IVA. Modifiche alla disciplina della scissione dei pagamenti - Art.3 del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172
INDICE
Premessa
1. Il nuovo ambito soggettivo di applicazione. Nuove categorie di soggetti interessati
1.1 Le aziende speciali, le aziende pubbliche di servizi alla persona, gli enti pubblici economici
1.2 Le fondazioni
1.3 Le società
1.4 Elenchi pubblicati dal Dipartimento delle Finanze
2. Individuazione delle Pubbliche Amministrazioni
3. Tabella riepilogativa
4. Fattispecie particolari
4.1 Società Fiduciarie
4.2 Oneri CTU a carico di soggetti split payment
5. Efficacia temporale delle nuove disposizioni
6. Sanzioni
Dal 1° gennaio 2018 si è ulteriormente ampliato l'ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti IVA, c.d. split payment, di cui all'art. 17-ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
In particolare, con l'art. 3, comma 1, del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, è stato sostituito il comma 1-bis del citato art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, allargando il perimetro dei soggetti coinvolti.
Il nuovo testo dell'art. 17-ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, a seguito delle modifiche normative introdotte, prevede che:
"1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di amministrazioni pubbliche, come definite dall'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni e integrazioni, per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d'imposta ai sensi delle disposizioni in materia d'imposta sul valore aggiunto, l'imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle operazioni effettuate nei confronti dei seguenti soggetti:
0a) enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;
0b) fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento;
a) società controllate, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai
Ministeri;
b) società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c);
c) società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b);
d) società quotate inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto; con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al comma 1 può essere individuato un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario".
Le nuove disposizioni, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del menzionato D.L. n. 148 del 2017, operano a "decorrere dal 1° gennaio 2018 e si applicano alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dalla medesima data".
L'estensione dello split payment alle nuove categorie di soggetti risponde all'obiettivo di rendere ancora più efficace l'azione di contrasto all'evasione in materia di imposta sul valore aggiunto.
Il meccanismo, come è noto, mira a garantire, da un lato, l'Erario dal rischio di inadempimento dell'obbligo di pagamento dei fornitori che addebitano in fattura l'imposta e, dall'altro, gli acquirenti dal rischio di coinvolgimento nelle frodi commesse da propri fornitori o da terzi.
Tale obiettivo viene perseguito ponendo a carico dei soggetti acquirenti, che presentano un grado di "fedeltà fiscale" maggiore dei loro fornitori nell'assolvimento degli obblighi di versamento dell'imposta, l'obbligo di versare l'imposta medesima addebitata dal fornitore direttamente all'Erario, in luogo del fornitore.
Con il D.M. 9 gennaio 2018, che ha modificato il D.M. 23 gennaio 2015 (di seguito il "D.M."), sono state, inoltre, ridefinite le modalità di attuazione della disciplina della scissione dei pagamenti, alla luce delle novità introdotte dal sopra citato D.L. n. 148 del 2017.
Tali novità riguardano l'estensione del meccanismo alle operazioni effettuate nei confronti degli enti pubblici economici, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona, delle fondazioni partecipate da qualsiasi tipo di P.A., nonché delle società controllate direttamente o indirettamente da qualsiasi tipo di P.A., ente o società soggetta allo split payment e delle società partecipate, per una quota non inferiore al 70 per cento, da qualsiasi tipo di P.A., ente e società già assoggettata allo split payment, che si aggiungono alle altre categorie che già applicano la scissione dei pagamenti.
Per l'esatta individuazione dei nuovi soggetti interessati, di cui al comma 1-bis dell'art.17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, occorre rifarsi agli elenchi pubblicati in data 19 dicembre 2017 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, relativamente alle cessioni di beni e prestazioni di servizi fatturate dal 1° gennaio 2018, e la cui imposta sia divenuta esigibile dalla medesima data.
Tanto premesso, la presente circolare illustra le novità in vigore dal 1° gennaio 2018. Per quanto non contemplato nella presente circolare, restano valide le indicazioni fornite con le circolari n. 1/E del 9 febbraio 2015, n. 15/E del 13 aprile 2015 e n. 27/E del 7 novembre 2017.
Come sopra già anticipato, con effetto dal 1° gennaio 2018, la disciplina della scissione dei pagamenti si applica alle seguenti nuove categorie di soggetti:
1. enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;
2. fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento;
3. società controllate direttamente o indirettamente i) dagli enti di cui ai nn. 1 (art. 17-ter, comma 1-bis, lett. 0a, del D.P.R. n. 633 del 1972) e 2 (art. 17-ter, comma 1-bis, lett. 0b, del D.P.R. n. 633 del 1972) sopra indicati, nonché ii) dalle società soggette allo split payment sulla base delle modifiche introdotte(art. 17-ter, comma 1-bis, lett. c e d, del D.P.R. n. 633 del 1972);
4. società partecipate per una quota non inferiore al 70 per cento da amministrazioni pubbliche e da enti e società soggette allo split payment.
Di seguito, nel delineare l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti, si analizzano, nel dettaglio, le nuove categorie di soggetti interessati.
Dal 1° gennaio 2018, tutte le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona sono riconducibili nell'ambito soggettivo della scissione dei pagamenti, ancorché non siano tra le PP.AA. destinatarie della disciplina sulla fatturazione elettronica obbligatoria.
È il caso di segnalare che l'estensione della disciplina sullo split payment anche alle aziende speciali risolve, peraltro, taluni dubbi circa la delimitazione della platea dei soggetti pubblici tenuti alla scissione dei pagamenti. Invero, le aziende speciali di cui al d.lgs.18 agosto 2000, n. 267 e le aziende pubbliche di servizi alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000 e al d.lgs. n. 207 del 2001, nel sistema vigente dal 1° luglio al 31 dicembre 2017, erano ricondotte nell'ambito soggettivo della scissione dei pagamenti soltanto se espressamente individuate nell'elenco Istat e, pertanto, risultavano essere anche destinatarie della disciplina sulla fatturazione elettronica obbligatoria di cui all'articolo 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
La categoria delle aziende speciali, nell'ambito dell'ordinamento, trova il proprio riferimento normativo, oltre che nel Testo Unico degli Enti Locali, approvato con d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, anche in altre disposizioni normative di carattere settoriale.
Viene in rilievo, in proposito, l'art. 114 del Testo Unico degli Enti Locali che definisce l'azienda speciale come "ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale". Si tratta, pertanto, di un ente diverso dal comune o dalla provincia da cui dipende funzionalmente.
La qualificazione fornita dal legislatore in merito all'azienda speciale, quale ente strumentale dell'ente locale, rivela l'esistenza di un collegamento inscindibile tra l'azienda e l'amministrazione locale, attraverso cui si realizza, sostanzialmente, una forma di gestione del servizio avente i connotati pubblici.
Tra le aziende speciali interessate dal meccanismo della scissione dei pagamenti figurano anche quelle costituite, ai sensi dell'art. 2, comma 2, della legge n. 580 del 1993, dalle Camere di commercio e che rappresentano organismi strumentali a cui è demandato il compito di realizzare le iniziative funzionali al perseguimento delle finalità istituzionali di una o più Camera di commercio.
Vengono, inoltre, in rilievo le aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP), operanti, principalmente, nell'ambito dei servizi sociali e socio-sanitari, che sono il risultato della trasformazione degli Istituti pubblici di assistenza e beneficenza (IPAB), così come stabilito dall'art. 10 della legge n. 328 del 2000 e dal successivo decreto attuativo d.lgs. n. 207 del 2001.
Interessati dalla disciplina dello split payment sono anche gli enti pubblici economici nazionali, regionali e locali.
Si tratta di quegli enti che operano nel campo della produzione e dello scambio di beni e servizi, svolgendo attività prevalentemente o esclusivamente economiche e che possiedono un elevato grado di autonomia amministrativa, finanziaria, patrimoniale.
Tali enti, che si caratterizzano, in via generale, per il fatto di conciliare il carattere pubblico della personalità giuridica con il regime privatistico dell'impiego dell'attività esterna, sono destinatari del meccanismo della scissione dei pagamenti, ma non della disciplina sulla fatturazione elettronica obbligatoria.
A tal riguardo, giova, invero, ribadire che l'ampliamento dell'ambito di applicazione della scissione dei pagamenti non influenza l'ambito di applicazione della fattura elettronica di cui all'art. 1, commi da 209 a 214 della legge n. 244 del 2007, che resta circoscritto alle PP.AA. individuate dalle predette disposizioni; le due discipline restano, pertanto, autonome, in quanto differenti per finalità.
Come sopra già anticipato, tra le nuove categorie di soggetti interessati dalla disciplina dello split payment, a seguito delle modifiche normative introdotte, vengono in rilievo anche le fondazioni.
In particolare, l'art. 17-ter, comma 1-bis, lett. 0b, del D.P.R. n. 633 del 1972 fa riferimento alle "fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento".
Il riferimento alla partecipazione delle amministrazioni pubbliche "per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento", non allude ad alcuna forma di titolarità del capitale (non prospettabile con riferimento all'istituzione della fondazione), bensì alla misura dell'apporto patrimoniale dei soggetti pubblici nel patrimonio di dotazione vincolato ad uno scopo (c.d. fondo di dotazione); tale apporto non deve essere inferiore al 70 per cento, rispetto alla totalità del valore dello stesso fondo.
Corre l'obbligo di rappresentare che, in via generale, l'istituto della fondazione trova la propria disciplina nel libro I del Codice Civile; si tratta di un ente dotato di personalità giuridica, che ha quale elemento costitutivo essenziale l'esistenza di un insieme di beni vincolati alla soddisfazione di un fine sociale.
La fondazione ha una propria organizzazione e propri organi di governo, per la gestione sociale utilizza le risorse finanziarie attribuitele con il negozio di dotazione al fine di perseguire lo scopo voluto dal fondatore e trasfuso nell'atto costitutivo.
L'assetto patrimoniale della fondazione risulta, di regola, costituito da un fondo di dotazione (riserva intangibile), composto dai conferimenti in denaro, in beni mobili o immobili e dalle utilità impiegabili per il perseguimento degli scopi sociali fornite dai fondatori, dai promotori o dai partecipanti e dagli aderenti. In molti casi è previsto anche un fondo di gestione (patrimonio utilizzabile nell'attività di gestione), costituito dai conferimenti, proventi, utilità ed eventuali altri contributi o rendite, in qualsiasi natura, per lo svolgimento dell'ordinaria attività dell'ente.
Tanto premesso, per il calcolo del 70 per cento delle partecipazioni delle pubbliche amministrazioni, di cui al citato art. 17-ter del D.P.R. 633 del 1972, occorre fare riferimento al solo fondo di dotazione, così come determinato dall'atto di costituzione della fondazione stessa, anche al fine di stabilire la natura dei conferimenti al patrimonio dell'ente e valutare se siano riconducibili al fondo di dotazione o al fondo di gestione.
Preme, tuttavia, evidenziare che, l'art. 17-ter sopra citato rimanda al modello organizzativo della fondazione di partecipazione pubblica, che permette la presenza contemporanea di enti pubblici e di soggetti del mondo privato.
In particolare, la fondazione di partecipazione, differentemente dalla fondazione classica prevista dal codice civile a cui si faceva riferimento prima, costituisce un modello organizzativo atipico, che presenta alcuni degli elementi propri della fondazione, combinati con il modello dell'associazione, largamente utilizzato, soprattutto negli ultimi anni, dagli enti pubblici per svolgere attività di pubblica utilità con il concorso di privati.
Le fondazioni a partecipazione pubblica ricomprendono al loro interno una gamma alquanto variegata e profondamente eterogenea di soggetti giuridici. Si consideri, in proposito, che la fondazione di partecipazione può essere il frutto della trasformazione per legge di precedenti enti pubblici, oppure l'esito della decisione dell'ente pubblico di esternalizzare servizi ed attività in precedenza svolte direttamente con le proprie strutture; in altri casi, l'ente pubblico può essere il mero promotore della fondazione per iniziative di pubblico interesse; in altri casi ancora, l'ente pubblico può decidere di partecipare, anche congiuntamente ad altri enti pubblici, a fondazioni già costituite secondo modelli giuridici partecipativi fortemente differenziati.
L'atipicità della fondazione di partecipazione può riflettersi anche dal punto di vista patrimoniale: si può avere, infatti, una struttura aperta del patrimonio dell'ente, a formazione progressiva, con la possibilità di partecipazione - con apporti in denaro, beni materiali o immateriali, professionalità o servizi - da parte di tutti i soggetti, pubblici e privati (fondatori, promotori del progetto, partecipanti istituzionali, semplici partecipanti), che intendano contribuire economicamente al finanziamento della fondazione.
L'eterogenea casistica delle fondazioni di partecipazione, pertanto, annovera una vasta gamma di situazioni di relazione con gli enti pubblici partecipanti, con rilevanti effetti per la disciplina applicabile, che non può limitarsi - ai fini dell'individuazione dei soggetti split - alla residuale ipotesi (prevista dalla norma fiscale in commento) delle fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento.
Invero, è il caso di sottolineare che le forme di 'controllo' e 'partecipazione' da parte dei soggetti pubblici nei confronti delle fondazioni si realizzano non solo attraverso la partecipazione degli stessi al fondo di dotazione (che, in determinati casi, potrebbe anche non essere previsto dallo statuto, essendo svariate le forme di dotazione e/o finanziamento delle fondazioni da parte dei soggetti pubblici), ma anche attraverso il controllo esercitato, da parte dei soggetti pubblici, o con la nomina degli organi di gestione della fondazione stessa ovvero con un'attività di vigilanza penetrante che si esprime con poteri insindacabili sull'organizzazione o sul funzionamento o sulla provvista degli organi della fondazione di un soggetto pubblico.
Pertanto, pur limitandosi il dato letterale dell'art. 17-ter, comma 1-bis, del D.P.R. n. 633 del 1972 alle sole 'fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento', si ritiene che anche le fondazioni soggette al controllo di soggetti pubblici, attraverso la nomina degli organi di gestione della fondazione stessa, rientrino - sulla base di un'interpretazione coerente con lo spirito e la ratio della disciplina dello split payment - nel meccanismo della scissione dei pagamenti.
Tra le fondazioni soggette alla disciplina dello split payment, quindi, vengono in rilievo, ad esempio, le fondazioni degli Ordini professionali.
Si tratta di enti molto diffusi, sia a livello locale che nazionale, attraverso cui gli Ordini professionali, nella loro qualità di enti pubblici non economici, rientranti nell'ampia categoria delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 196 del 2009, realizzano attività e interessi collegati alle professioni che rappresentano.
Peraltro, con riferimento alle fondazioni degli Ordini professionali, l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha precisato che le fondazioni degli Ordini professionali sono organismi di diritto pubblico rientranti nella gamma degli enti pubblici non economici e, quindi, soggetti al regime pubblicistico del codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. n. 50 del 2016 (cfr. ex multis Comunicato del Presidente ANAC del 28 giugno 2017; Delibera ANAC n. 687 del 28 giugno 2017).
Per effetto delle modifiche apportate dall'art. 3, comma 1, del D.L. n. 148 del 2017, l'elenco delle società soggette alla disciplina dellosplit payment, ai sensi del comma 1-bis dell'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, è stato riformulato come segue:
a) società controllate, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri;
b) società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c);
c) società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b);
d) società quotate inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana identificate agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto; con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al comma 1 può essere individuato un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario.
Merita rilevare, preliminarmente, che, dall'analisi delle modifiche normative introdotte dall'art 3, comma 1, del D.L. n. 148 del 2017, emerge che, rispetto alla precedente versione del comma 1-bis, lett. a) dell'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, per le società controllate direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri, l'attuale versione della disposizione contiene il rinvio all'articolo 2359 del codice civile, primo comma, n. 2 (controllo di fatto).
Per ragioni di ordine logico-sistematico, si segnala che il riferimento dell'articolo 17-ter, comma 1- bis, del D.P.R. n. 633 del 1972, lett. a) va inteso con riferimento sia al controllo di diritto che di fatto, in quanto, una diversa interpretazione che limitasse il perimetro della disciplina della scissione dei pagamenti alle sole società che sono soggette ad un mero controllo di fatto (ex art. 2359 del codice civile, primo comma, n. 2), escludendo le società soggette a controllo di diritto (ex art. 2359 del codice civile, primo comma, n. 1), comporterebbe, da un punto di vista interpretativo, un contrasto con l'intero impianto sistematico della disciplina in esame.
Ciò rappresentato, dal confronto con il precedente elenco delle società, contenuto nella previgente versione del comma 1-bis del citato art. 17-ter, emerge, come novità, il disposto di cui alle lett. b) e c), in cui il riferimento alle società controllate direttamente o indirettamente contempla, per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 3, comma 1, del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, non più le sole pubbliche amministrazioni, ma anche tutti gli enti e le società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c) del medesimo comma 1-bis come riformulato.
L'estensione della disciplina dello split payment anche alle fondazioni, enti e società coinvolte dal 1° gennaio 2018 ha reso necessaria la modifica, operata dal D.M. 9 gennaio 2018, delle previsioni del D.M. 23 gennaio 2015, circa la rilevanza del controllo congiunto di diritto. In proposito, il comma 5 dell'art. 5-ter del D.M. stabilisce che "Nell'ambito delle società controllate di cui al comma 1-bis, lettere a), b), dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 sono incluse le società il cui controllo è esercitato congiuntamente da pubbliche amministrazioni centrali di cui alla lettera a) dello stesso comma 1-bis e/o da società controllate da queste ultime e/o da pubbliche amministrazioni di cui alla lettera b) dello stesso comma 1-bis o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b),
a) e c) e/o da società controllate da queste ultime".
A tal proposito, restano valide le indicazioni già fornite con la circolare n. 27/E del 2017 in materia di controllo congiunto di diritto, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 175 del 2016 - in caso di partecipazioni minoritarie che se sommate superano la percentuale del 50 per cento - secondo cui si ha controllo congiunto qualora, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo; detto requisito non sussiste, invece, nella differente ipotesi di controllo analogo congiunto, di cui all'art. 2, comma 1, lettera d), del richiamato d.lgs. n. 175 del 2016.
Altra novità rilevante, sempre con riferimento alle società, è contenuta nel disposto di cui alla lettera c), del comma 1-bis del citato art. 17-ter che riguarda le società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b) dell'articolo 17-ter, comma 1 bis.
La norma contempla il caso in cui la partecipazione, pari o superiore al 70 per cento, è posseduta da più soggetti, ciascuno intestatario di una quota (anche minoritaria), che complessivamente raggiungono la percentuale citata del 70 per cento.
La circostanza che la società sia partecipata, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, porta a ricondurla automaticamente nell'ambito applicativo della disciplina dello split payment.
La nuova formulazione dell'art. 17-ter, comma 1 bis, lett. d), prevede, inoltre, che sono assoggettate alla disciplina dello split le società quotate inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana, che sono identificate agli effetti dell'IVA.
La modifica normativa ha inteso precisare che sono soggette alla disciplina della scissione dei pagamenti le società quotate che sono stabilite o identificate ai fini IVA in Italia, restando, invece, escluse tutte quelle società che, non essendo stabilite o identificate in Italia, non posseggono una partita IVA italiana.
Come accennato in premessa, al fine di facilitare l'individuazione dei nuovi soggetti, di cui al comma 1-bis dell'art.17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, sottoposti alla disciplina della scissione dei pagamenti, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha pubblicato sul proprio sito internet, il 19 dicembre 2017, con effetto a partire dal 1° gennaio 2018, gli elenchi che individuano, nel dettaglio, i soggetti riconducibili nell'ambito soggettivo della scissione dei pagamenti.
In particolare, relativamente all'individuazione delle fondazioni, degli enti e delle società, si osserva che il D.M. 23 gennaio 2015, come modificato da ultimo dal D.M. 9 gennaio 2018, ha stabilito, all'art. 5-ter, comma 2, che per le operazioni per le quali è emessa fattura nell'anno 2018 e negli anni successivi, le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 si applicano a quei soggetti inseriti "nell'elenco pubblicato, a cura del Dipartimento delle finanze, entro il 20 ottobre di ciascun anno con effetti a valere per l'anno successivo. Solo per l'anno 2017 il suddetto elenco è pubblicato entro il 19 dicembre con effetti a valere per l'anno 2018. Le fondazioni, enti e società interessate possono segnalare eventuali incongruenze o errori al suddetto Dipartimento, che provvederà a esaminarle al fine dell'eventuale aggiornamento, in conformità alla normativa vigente".
Il novellato art. 5-ter, comma 3, del D.M. stabilisce, inoltre, che "Nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l'inclusione nell'indice FTSE MIB si verifichi in corso d'anno entro il 30 settembre, le nuove fondazioni, enti e società controllate, partecipate o incluse nell'indice applicano le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo. Nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l'inclusione nell'indice FTSE MIB si verifichi in corso d'anno dopo il 30 settembre, le nuove fondazioni, enti e società controllate, partecipate o incluse nell'indice applicano le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio del secondo anno successivo".
Il successivo comma 4 dispone altresì che "nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l'inclusione nell'indice FTSE MIB venga a mancare in corso d'anno entro il 30 settembre, le fondazioni, enti e società non più controllate, partecipate o incluse nell'indice continuano ad applicare le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell'anno. Nel caso in cui il controllo, la partecipazione o l'inclusione nell'indice FTSE MIB venga a mancare in corso d'anno dopo il 30 settembre, le fondazioni, enti e società non più controllate, partecipate o incluse nell'indice continuano ad applicare le disposizioni dell'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell'anno successivo".
Dal quadro sopra delineato deriva che mediante la consultazione dei predetti elenchi i soggetti passivi IVA che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi potranno verificare le informazioni relative ai loro cessionari/committenti e stabilire se applicare la scissione dei pagamenti.
Di seguito, si riportano le categorie degli elenchi pubblicati:
Riguardo al valore da attribuire ai predetti elenchi, si rammenta che, con la circolare n. 27/E del 2017 dell'Agenzia delle Entrate, è stato precisato che "per assicurare certezza giuridica ai soggetti coinvolti nelle anzidette operazioni, l'espressa individuazione dei soggetti per i cui acquisti trova applicazione tale meccanismo viene effettuata dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze con appositi elenchi, l'inclusione nei quali determina un effetto costitutivo".
Il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'Economia e delle Finanze, col comunicato del 7 febbraio 2018, ha avuto modo di precisare altresì che - in considerazione della necessità di monitorare e aggiornare costantemente gli elenchi pubblicati per tenere conto delle segnalazioni pervenute dai contribuenti - agli elenchi stessi è attribuita efficacia costitutiva, anche in coerenza con quanto precisato nella circolare n. 27/E del 2017.
Pertanto, al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati, la disciplina dello split payment ha effetto dalla data di effettiva inclusione del soggetto nell'elenco e della pubblicazione dell'elenco sul sito del Dipartimento delle Finanze.
Resta fermo che, fino a quando il soggetto interessato non risulterà inserito nell'elenco aggiornato, il medesimo soggetto non potrà considerarsi riconducibile nell'ambito soggettivo della disciplina della scissione dei pagamenti.
L'eventuale rilascio dell'attestazione di cui al comma 1-quater dell'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972 da parte del cessionario/committente in contrasto con il contenuto degli elenchi è da ritenersi priva di effetti giuridici.
Alla luce della possibilità che un soggetto sia incluso ovvero escluso dagli elenchi in corso d'anno, occorre chiarire che, in tali ipotesi, la disciplina della scissione dei pagamenti deve ritenersi applicabile ovvero non più applicabile solo dalla data di aggiornamento dell'elenco da parte del Dipartimento delle Finanze. Ciò, in considerazione dell'esigenza di tutelare i soggetti che abbiano fatto affidamento sugli elenchi pubblicati. Conseguentemente, deve ritenersi corretto il comportamento del contribuente che, nelle more di aggiornamento dell'elenco, si sia comportato coerentemente agli elenchi medesimi.
Nell'ipotesi diversa in cui il contribuente, nelle more dell'aggiornamento dell'elenco, si sia, comunque, comportato come un soggetto riconducibile nell'ambito soggettivo della scissione dei pagamenti e, pertanto, l'imposta relativa agli acquisti sia stata assolta, ancorché in modo irregolare, secondo le modalità di cui al D.M. 23 gennaio 2015, si è dell'avviso che, per effetto dell'inclusione, ancorché posticipata, nell'elenco, non sia necessario "regolarizzare" i comportamenti posti in essere antecedentemente a tale inclusione.
Tale soluzione risponde ad evidenti esigenze di semplificazione in quanto evita l'emissione della nota di variazione di cui all'art. 26, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 in considerazione della circostanza "decisiva" che il contribuente "effettivamente" doveva ritenersi, sin dall'origine, riconducibile nell'ambito soggettivo della scissione dei pagamenti.
Per l'individuazione delle Pubbliche Amministrazioni destinatarie della disciplina della scissione dei pagamenti non sono previsti degli elenchi, ma, come, peraltro, chiarito nel comunicato del 31 ottobre del 2017 dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'Economia e delle Finanze, occorre far riferimento all'Indice delle Pubbliche Amministrazioni (www.indicepa.gov.it).
In particolare, al fine di individuare le Pubbliche Amministrazioni, l'articolo 5-bis del D.M. precisa che le disposizioni dell'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972 si applicano alle pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria di cui all'art. 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Come già indicato nella circolare n. 27/E del 2017, si tratta dei:
- soggetti di cui all'art.1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001;
- soggetti indicati a fini statistici dall'ISTAT ai sensi dell'art.1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e delle Autorità indipendenti;
- delle Amministrazioni autonome annoverate dall'art. 1, comma 209, della legge n. 244 del 2007.
In proposito, anche la menzionata circolare n. 27/E del 2017 ha precisato che "Ai fini dell'esatta individuazione delle PA tenute ad applicare la scissione dei pagamenti occorre fare riferimento all'elenco pubblicato sul sito dell'Indice delle Pubbliche Amministrazioni, www.indicepa.gov.it (di seguito IPA)".
Si evidenzia che l'accreditamento all'IPA, ancorché obbligatorio per i soggetti destinatari della fatturazione elettronica, discende dall'iniziativa degli stessi soggetti.
Pertanto, la P.A. acquirente, che sulla base delle norme sopra richiamate rientri nell'alveo di applicazione della scissione dei pagamenti, laddove non abbia richiesto l'anzidetto accreditamento e non abbia comunicato al fornitore l'applicabilità alla stessa del meccanismo di cui trattasi, sarà comunque soggetta all'applicazione delle specifiche sanzioni.
Si ritiene, in ogni caso, opportuno precisare che laddove il riferimento all'IPA non sia esaustivo, torna utile - in tale circoscritta ipotesi - per il fornitore il rilascio dell'attestazione di cui al comma 1-quater dell'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972. Ciò, nell'ipotesi in cui la P.A. acquirente, nonostante sulla base delle norme sopra richiamate rientri nell'alveo di applicazione della scissione dei pagamenti, non abbia richiesto l'anzidetto accreditamento all'IPA e non abbia comunicato al fornitore l'applicabilità alla stessa del meccanismo di cui trattasi.
Alla luce dei chiarimenti sopra forniti, si riporta di seguito una tabella riepilogativa che fornisce uno schema rappresentativo di tutte le categorie di soggetti che, a partire dal 1 gennaio 2018, sono interessate dalla disciplina della scissione dei pagamenti:
Pubbliche Amministrazioni (art. 17-ter, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) |
soggetti di cui all'art.1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001; soggetti indicati a fini statistici dall'ISTAT ai sensi dell'art.1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e le Autorità indipendenti; Amministrazioni autonome annoverate dall'art. 1, comma 209, della legge n. 244 del 2007
|
Enti (art. 17-ter, comma 1-bis, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, lett.0a) |
enti pubblici economici nazionali, regionali e locali; le aziende speciali; le aziende pubbliche di servizi alla persona. |
Fondazioni (art. 17-ter, comma 1-bis, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, lett.0b) |
fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento o che comunque siano controllate da soggetti pubblici |
Società (art. 17-ter, comma 1-bis, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, lett. a), b), c), d) |
società controllate (controllo di diritto e di fatto) direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri; società controllate (controllo di diritto) direttamente e indirettamente da amministrazioni pubbliche, e da enti e società soggette allo split payment; società partecipate per una percentuale non inferiore al 70 per cento del capitale da amministrazioni pubbliche, da enti e società soggette allo split payment; società quotate inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana e identificate ai fini IVA. |
Un caso peculiare riguarda le società le cui quote siano intestate a una società fiduciaria, la quale detiene partecipazioni societarie in ragione di contratti di incarico fiduciario stipulati con la propria clientela ai sensi della legge 23 novembre 1939 n. 1966; lo schema è quello della c.d. fiducia germanistica che attribuisce al fiduciario la titolarità soltanto formale dei beni e il potere di amministrarli unicamente dietro istruzioni e con provvista previamente apprestate dai fiducianti.
Nel caso specifico, nonostante la società fiduciaria rivesta, formalmente, la qualifica di proprietaria delle quote azionarie di cui è intestataria, l'effettivo titolare delle quote in questione sarà sempre il cliente fiduciante; in tal senso depone, del resto, il contenuto dell'art. 12, comma 4, del D.M. 16 gennaio 1995 in tema di mandato fiduciario.
Ciò posto, tenuto conto delle finalità che presiedono all'intestazione fiduciaria di partecipazioni, si è dell'avviso che la valutazione circa l'applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti alle società, le cui quote sono detenute da una società fiduciaria, debba essere effettuata con riferimento alla natura del soggetto a cui le quote stesse debbono essere ricondotte, verificando se lo stesso rientri o meno nell'ambito dello split payment (a nulla rilevando l'intestazione formale delle quote azionarie). In capo al soggetto fiduciante, inoltre, deve essere effettuata l'analisi dei requisiti in termini di controllo e di partecipazione di cui al comma 1-bis dell'articolo 17-ter del ripetuto D.P.R. n. 633 del 1972.
Altra fattispecie particolare che viene in rilievo, riguarda le modalità di liquidazione dei compensi ed oneri accessori dovuti ai consulenti tecnici d'ufficio, cd. CTU, che operano su incarico e come ausiliari dell'Autorità Giudiziaria.
In particolare, in tali casi occorre valutare se per l'obbligato al pagamento del compenso liquidato dal giudice a favore del CTU possa trovare applicazione la disciplina della scissione dei pagamenti.
Al riguardo, appare utile richiamare la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione secondo cui "in ragione della finalità propria della consulenza di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi che comportino specifiche competenze, la prestazione dell'ausiliare deve ritenersi resa nell'interesse generale della giustizia e, correlativamente nell'interesse comune delle parti" (Cass. civ, Sez. III, n. 1023 del 2013).
Secondo tale giurisprudenza, pertanto, "È noto che l'attività del consulente tecnico di ufficio è finalizzata alla realizzazione del superiore interesse della giustizia" (Cass. civ, Sez. III, n. 1023 del 2013), "sicché bene il relativo compenso è posto a carico solidalmente a carico di tutte le parti, restando solo i rapporti interni tra queste regolati dal principio della soccombenza" (Cass. civ., Sez, VI, Ord. n. 23522 del 2014).
Con riguardo ai compensi e onorari, relativi alle prestazioni rese dal CTU, si è dell'avviso, pertanto, che titolare passivo del rapporto di debito sia la parte esposta all'obbligo di sopportare l'onere economico.
Tale soggetto, è tenuto, in base al provvedimento del Giudice - che costituisce titolo esecutivo - al pagamento del compenso per prestazioni professionali rese, al di fuori del sinallagma commissione-prestazione, a favore dell'Amministrazione della giustizia, committente non esecutrice del pagamento. Ne consegue che il CTU deve ritenersi obbligato ad esercitare la rivalsa ex art. 18 del D.P.R. n. 633 del 1972 e ad emettere fattura ai sensi del successivo art. 21 del citato D.P.R. nei confronti dell'Amministrazione della giustizia (cfr. Circolare n. 9 del 1982), in cui si evidenzi, tuttavia, che la "solutio", avviene con denaro fornito dalla/e parte/i individuata/e dal provvedimento del Giudice.
In tali fattispecie, la P.A. (Amministrazione della Giustizia), pur essendo riconducibile nell'ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del CTU.
Per tali motivi si ritiene di escludere l'applicabilità, nel caso specifico, della disciplina della scissione dei pagamenti di cui all'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972.
La predetta soluzione appare coerente ai più recenti chiarimenti resi dalla circolare n. 27/E del 2017 in merito alla disciplina della scissione dei pagamenti di cui all'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, che ha individuato, in un'ottica di semplificazione, le fattispecie escluse dalla scissione dei pagamenti.
Le medesime ragioni di semplificazione sussistono anche nella fattispecie in esame.
In tali ipotesi, infatti, l'applicazione della scissione dei pagamenti comporterebbe l'onere, per la parte obbligata al pagamento del compenso del CTU, di versare a quest'ultimo soltanto l'imponibile mentre l'Iva relativa alla prestazione del CTU dovrebbe essere riversata all'Amministrazione della Giustizia affinché quest'ultima, a sua volta, versi tale importo all'Erario, nell'ambito della scissione dei pagamenti. Tale doppio versamento costituirebbe un aggravio delle procedure e giustifica la non applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti.
Le nuove disposizioni, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del D.L. n. 148 del 2017, hanno effetto, come già anticipato nelle premesse, a "decorrere dal 1° gennaio 2018 e si applicano alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dalla medesima data".
Il comma 1-ter dell'art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, introdotto dall'art. 1, comma 1, del D.L. 24 aprile n. 50, stabilisce che la disciplina della scissione dei pagamenti si applica "fino al termine di scadenza della misura speciale di deroga rilasciata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE", ossia fino al 30 giugno 2020. Pertanto, le nuove disposizioni sulla scissione dei pagamenti si applicano alle operazioni in relazione alle quali la fattura sia stata emessa e la cui imposta sia divenuta esigibile a decorrere dal 1° gennaio 2018.
In considerazione delle obiettive condizioni di incertezza che hanno accompagnato le novità introdotte dal 1° gennaio 2018 (art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, cd. statuto dei diritti del contribuente), sulla portata e sull'ambito della disciplina recata dall'articolo 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, come modificato dall'art. 3, comma 1, del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, sono fatti salvi, con conseguente mancata applicazione di sanzioni, eventuali comportamenti difformi adottati dai contribuenti, anteriormente all'emanazione del presente documento di prassi, sempre che non sia stato arrecato danno all'Erario con il mancato assolvimento dell'imposta dovuta.
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