Nozione di mercato regolamentato rilevante nella normativa in materia di imposte sui redditi
INDICE
PREMESSA
1. Nozione di mercato regolamentato estero
1.1. Definizione di mercati esteri di strumenti finanziari ai fini del TUF
1.2. Definizione di mercati regolamentati esteri nel regolamento della Banca d'Italia e nel Decreto 5 marzo 2015
1.3. Conclusioni
2. Riconducibilità dei sistemi multilaterali di negoziazione alla nozione di mercato regolamentato
2.1. Definizione di mercati regolamentati nel TUF
2.2. Definizione di multilateral trading facilities (MTF)
2.3. Conclusioni
3. Eccezioni: Casi particolari
4. Legittimo affidamento
Ai fini della applicazione delle imposte sui redditi, il testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir)[1]e molte altre disposizioni speciali[2], fanno riferimento ai «mercati regolamentati».
Nella circolare 24 giugno 1998, n. 165/E, nel commentare l'articolo 67, comma 1, lettera c), del Tuir, è stato chiarito che nella nozione di «mercati regolamentati» vanno ricompresi «non solo la borsa ed il mercato ristretto, ma ogni altro mercato disciplinato da disposizioni normative; più specificamente, si intende far riferimento ai mercati regolamentati di cui al decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, nonché a quelli di Stati appartenenti all'OCSE, istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede».
Tale definizione è stata ribadita nella circolare 26 ottobre 1999, n. 207/E a commento dell'articolo 23, comma 1, lettera f), punto 1, del Tuir che prevede un regime di esclusione da imposizione delle plusvalenze realizzate da soggetti non residenti attraverso la cessione di partecipazioni non qualificate negoziate in mercati regolamentati e ovunque detenute.
Successivamente, nella più recente circolare 16 giugno 2004, n. 26/E è stato evidenziato che per delimitare la nozione di titolo "quotato" occorre far riferimento a quanto già precisato nella precedente circolare n. 165/E del 1998, laddove è stato chiarito che per titoli negoziati nei mercati regolamentati si intendono quelli negoziati, sia nei mercati individuati dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), sia quelli di Stati appartenenti all'OCSE, istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede.
Nel definire i mercati regolamentati, ai fini fiscali, si è dunque fatto riferimento ai mercati regolamentati:
a) di cui al TUF3. Trattasi, dei mercati autorizzati o riconosciuti dalla CONSOB. In particolare, i mercati italiani "autorizzati" sono iscritti nell'elenco tenuto dalla CONSOB4 e i mercati regolamentati "riconosciuti" ai sensi dell'ordinamento comunitario sono iscritti in un apposito elenco tenuto dall'European Securities and Markets Authority (ESMA)5. È possibile verificare se un mercato è riconosciuto dall'ordinamento comunitario al seguente indirizzo: https://registers.esma.europa.eu/publication/searchRegister?core=esma_r egisters_upreg.
I mercati esteri, diversi dai precedenti, possono essere riconosciuti dalla CONSOB sulla base di accordi stipulati con le corrispondenti Autorità estere6.
b) di Paesi appartenenti all'OCSE, istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede.
Sulla base di tali documenti di prassi, si ritiene che un mercato regolamentato di un Paese non appartenente all'OCSE non può qualificarsi come
«mercato regolamentato» ai fini fiscali interni.
Tuttavia, è stato sollevato il dubbio che a seguito del recepimento della Direttiva 2004/39/CE (Markets in Financial Instruments Directive, di seguito "Direttiva MiFID"), l'introduzione della nuova definizione di «mercato regolamentato» contenuta nel TUF[3]consentirebbe di qualificare i mercati situati in Paesi non appartenenti all'OCSE come «mercati regolamentati», in quanto gli stessi rispetterebbero tutti i requisiti richiesti da tale definizione.
In particolare, il TUF definisce «mercato regolamentato» come un «sistema multilaterale amministrato e/o gestito da un gestore del mercato, che consente o facilita l'incontro, al suo interno e in base alle sue regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente e conformemente alla parte III» del TUF.
Per completezza, si fa presente che la Direttiva 2014/65/UE (MiFID2), recepita nel nostro ordinamento nel 2018, ha introdotto una nuova categoria di sede di negoziazione, gli Organised Trading Facility (OTF), in modo da assicurare che tutti gli scambi che avvengono con modalità "organizzate" siano condotti in sedi regolamentate, vigilate e pienamente trasparenti. Pertanto, nella definizione di sede di negoziazione del TUF8 rientrano attualmente i mercati regolamentati, i sistemi multilaterali di negoziazione (MTF) e i sistemi organizzati di negoziazione (OTF).
Tenuto conto delle riforme che hanno interessato il settore della regolazione del mercato dei capitali italiano dall'inizio degli anni novanta del secolo scorso ad oggi, è emersa la necessità di valutare nuovamente se fosse possibile considerare come «mercati regolamentati» anche "i mercati regolamentati di Paesi non appartenenti all'OCSE" ed equiparare i sistemi multilaterali di negoziazione (cc.dd. MTF - Multilateral trading facilities) ai mercati regolamentati come definiti dal TUF[4]. A tal fine, è stato chiesto un parere al Ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento delle Finanze, sulla base del quale si forniscono i seguenti chiarimenti.
1. Nozione di mercato regolamentato estero
Come anticipato, la citata circolare n. 165/E del 1998 precisa che con la nozione di «mercati regolamentati» si intende far riferimento ai mercati regolamentati di cui al decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, nonché a quelli di Stati appartenenti all'OCSE, istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede.
Al riguardo, si rileva che la normativa contenuta nel citato decreto legislativo n. 415 del 1996 è stata sostanzialmente trasfusa nel TUF. Pertanto, è a tale testo unico che occorre far riferimento per individuare la nozione di «mercato regolamentato».
1.1. Definizione di mercati esteri di strumenti finanziari ai fini del TUF
La formulazione originaria del TUF distingueva tra «mercati regolamentati» e «mercati non regolamentati». A seguito dell'attuazione alla Direttiva MiFID I, la normativa nazionale[5]ha soppresso la nozione di «mercato non regolamentato» dal TUF ed ha disciplinato i «mercati regolamentati» accanto ai «sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamentati», nel medesimo titolo I - dedicato alla «disciplina dei sistemi di negoziazione» - inserito nella parte III dedicata alla «disciplina dei mercati».
Successivamente, la normativa nazionale[6], in attuazione alla Direttiva MiFID II, ha ulteriormente modificato la disciplina dei mercati. In particolare, secondo quanto previsto dal TUF[7], la CONSOB autorizza ad operare in qualità di mercato regolamentato, i sistemi che si dotano di un regolamento conforme alla disciplina dell'Unione europea, idoneo ad assicurare la trasparenza del mercato, l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori.
Da ciò si evince che i mercati regolamentati non sono solo sistemi di negoziazione assoggettati ad una regolamentazione oggettiva ma, più precisamente, sistemi soggetti a regolamentazione considerata «conforme alla disciplina dell'Unione europea» dall'Autorità di vigilanza.
In tale prospettiva la nozione di mercato regolamentato, ai fini della normativa regolamentare, in senso proprio si sostanzia in quella di mercato di strumenti finanziari europeo armonizzato.
In base al TUF[8], infatti, la CONSOB «iscrive i mercati regolamentati in un elenco, curando l'adempimento delle disposizioni dell'Unione europea in materia». Ne discende che la nozione di mercato regolamentato - nel senso che il termine assume nel TUF - non può avere cittadinanza, al di fuori del contesto comunitario.
In questo senso, si rileva come altra disposizione del TUF[9], nell'attribuire alla CONSOB il potere di stipulare accordi con le corrispondenti Autorità estere per riconoscere «mercati extra-UE di strumenti finanziari, al fine di estenderne l'operatività sul territorio della Repubblica», faccia riferimento a mercati esteri di strumenti finanziari e non a mercati regolamentati esteri di strumenti finanziari, confermando il suesposto orientamento secondo cui la nozione di mercato regolamentato non coincide con quella di mercato organizzato.
Secondo le norme appena citate, si evince, quindi, come la CONSOB riconosca implicitamente due categorie di mercati regolamentati esteri:
- i mercati autorizzati ai sensi della disciplina europea;
- i mercati riconosciuti mediante uno specifico "accordo" concluso con le autorità di vigilanza del Paese ove è localizzato tale mercato.
Gli altri mercati situati in Paesi OCSE, diversi da quelli dell'UE e da quelli riconosciuti "per accordo" dalla CONSOB, non possono, quindi, qualificarsi come mercati regolamentati. Tale conclusione è confermata anche dal decreto ministeriale 29 dicembre 2000[10].
Ai sensi citato decreto ministeriale, «L'Ufficio, in conformità a quanto previsto dalla circolare n. 173/E emanata dall'Amministrazione in data 29 settembre 2000, rileva le quotazioni dei titoli (...) negoziati sia nei mercati regolamentati di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sia nei mercati di Stati appartenenti all'OCSE, istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede (...) Nel caso in cui un titolo risulti quotato su più mercati, l'Ufficio rileva la quotazione sul mercato ritenuto dall'Ufficio stesso più significativo».
Da ciò si evince che i mercati di Paesi appartenenti all'OCSE, diversi da quelli dell'UE e da quelli riconosciuti "per accordo" dalla CONSOB, non rientrano nella nozione di mercato regolamentato assunta dal TUF.
1.2. Definizione di mercati regolamentati esteri nel regolamento della Banca d'Italia e nel Decreto 5 marzo 2015
Ai fini del riconoscimento della categoria di mercato regolamentato estero nell'ordinamento italiano, occorre far riferimento alla regolamentazione del servizio di gestione collettiva del risparmio e, più specificatamente, all'articolo 1 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 5 marzo 2015, n. 30 (di seguito, decreto)[11]. In base a tale decreto[12]:
- il «mercato regolamentato» è il «mercato regolamentato iscritto nell'elenco previsto dall'articolo 63, comma 2 o nell'apposita sezione prevista dall'articolo 67, comma 1, del TUF o altro mercato regolamentato regolarmente funzionante, riconosciuto e aperto al pubblico»;
- il «sistema multilaterale di negoziazione» è «il sistema multilaterale di negoziazione rientrante nell'ambito di applicazione della direttiva
2004/39/CE».
Va, inoltre, menzionato il Regolamento della Banca d'Italia relativo alla gestione collettiva del risparmio, adottato con provvedimento del 19 gennaio 2015[13], il quale chiarisce che la società di gestione del risparmio può, in luogo dell'indicazione nel regolamento dei singoli mercati, fare riferimento a liste di "altri mercati regolamentati" definite in sede di autoregolamentazione delle associazioni rappresentative delle società di gestione e portate a conoscenza della Banca d'Italia. Resta ferma la responsabilità della società di gestione sulla valutazione delle caratteristiche dei singoli mercati di negoziazione cui fa riferimento19.
Tale impianto normativo impone una revisione della nozione finora utilizzata dalla prassi per individuare i «mercati regolamentati esteri».
Una limitazione di ordine geografico - nel senso che solo i mercati dei Paesi OCSE possono essere considerati regolamentati e non anche quelli dei Paesi terzi - non è rinvenibile nella normativa afferente la regolamentazione della gestione collettiva del risparmio. Tale limitazione di carattere geografico, in ordine alla nozione di mercato regolamentato, non emerge neanche nella normativa in materia di imposte sui redditi. Non ha, quindi, legittimazione la prassi che ha finora considerato «mercati regolamentati» solo i "mercati di Stati appartenenti all'OCSE"[14].
Analoghe considerazioni possono essere svolte anche riguardo alla prassi secondo cui è necessario che la disciplina del mercato sia posta o approvata dalle competenti Autorità "in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede".
Va infine sottolineato come il decreto, definendo il «mercato regolamentato estero» e non anche il «sistema multilaterale di negoziazione estero», lascia intendere che quest'ultima nozione ha cittadinanza solo negli ordinamenti giuridici europei nei quali trovano applicazione le direttive comunitarie che ne forniscono la definizione e la distinzione rispetto ai mercati regolamentati. Al di fuori di tale ambito rileva esclusivamente la nozione di «mercato regolamentato» in contrapposizione a quella, complementare, di «mercato non regolamentato».
La nozione di mercato regolamentato di Stati extra UE, desumibile dalla normativa nazionale suindicata, si incentra e si esaurisce sul piano sostanziale, al di là delle nomenclature della legislazione di derivazione comunitaria, nel concetto di «mercato regolamentato regolarmente funzionante, riconosciuto e aperto al pubblico».
Oltre a quelli che rispettano la normativa comunitaria individuati nell'elenco ESMA, vanno, quindi, presi in considerazione anche quelli in Stati extraUE e in Stati appartenenti al Sistema Economico Europeo che hanno le suddette caratteristiche.
Tenuto conto di quanto illustrato in precedenza, per ragioni di economia giuridica, si ritiene di poter adottare, anche ai fini delle imposte sui redditi, le nozioni delineate ai fini regolamentari e riconosciuti dalle diverse Autorità italiane di settore (CONSOB e Banca d'Italia). In particolare, si ritiene di considerare «mercato regolamentato estero» - in aggiunta a quello riconosciuto dalla CONSOB e a quello indicato nell'elenco dell'ESMA - ogni «altro mercato regolamentato regolarmente funzionante, riconosciuto e aperto al pubblico»[15].
Trattasi, in linea generale, di un mercato che risponde alla definizione del decretoin quanto:
- "regolamentato", ovvero dotato di un'organizzazione e di regole di funzionamento che garantisca una negoziazione regolare, in termini di esecuzione efficiente degli ordini, e quindi di volume delle contrattazioni; - "riconosciuto", ovvero sia riconosciuto tale dalle competenti Autorità; - "aperto al pubblico", ovvero essere un mercato multilaterale che nella fissazione dei prezzi, favorisca l'incontro di domanda ed offerta di una pluralità di soggetti.
Al pari delle società di gestione, i contribuenti devono avere conoscenza dei mercati nei quali intendono realizzare i loro investimenti e, a tal fine, possono fare riferimento alle liste di altri mercati regolamentati utilizzate dai gestori e portate a conoscenza della Banca d'Italia. In altri termini, sono gli operatori che hanno la responsabilità di stabilire se i mercati nei quali investono hanno le caratteristiche richieste dal decreto. A tal fine si ritiene che, anche ai fini fiscali, possa esser riconosciuto come legittimo il riferimento alle liste predisposte in sede di autoregolamentazione dalle associazioni rappresentative delle società di gestione del risparmio e portate a conoscenza della Banca d'Italia.
In conclusione, si ritiene che tra i «mercati regolamentati esteri», nella accezione desumibile dal decreto, rientrano:
- i mercati situati in Stati membri dell'UE o SEE;
- i mercati, diversi dai precedenti, riconosciuti da CONSOB ed indicati in apposito elenco;
- i mercati che le associazioni di categoria delle SGR considerano regolamentati alla luce della normativa di settore.
2. Riconducibilità dei sistemi multilaterali di negoziazione alla nozione di mercato regolamentato
Il primo e più importante riferimento ai «mercati regolamentati», ai fini delle imposte sui redditi, è avvenuto con il decreto legge n. 416 del 1994[16]che ha modificato alcune disposizioni[17]contenute nel Tuir, sostituendo l'espressione, riferita ai titoli «quotati in borsa o negoziati al mercato ristretto» con quella «negoziati nei mercati regolamentati italiani o esteri».
La relazione di accompagnamento al predetto decreto legge chiarisce che si tratta solo di un adeguamento della "terminologia, ormai desueta, adottata dal testo unico" con "quella utilizzata nei provvedimenti riguardanti il mercato mobiliare".
La valenza della "nuova" terminologia - che fa genericamente riferimento ai «mercati regolamentati» - rispetto a quella, "ormai desueta", che faceva specificatamente riferimento alla "borsa" e al "mercato ristretto", viene meglio precisata - in relazione all'articolo 81 (ora articolo 67), comma 1, lettera c), del Tuir, come modificato a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 461 del 1997 - dalla sopracitata circolare n. 165/E del 1998, secondo cui nella nozione di «mercati regolamentati» vanno ricompresi, non solo la borsa ed il mercato ristretto, ma ogni altro mercato "disciplinato da disposizioni normative" facendo chiaramente intendere che il discrimen per individuare la nozione di mercato in esame non è la nomenclatura legislativa - ossia il nome che il regolatore dà al mercato - ma l'esistenza di una "normativa" delle negoziazioni. La medesima circolare, al riguardo, per fugare ogni dubbio sulla "normativa" cui riferirsi, precisa ulteriormente che «intende far riferimento ai mercati regolamentati di cui al decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415»[18].
Tenuto conto che la normativa contenuta nel citato decreto legislativo n. 415 del 1996 è stata sostanzialmente trasfusa nel TUF, anche in questo caso, occorre far riferimento alle disposizioni contenute in tale testo unico per individuare la nozione di mercato regolamentato.
2.1. Definizione di mercati regolamentati nel TUF
Sulla base della definizione contenuta nel TUF[19], è possibile definire il mercato regolamentato come un sistema multilaterale amministrato e/o gestito da un gestore del mercato, che consente o facilita l'incontro, al suo interno e in base alle sue regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari. Il TUF26 stabilisce, inoltre, che il regolamento di mercato determina quantomeno:
i. le condizioni e le modalità di ammissione alle negoziazioni e di esclusione e sospensione dalle negoziazioni degli operatori;
ii. le condizioni e le modalità di ammissione alla quotazione e alle negoziazioni e di esclusione e sospensione dalla quotazione e dalle negoziazioni degli strumenti finanziari;
iii. le condizioni e le modalità per lo svolgimento delle negoziazioni e gli eventuali obblighi degli operatori e degli emittenti;
iv. le modalità di accertamento, pubblicazione e diffusione dei prezzi;
v. i tipi di contratti ammessi alle negoziazioni nonché i criteri per la determinazione dei quantitativi minimi negoziabili;
vi. le condizioni e le modalità per la compensazione e il regolamento delle operazioni concluse sui mercati;
vii. le modalità di emanazione delle disposizioni di attuazione del regolamento da parte del gestore.
La disciplina europea (titolo III della direttiva MiFID II) e le disposizioni di recepimento contenute nel TUF prescrivono, tra l'altro, che i mercati regolamentati:
? adottino misure per identificare chiaramente e gestire le potenziali conseguenze negative, per il funzionamento del mercato regolamentato o per i suoi membri o partecipanti, di qualsiasi conflitto tra gli interessi del mercato regolamentato, dei suoi proprietari o del gestore del mercato e il suo buon funzionamento;
? siano adeguatamente attrezzati per gestire i rischi ai quali sono esposti, si dotino di dispositivi e sistemi adeguati per identificare tutti i rischi che possano comprometterne il funzionamento e prendano misure efficaci per attenuare tali rischi;
? pongano in atto dispositivi per garantire una gestione sana delle operazioni tecniche del sistema, compresi dispositivi di emergenza efficaci per far fronte ai rischi di disfunzione del sistema;
? si dotino di regole e procedure trasparenti e non discrezionali che garantiscano una negoziazione corretta e ordinata nonché di criteri obiettivi che consentano l'esecuzione efficiente degli ordini;
? si dotino di dispositivi efficaci atti ad agevolare la finalizzazione efficiente e tempestiva delle operazioni eseguite nell'ambito dei loro sistemi;
? dispongano, al momento dell'autorizzazione e continuativamente, di risorse finanziarie sufficienti per renderne possibile il funzionamento ordinato, tenendo conto della natura e dell'entità delle operazioni concluse nel mercato, nonché della portata e del grado dei rischi ai quali esso è esposto.
In sostanza, i mercati regolamentati sono una categoria di sedi di negoziazione organizzate e trasparenti. In dottrina è stato efficacemente evidenziato come l'organizzazione dei mercati passi sostanzialmente per quattro fasi:
1. conferimento dell'ordine: un soggetto ordina ad un operatore abilitato una transazione in strumenti finanziari;
2. esecuzione dell'ordine: immissione dell'ordine di cui al punto precedente nel sistema di contrattazione, concorrendo insieme agli altri ordini alla formazione dei prezzi di mercato;
3. compensazione (c.d. "clearing"): si riscontrano le posizioni dei partecipanti al mercato determinandone i saldi;
4. liquidazione(c.d. "settlement"): il venditore consegna i titoli e il compratore il denaro.
Solo nell'ultima fase si ha la certezza dell'esecuzione dell'ordine impartito nella prima fase.
I mercati regolamentati si caratterizzano, quindi, per il fatto di essere sottoposti ad un insieme di regole organiche che presiedono all'organizzazione e al funzionamento del mercato stesso[20].
2.2. Definizione di multilateral trading facilities (MTF)
Si ritiene che i multilateral trading facilities (MTF) siano stati assimilati ai mercati regolamentati perché anch'essi sono insiemi di scambi organizzati e trasparenti.
L'eliminazione dell'obbligo di concentrazione delle negoziazioni degli strumenti finanziari nei mercati ufficiali in cui gli stessi sono quotati, verificatasi con l'attuazione della direttiva MiFID, ha condotto alla moltiplicazione delle piattaforme di negoziazione: accanto ai mercati regolamentati sono stati istituiti i sistemi multilaterali di negoziazione[21].
Il TUF29definisce MTF come «un sistema multilaterale gestito da un'impresa di investimento o da un gestore del mercato che consente l'incontro, al suo interno e in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti conformemente alla parte II e alla parte III» del medesimo testo unico.
Gli MTF sono, quindi, simili ai mercati regolamentati poiché entrambi:
- sono sistemi multilaterali che consentono l'incontro di interessi multipli di acquisto e vendita;
- devono dotarsi di regole e procedure trasparenti e non discrezionali che garantiscono una negoziazione corretta e ordinata;
- sono soggetti ad un regime autorizzativo e a un regime di vigilanza;
- devono instaurare regole trasparenti basate su criteri oggettivi che disciplinano l'accesso degli operatori al sistema.
Sia nei mercatiregolamentati sia negli MTF esiste un "regolamento di mercato", ossia una disciplina organizzativa: regole per i partecipanti, regole di negoziazione (tempi e modi per effettuazione ed esecuzione degli ordini di acquisto e vendita), regole di quotazione (prezzi ufficiali).
L'articolo 65-bisdel TUF, in materia di requisiti dei sistemi multilaterali di negoziazione, prevede, tra l'altro, che il gestore di un sistema multilaterale di negoziazione disponga di:
? regole e procedure trasparenti che garantiscono un processo di negoziazione corretto e ordinato nonché di criteri obiettivi che consentono l'esecuzione efficiente degli ordini;
? misure per garantire una gestione sana dell'operatività del sistema, compresi dispositivi di emergenza efficaci per far fronte ai rischi di disfunzione del sistema;
? misure atte ad individuare puntualmente e a gestire le potenziali conseguenze negative per l'operatività dei sistemi da essi gestiti o per i loro membri o partecipanti e clienti di eventuali conflitti tra gli interessi del sistema multilaterale di negoziazione, dei loro proprietari, del gestore del sistema multilaterale di e il sano funzionamento dei sistemi;
? almeno tre membri o partecipanti o clienti concretamente attivi, ciascuno dei quali con la possibilità di interagire con tutti gli altri per quanto concerne la formazione dei prezzi;
? misure necessarie per favorire il regolamento efficiente delle operazioni concluse nel sistema multilaterale di negoziazione e informa chiaramente i membri o partecipanti o clienti delle rispettive responsabilità per quanto concerne il regolamento delle operazioni effettuate nel sistema.
Ciò evidenziato, occorre segnalare, per completezza di analisi, che l'articolo 65-ter del TUF, rubricato «requisiti specifici per gli strumenti multilaterali di negoziazione», rappresenta un ulteriore elemento di una sostanziale assimilazione.
In particolare, conformemente a quanto indicato tra i requisiti organizzativi dei mercati regolamentati, si stabilisce che il gestore di un MTF, oltre a soddisfare i requisiti sopra richiamati, disponga di:
? regole non discrezionali per l'esecuzione degli ordini nel sistema;
? procedure per gestire i rischi ai quali è esposto il sistema, meccanismi e sistemi adeguati ad identificare tutti i rischi che possano compromettere il funzionamento del sistema e misure efficaci per attenuare tali rischi;
? risorse finanziarie sufficienti ad assicurare il funzionamento ordinato, tenuto conto della tipologia di operazioni concluse sul mercato e dei relativi volumi, nonché della portata e del grado di rischio al quale il sistema è esposto.
Come illustrato nelle pagine precedenti, esiste un elemento comune sia ai «mercati regolamentati» in senso proprio che ai «sistemi multilaterali di negoziazione»: entrambi hanno un "regolamento", ossia un insieme di regole predeterminate di negoziazione, il cui rispetto è verificato da un'Autorità di vigilanza. Ciò che, in particolare, rileva, ai fini delle imposte sui redditi, è l'esistenza di regole definite per la formazione dei prezzi.
L'esistenza, quindi, di "prezzi ufficiali" è il profilo regolamentare decisivo per ritenere che, ai fini delle imposte sui redditi, la nozione di sistema multilaterale di negoziazione possa essere equiparata a quella di «mercato regolamentato». In entrambi i casi, infatti, il prezzo delle partecipazioni quotate o negoziate può essere stabilito sulla base di "valori oggettivamente rilevabili". In ciò risiede la distinzione rispetto alle partecipazioni non quotate o non negoziate per le quali tali rilevazioni non sono ipotizzabili.
Tali conclusioni si fondano, come sopra illustrato, sulla nozione di «mercato regolamentato» e di «sistema multilaterale di negoziazione» che si desume dalla Direttiva 2014/65/CE del 15 maggio 2014 (che conferma, sul punto, la precedente Direttiva MiFID I).
Si fa, in particolare, riferimento al punto 21) del comma 1 dell'articolo 4 (corrispondente al punto 14) del comma 1 dell'articolo 4 della direttiva MiFID I) che definisce il «mercato regolamentato» come un «sistema multilaterale amministrato e/o gestito dal gestore del mercato, che consente o facilita l'incontro, al suo interno ed in base alle sue regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente» e al punto 22) del comma 1 dell'articolo 4 - corrispondente al punto 15) del comma 1 dell'articolo 4 della Direttiva MiFID I - che definisce il «sistema multilaterale di negoziazione» come un «sistema multilaterale gestito da un'impresa di investimento o da un gestore del mercato che consente l'incontro, al suo interno e in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e vendita di terzi relativi a strumenti finanziari».
Si ritiene, infine, opportuno precisare che l'equiparazione ai mercati regolamentati non può essere estesa anche ai sistemi organizzati di negoziazione (OTF). Ciò in quanto, mentre gli MTF sono caratterizzati da regole non discrezionali di interazione degli interessi di negoziazione, gli OTF sono caratterizzati dalla discrezionalità delle scelte del gestore.
3. Eccezioni: Casi particolari
Occorre prendere atto che vi sono delle situazioni in cui l'assimilazione tra mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione non può essere prevista, in quanto l'esplicito riferimento operato dal legislatore ai mercati regolamentati trova fondamento in altre considerazioni che non consentono la predetta equiparazione.
È il caso delle agevolazioni fiscali in favore delle start up innovative che sono poi state estese anche alle PMI innovative.
Come noto, si considerano start up innovative le società le cui «azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione»[22].
In questo caso, non v'è dubbio che, se le azioni della start up innovativa sono quotate indifferentemente in un mercato regolamentato o in un MTF, non si renderebbe comunque applicabile la disciplina agevolativa; in quest'ultima ipotesi, infatti, è il legislatore ad escludere espressamente dall'ambito applicativo degli incentivi fiscali le start up innovative con azioni quotate oltre che nei mercati regolamentati anche nei MTF.
Per quanto concerne, viceversa, le PMI, esse si considerano innovative - con tutto ciò che ne consegue in termini di deroghe alla disciplina societaria ordinaria, proroga del termine per la copertura delle perdite, ecc. - a condizione, tra l'altro, che le loro azioni non siano "quotate in un mercato regolamentato"31. Le PMI, dunque, a differenza delle start up, si considerano innovative anche se le loro azioni sono quotate in un MTF, con la conseguenza che dette società possono fruire anche della disciplina fiscale di natura agevolativa. È evidente che è questo un caso in cui l'equiparazione tra MTF e mercati regolamentati non può operare.
Ciò in quanto la definizione contenuta nel comma 1 dell'articolo 4 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 3 non è una definizione rilevante ai soli fini fiscali e, soprattutto, perché il legislatore ha inteso incentivare espressamente l'investimento anche nelle PMI quotate negli MTF. Pertanto, l'assimilazione degli MTF ai mercati regolamentati, nel caso di specie, significherebbe privare di efficacia una norma agevolativa in contrasto con le finalità perseguite dal legislatore.
Ciò posto, nel rispetto di tutti gli altri requisiti previsti dalla citata disposizione agevolativa, la quotazione delle azioni di tali imprese in un sistema multilaterale di negoziazione non fa venir meno la qualificazione di PMI innovative.
Tenuto conto che l'evoluzione dei mercati è avvenuta in un rilevante intervallo temporale i contribuenti possono aver fatto legittimo affidamento nella definizione di mercati regolamentati contenuta nei precedenti documenti di prassi.
Al riguardo, si ricorda che ai sensi dell'articolo 10, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 «Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima».
[1] La nozione di mercato regolamentato rileva ai fini dell'articolo 9 (valore normale), dell'articolo 23 (redditi prodotti nel territorio dello Stato), dell'articolo 51 (stock option), dell'articolo 67 (redditi diversi derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni), dell'articolo 87, comma 4 (PEX), dell'articolo 94 (valutazione dei titoli), dell'articolo 101 (deducibilità delle minusvalenze), dell'articolo 112 (strumenti finanziari derivati), dell'articolo 130 (esercizio dell'opzione per il consolidato mondiale), dell'articolo 152 (reddito della stabile organizzazione) del Tuir.
[2] La nozione di mercato regolamentato rileva, a titolo esemplificativo, anche ai fini dell'applicazione dell'imposta sostitutiva da parte degli intermediari finanziari su interessi da titolo obbligazionario (articolo 1 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239) o della ritenuta sulle remunerazioni dei contratti di associazione in partecipazione (articolo 27 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600); ai fini dell'applicazione dell'articolo 26-quater, comma 8-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973 che ha introdotto una speciale ritenuta del 5 per cento sugli interessi corrisposti a società conduit che collochino prestiti obbligazionari sui mercati internazionali garantiti da società del gruppo; della disciplina dei redditi di capitale dei redditi diversi di cui al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461; ai fini dell'applicazione della disciplina sulle società di comodo di cui all'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, l'articolo 1 comma 1, secondo periodo, stabilisce che le soglie per configurare la società come non operativa non si applicano, tra l'altro, «alle società ed enti che controllano società ed enti i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani ed esteri, nonché alle stesse società ed enti quotati ed alle società da essi controllate, anche indirettamente»; ai fini dell'applicazione della disciplina sulle società di investimento immobiliare quotate (SIIQ) di cui all'articolo 1, commi da 119 a 141-bis, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; ai fini della rideterminazione del valore delle partecipazioni ai sensi dell'articolo 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
3 Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria approvato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
4 Previsto dall'articolo 64-quater, comma 1, del TUF.
5 Cfr. articolo 56 della Direttiva 2014/65/UE.
6 Cfr. articolo 70, comma 1, del TUF. Ad oggi tali mercati sono:
SVIZZERA
1. SIX Swiss Exchange (delibera Consob n. 12648 del 4 luglio 2000).
STATI UNITI D'AMERICA
1. CBOT (delibera CONSOB n. 14648 del 15 luglio 2004);
2. CME-Globex (delibera CONSOB n. 14756 del 20 ottobre 2004);
3. NYSE Liffe (delibera CONSOB n. 16920 del 16 giugno 2009); 4. ICE Futures U.S. (delibera CONSOB n. 18514 del 3 aprile 2013). 5. NYMEX (delibera CONSOB n. 19104 del 21 gennaio 2015); 6. COMEX (delibera CONSOB n. 19105 del 21 gennaio 2015).
[3] Contenuta nell'articolo 1, lettera w-ter), del TUF. 8Cfr. articolo 1, comma 5-octies, del TUF.
[4] Cfr. articolo 1, comma 1, lettera w-ter), del TUF.
[5]Cfr. decreto legislativo 17 settembre 2007, n. 164.
[6] Cfr. decreto legislativo 3 agosto 2017, n. 129.
[7] Cfr. articolo 64-quater, commi 1 e 3, del TUF.
[8] Ai sensi dell'articolo 64-quater, comma 2, del TUF.
[9]Cfr. comma 1 dell'articolo 70 (rubricato «riconoscimento dei mercati»).
[10]In particolare dall'articolo 2 («Mercati di quotazione») dell'allegato dl decreto ministeriale 29 dicembre 2000.
[11] Regolamento attuativo dell'articolo 39 del TUF, concernente la determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi gli OICR italiani.
[12] Cfr. articolo 1, comma 1, lettera s).
[13] Prima delle modifiche apportate al TUF dal d.lgs. n. 44 del 2014, il Provvedimento della Banca d'Italia del 14 aprile 2005, al punto 18) dell'art. 1 del Titolo I prevedeva comunque che, per mercati regolamentati, si intendevano i mercati regolamentati iscritti negli appositi elenchi CONSOB o altri mercati regolamentati
«regolarmente funzionanti e riconosciuti, per i quali siano stabiliti criteri di accesso e di funzionamento». 19 Provvedimento del 19 gennaio 2015, Titolo V, punto 3.1.1., nota 4.
[14]Cfr. Circolari 24 giugno 1998, 165/E, 16 giugno 2004, n. 26/E e 10 dicembre 2004, n. 52/E.
[15]Articolo 1, comma 1, lettera s), del d.m. 5 marzo 2015, n. 30.
[16] Decreto legge 29 giugno 1994, n. 416 (pubb. in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 151 del 30 giugno 1994), convertito con modificazioni con la legge 8 agosto 1994, n. 503.
[17] In particolare, tale decreto legge ha modificato l'articolo 9 (norma di carattere generale dedicata alla determinazione dei redditi e delle perdite), gli articoli 61 e 66 (relativi alla valutazione dei titoli nell'ambito del reddito d'impresa) ed introdotto l'articolo 103-bis(relativo alle operazioni fuori bilancio poste in essere nel medesimo ambito).
[18] Recepimento della direttiva 93/22/CEE del 10 maggio 1993 relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari e della direttiva 93/6/CEE del 15 marzo 1993 relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi.
[19] Cfr. articolo 1, comma 1, lettera w-ter, del TUF. 26Cfr. articolo 64-quater, comma 4, del TUF.
[20] Ai fini dell'autorizzazione ad operare in qualità di mercato regolamentato l'art. 64-quater, comma 3, lettera b), prevede che il regolamento sia «conforme alla disciplina dell'Unione europea e idoneo ad assicurare la trasparenza del mercato, l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori».
[21] L'articolo 63 del TUF prevede che «ciascun sistema multilaterale per la negoziazione di strumenti finanziari opera come mercato regolamentato, sistema multilaterale di negoziazione o sistema organizzato di negoziazione, nel rispetto delle relative disposizioni della presente parte».29 Cfr. articolo 1, comma 5-octies, lettera a), del TUF.
[22] Cfr. Articolo 25, comma 2, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179. 31 Cfr. Articolo 4 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 3.
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