita sia desumibile da elementi certi e precisi.
Peraltro, l'impresa ammessa alla procedura di amministrazione controllata non si trova in stato di insolvenza, ma solo in una temporanea difficoltà ad adempiere le proprie obbligazioni. Pertanto, con l'accoglimento da parte del tribunale dell'istanza di ammissione a detta procedura, non si verifica per il creditore una diminuzione certa del credito vantato, ma solo un impedimento temporale alla riscossione dello stesso.
Infine, il comma 7bis dell'articolo 76 del TUIR ha introdotto particolari condizioni ai fini della deducibilità dei componenti negativi di reddito (tra i quali sono senz'altro comprese le perdite su crediti) derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati e territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati di cui al D.M. 23 gennaio 2002 (cosiddetta black list ai fini dell'indeducibilità).

3 Debitori esteri
In presenza di crediti vantati nei confronti di soggetti non residenti, specie se trattasi di debitori localizzati in un paese non appartenente all'Unione europea o - come si dirà al successivo paragrafo 5 - in uno stato o territorio incluso nella black list approvata con DM 23 gennaio 2002, è necessario valutare attentamente gli elementi certi e precisi in funzione dei quali può essere riconosciuta la deduzione delle perdite dal reddito d'impresa.
Già in precedenti orientamenti (cfr. Circolare n. 131 del 19 luglio 1978, Risoluzione prot. 656 del 16 maggio 1979, in Documentazione tributaria nel sito www.agenziaentrate.it ), l'Amministrazione aveva chiarito che gli elementi certi e precisi, cui fa riferimento la norma, permettono la deduzione delle perdite su crediti nella determinazione del reddito d'impresa, quando le perdite divengono definitive, escludendo pertanto ogni elemento valutativo e presuntivo.
Nel caso di crediti vantati nei confronti di debitori non residenti, ai fini della deduzione delle perdite, allo stesso modo che per i crediti vantati nei confronti di soggetti residenti, si dovrà dimostrare la definitività della perdita del credito, conformemente agli strumenti giuridici previsti nello Stato del debitore, ove non si possa ricorrere alle dichiarazioni di insolvenza dei debitori stranieri emesse dalla SACE (Istituto per i servizi assicurativi del Commercio estero).
Dette pronunce vanno interpretate tenuto conto delle successive disposizioni normative introdotte con il comma 3 dell'articolo 66 del TUIR che, come si è detto, permette la deduzione in ogni caso quando il debitore è assoggettato a procedure concorsuali.

4 Procedure concorsuali estere
Per poter dedurre le perdite su crediti, ai sensi del comma 3 dell'articolo 66 del TUIR, già nell'esercizio di apertura di una procedura concorsuale, è necessario verificare che il debitore estero sia assoggettato, secondo l'ordinamento del paese di appartenenza, ad una procedura concorsuale assimilabile a quelle elencate nel citato art. 11 del D.P.R. n. 42/88.
In particolare, con riferimento alla procedura fallimentare di ristrutturazione societaria denominata "Chapter 11" dell'ordinamento degli Stati Uniti d'America, si fa presente che la stessa, in quanto equiparabile alla amministrazione controllata prevista dal nostro ordinamento, non permette al creditore residente la possibilità di dedurre l'importo integrale del credito ai sensi del comma 3 dell'articolo 66 alla data di apertura della procedura stessa.
Infatti, la procedura di riorganizzazione prevista dal Chapter 11 (già denominata dalla stampa specializzata italiana "procedura di amministrazione controllata") consente generalmente al debitore di continuare la gestione delle attività e di riorganizzare l'impresa con la predisposizione di un piano di rimborso dei debiti intero o parziale che non prevede la cessazione della attività d'impresa. Il Tribunale fallimentare ammette l'impresa alla procedura di riorganizzazione e acconsente alla continuazione della attività, quando valuta che l'impresa ha la possibilità di superare la fase di illiquidità senza causare un pregiudizio ai creditori, ottenendo un risultato superiore alla immediata liquidazione della impresa. In casi particolari viene nominato un "trustee" che assiste da vicino gli amministratori nella gestione e vigila sull'operato degli stessi nella attuazione della procedura.
Detta procedura di riorganizzazione non può essere accordata quando la crisi dell'impresa sia tale che la prosecuzione della attività arrecherebbe un pregiudizio ai creditori precedenti alla richiesta di amministrazione controllata.
Con la convalida del piano di ristrutturazione presentato dagli amministratori, il Tribunale fallimentare definisce per la prima volta la modalità di rimborso dei debiti. Pertanto solo alla data in cui il piano di riorganizzazione viene convalidato, e questo prevede un rimborso parziale per alcune categorie di creditori, sarà possibile per il creditore residente dedurre la quota dei crediti che il piano convalidato prevede di non rimborsare.
Poiché in linea teorica il piano di ristrutturazione può prevedere l'intero pagamento di tutti i debiti, la circostanza che un debitore statunitense chieda l'ammissione alla procedura del Chapter 11 non permette conseguentemente alla impresa residente di dedurre per intero l'eventuale svalutazione dei suoi crediti.
La convalida del piano di riorganizzazione da parte del Tribunale fallimentare permetterà invece al creditore italiano di avere un primo elemento di certezza circa l'eventuale irrecuperabilità di taluni crediti.
A quella data sarà pertanto possibile dedurre la quota di perdita divenuta irrecuperabile in base al piano.
Allo stesso modo, la grave crisi economica e finanziaria che ha colpito l'Argentina alla fine del 2001, con il conseguente blocco dei pagamenti internazionali, sia da parte di enti pubblici che di soggetti privati, non consente automaticamente la deduzione delle perdite su crediti eventualmente contabilizzate dalle imprese italiane che vantano posizioni creditorie in quel paese. La situazione del debitore, che si trovi nell'impossibilità tecnica di far fronte ai suoi impegni per effetto del blocco dei pagamenti, in sé non realizza un'ipotesi di definitiva perdita su crediti, potendosi prospettare l'eventualità che nel medio termine egli riesca in tutto o in parte, ad assolvere le proprie obbligazioni. La situazione di temporanea illiquidità non è pertanto sufficiente a consentire la deduzione integrale del credito, richiedendosi a tal fine un'attenta valutazione della situazione giuridica del credito e del singolo debitore.

5 Debitori localizzati in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati
Ad integrazione di quanto prima chiarito, è necessario effettuare un'ulteriore precisazione in merito alla localizzazione del debitore il cui credito diviene inesigibile.
Con l'emanazione del Decreto Ministeriale 23 gennaio 2002, che ha individuato gli Stati ed i territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati, le perdite su crediti afferenti debitori ivi localizzati non sono ammesse in deduzione quali componenti negativi di reddito ai sensi del comma 7bis dell'articolo 76 del TUIR.
Tuttavia, anche relativamente alla particolare fattispecie delle perdite su crediti, in funzione del disposto del successivo comma 7ter dell'articolo 76 citato, la disposizione appena richiamata non trova applicazione qualora l'impresa residente, interessata alla deduzione delle perdite, dimostri che il debitore (impresa estera) svolgeva prevalentemente un'attività commerciale effettiva, ovvero che l'operazione da cui derivava il credito, successivamente trasformatosi in perdita, rispondeva ad un effettivo interesse economico e che la stessa ha avuto concreta esecuzione.
In tal caso la perdita sarà ammessa in deduzione dal reddito quando ricorrano ovviamente le altre condizioni esaminate ai precedenti punti 3 e 4.

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