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Circolare INPS n.53 del 03.04.2024

INDICE

1. Quadro normativo

2. Assetto delle contribuzioni minori dovute

3. Classificazione ai fini previdenziali e assistenziali. Adempimenti delle Strutture territoriali

1. Quadro normativo

Nella disciplina vigente, dettata all’articolo 114, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali” (di seguito, anche TUEL), l’azienda speciale è definita quale ente strumentale dell’ente pubblico territoriale, dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto (approvato dal consiglio dell’ente territoriale), ed è istituita per la gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto, nell’ambito delle competenze dell’ente territoriale stesso, la produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.

Pertanto, l’azienda speciale rappresenta una struttura giuridica, con ordinamento pubblicistico, volta alla realizzazione della gestione di servizi aventi rilevanza imprenditoriale. Tali organismi aziendali, infatti, integrano un soggetto giuridico autonomo rispetto all’ente o agli enti da cui promanano, riconducibile all’ente pubblico economico e, quindi, non rientrante nel novero delle pubbliche Amministrazioni[1].

Tuttavia, con riferimento alla natura giuridica delle aziende speciali, la giurisprudenza costituzionale, di legittimità e dei giudici speciali, di volta in volta coinvolti, ha fornito soluzioni anche molto differenziate e che necessitano di una complessiva valutazione, al fine di individuare il corretto assetto degli obblighi previdenziali in capo a tali soggetti giuridici.

È stato rilevato come nell’azienda speciale coesistano due “anime” distinte: l’una, legata necessariamente alla natura di attività di impresa da essa esercitata, che dovrebbe spingere al conseguimento del migliore risultato economico possibile; l’altra, riflesso dell’imprescindibile rapporto di collegamento – talvolta avvicinato a quello di agenzia – con l’ente locale e con la sua collettività di riferimento, che, se da una parte pone come obiettivo principale il perseguimento dell’interesse generale, dall’altra risente dei vincoli della finanza pubblica e dei condizionamenti “mediati” derivanti dal corpo elettorale (in questo senso cfr. Cassazione, Sez. Un., sentenza n. 20684/2018).

Per contro, sotto tale ultimo profilo, la giurisprudenza amministrativa ha altresì evidenziato come l’azienda speciale, costituendo una struttura autonoma distinta da quella pubblicistica dell’ente locale, possa godere di vita propria, ancorché collegata, sia per quanto attiene agli indirizzi sia per l’approvazione degli atti fondamentali, rispetto agli enti da cui essa promana.

Infatti, già con la legge 8 giugno 1990, n. 142, l’azienda speciale cessa di essere una “azienda organo” (come sostanzialmente si definiva l’azienda municipalizzata), per assumere quell’alterità soggettiva caratterizzata dal conferimento di personalità giuridica autonoma e dalla qualifica di ente, come pure dall’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese[2], sebbene la persistenza di specifici connotati pubblicistici impediscano una totale o perfetta assimilazione agli imprenditori privati.

Con la circolare n. 114/1999 l'attribuzione espressa della personalità giuridica, in precedenza non posseduta, è stata considerata come elemento caratterizzante delle aziende speciali che, ponendo in risalto l'autonomia gestionale, ha consentito il superamento delle interpretazioni che negavano alle stesse il possesso dello status di vero ente pubblico, proprio per la carenza del requisito della personalità giuridica.

Con la predetta circolare l’Istituto, recependo l’orientamento giurisprudenziale per cui le aziende speciali devono essere equiparate agli enti pubblici economici[3], ha affermato che “la permanenza delle suddette aziende nell'area pubblicistica deve coordinarsi con le particolarità che caratterizzano la natura giuridica dell'ente pubblico economico, come punto di arrivo di un processo mirato ad evidenziare la sostanziale imprenditorialità dell'azione svolta dagli enti in oggetto”.

Nello stesso solco si colloca la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la quale, nel ribadire la natura pubblicistica delle aziende speciali e allo stesso tempo come essa operi sul mercato con le regole e alla stregua dei privati imprenditori, ha evidenziato che, sebbene la personalità giuridica non trasformi l’azienda speciale in un soggetto privato, la configura altresì come nuovo centro di imputazione di rapporti giuridici, distinto dall’ente locale e con propria autonomia decisionale, giungendo così ad affermare che “l’azienda speciale ha natura di ente pubblico economico, strumentale, con autonomia imprenditoriale e, come tutti gli enti economici, con copertura dei costi corrispondente alla remunerazione dei fattori della produzione impiegati[4].

In questa prospettiva, il regime fiscale applicato - proprio delle aziende private - e la disciplina di diritto privato per quanto attiene al profilo dell’impresa e ai rapporti di lavoro dei dipendenti, inducono a ritenere prevalenti gli aspetti legati alle modalità di organizzazione in forma imprenditoriale dell’azienda speciale di cui all’articolo 114, comma 1, del D.lgs n. 267/2000. Inoltre, i contratti di lavoro applicati, in genere, non sono quelli propri del settore pubblico, ma afferiscono al settore merceologico di appartenenza, a seconda del fine d’istituto perseguito dall’ente strumentale.

Pertanto, l’azienda speciale si configura quale soggetto giuridico ibrido, caratterizzato dall’evidente compresenza e dalla reciproca interazione di elementi pubblicistici da un lato e pienamente privatistici dall’altro; in particolare, “dalla coesistenza della stretta funzionalizzazione agli scopi dell’ente locale, attuata però in forme indirette o di controllo generale e mai con immediato intervento sulle scelte di politica economica ed imprenditoriale e meno che mai sui singoli atti di gestione di questa, con l’autonomia derivante non solo dall’evidente alterità soggettiva rispetto all’ente locale, ma soprattutto dalla libertà di quelle scelte, propria di ogni imprenditore in quanto tale” (cfr. la richiamata Cass., Sez. Un., sentenza n. 20684/2018).

Sul versante dell’attività svolta, peraltro, l’azienda speciale è destinata alla produzione di beni e attività - queste potendo verosimilmente ricondursi alla nozione di “servizi” di cui alla classica definizione del codice dell’imprenditore - con criteri di efficacia, efficienza ed economicità gestionale, con obbligo di pareggio del bilancio (cfr. l’art. 114, comma 4, del TUEL). Ne consegue che, sebbene l’azienda speciale rimanga saldamente collegata con la funzionalizzazione delle scelte generali di politica imprenditoriale e gli altri strumenti di ingerenza e controllo previsti dal suo Statuto in favore dell’ente locale di riferimento, essa espleta un’attività imprenditoriale in senso proprio per il fatto che l’oggetto di quest’ultima consiste appunto nella produzione di beni e attività con rilevanza imprenditoriale ed economica.

Pertanto, è la natura imprenditoriale ed economica dell’attività istituzionalmente svolta a connotare l’individuazione degli obblighi contributivi generalmente applicabili alle aziende speciali costituite ai sensi dell’articolo 114, comma 1, del TUEL, e a comportare la qualificazione di ente pubblico economico, come tale, non ascrivibile nel novero delle pubbliche Amministrazioni in senso stretto di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sentenza n. 641/2012; Corte di Cassazione, sentenze n. 15661/2006, n. 14101/2006, n. 18015/2002 e n. 10968/2001).

Inoltre, si rileva, con riguardo agli incentivi all’occupazione che il Legislatore ha introdotto nel tempo in favore dei datori di lavoro privati, che l’Istituto ha riconosciuto come beneficiari dei medesimi gli enti pubblici economici; pertanto, anche alle aziende speciali di cui all’articolo 114, comma 1, del D.lgs n. 267/2000, costituite anche in consorzio, in quanto svolgenti un’attività assimilabile a quella degli imprenditori privati, è stato riconosciuto il diritto a fruire di detti benefici. Sul punto, a titolo esemplificativo, si rammenta, come le aziende speciali siano state, da ultimo, ammesse alla fruizione dei benefici per l’assunzione di giovani di cui all’articolo 1, comma 100, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (cfr. le circolari n. 40/2018 e n. 57/2020), nonché dei benefici sperimentali previsti per il biennio 2021-2022 per l’assunzione di donne svantaggiate (cfr. la circolare n. 32/2021), prorogati per l’anno 2023 (cfr. la circolare n. 58/2023), e di giovani under 36 (cfr. la circolare n. 56/2021), prorogati per l’anno 2023 (cfr. la circolare n. 57/2023). Infine, le aziende speciali, come espressamente chiarito dalla circolare n. 104/2019, sono ammesse alla fruizione dell’incentivo per l’assunzione di beneficiari del Reddito di cittadinanza, ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.

Ciò premesso, nell’ambito dell’attività dell’Istituto finalizzata all’assestamento e al consolidamento degli obblighi contributivi afferenti a soggetti contribuenti con personalità giuridica di diritto pubblico non riconducibili al novero delle Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001, è stata effettuata un’analisi relativa all’assetto delle tutele relative alle assicurazioni sociali minori dei lavoratori dipendenti delle aziende speciali di cui all’articolo 114, comma 1, del D.lgs n. 267/2000, tenendo conto delle disposizioni normative emanate nel tempo, della prassi amministrativa adottata, nonché degli orientamenti amministrativi e giurisprudenziali intervenuti in materia.

2. Assetto delle contribuzioni minori dovute

Gli obblighi contributivi minori che sussistono in capo alle aziende speciali non trasformate in società di capitali si determinano sulla base delle norme che disciplinano le contribuzioni di finanziamento delle assicurazioni non pensionistiche (disoccupazione, malattia e maternità, etc.).

Sulla base di tali norme, di seguito si illustra l’assetto delle contribuzioni di finanziamento delle assicurazioni minori dovute per il personale dipendente delle aziende speciali.

a) Malattia

Alle aziende speciali si applicano le disposizioni che nell’ordinamento vigente regolano l’assicurazione economica di malattia.

In particolare, l’articolo 20, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha stabilito che le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto hanno l’obbligo del versamento dei contributi per maternità e malattia secondo la vigente normativa a decorrere dal 1° gennaio 2009. Sulla base della predetta norma, anche gli enti pubblici economici - posto che i medesimi svolgano in via principale o esclusiva un’attività economica di cui all’articolo 2082 c.c., essendo dotati di autonomia imprenditoriale, gestionale, patrimoniale e contabile - sono tenuti a versare la contribuzione di malattia e di maternità[5].

Inoltre, si rileva che con il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è stato inserito il comma 1-bis al medesimo articolo 20 del decreto-legge n. 112/2008, con il quale è stato definitivamente stabilito che, a partire dal 1° maggio 2011,i datori di lavorosono comunque tenuti al versamento della contribuzione di finanziamento dell’indennità economica di malattia in base all’articolo 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per le categorie di lavoratori cui la suddetta assicurazione è applicabile ai sensi della normativa vigente (ad esempio, operai dell’industria).

Pertanto, a partire dal 1° maggio 2011, sulla base delle citate disposizioni, l’obbligo contributivo per il finanziamento della predetta assicurazione concerne anche i datori di lavoro che occupano lavoratori subordinati aventi diritto all’indennità e che corrispondono, sulla base di un obbligo assunto contrattualmente, un trattamento economico sostitutivo della predetta indennità (cfr. la circolare n. 122/2011)[6].

Dette disposizioni valgono anche per gli enti pubblici economici e per le aziende speciali limitatamente alle categorie di lavoratori per i quali l’indennità è dovuta per legge.

b) Maternità

In materia di maternità si applicano le disposizioni vigenti che regolano l’assicurazione economica di maternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (c.d. “Testo unico della maternità e della paternità”).

Il suddetto Testo unico stabilisce, avendo unicamente a riferimento le lavoratrici e i lavoratori delle “pubbliche amministrazioni”, che in luogo delle indennità (da erogare in forza della sussistenza dell’assicurazione economica di maternità), durante i riposi e i permessi spettano, a carico delle amministrazioni datoriali, i trattamenti economici previsti, ai sensi della legislazione vigente, da disposizioni normative e contrattuali (cfr. l’articolo 2, comma 2, e l’articolo 57, del Testo unico). Si precisa che il novero dei soggetti giuridici da ricondurre alle “pubbliche amministrazioni” è da individuare assumendo a riferimento la nozione e l’elencazione recati dall’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001.

In coerenza con le citate disposizioni, dunque, e in applicazione dei principi generali che regolano il rapporto assicurativo assistenziale, il legislatore ha previsto, all’articolo 79 del predetto D.lgs n. 151/2001, il concorso al finanziamento dell’onere derivante dall’erogazione delle prestazioni economiche di maternità (congedo di maternità/paternità, congedo parentale e riposi giornalieri per “allattamento”, etc.) alle lavoratrici e ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato privato mediante il versamento, da parte dei datori di lavoro, di un’apposita contribuzione[7].

Si evidenzia in proposito che, al fine di armonizzare gli obblighi contributivi di soggetti giuridici svolgenti attività di impresa, ancorché connotati da profili pubblicistici (e non rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001), con quelli previsti per la generalità dei datori di lavoro privati, il legislatore, con il già citato articolo 20, comma 2, del decreto-legge n. 112/2008, ha stabilito che le imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto hanno l’obbligo del versamento dei contributi per maternità e malattia secondo la vigente normativa a decorrere dal 1° gennaio 2009. Dette disposizioni valgono anche per gli enti pubblici economici e per le aziende speciali[8].

c) ex CUAF

Con riguardo agli assegni per il nucleo familiare si ricorda che, a norma dell’articolo 79 del D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 (TUAF), le disposizioni del medesimo decreto non si applicano al personale degli enti pubblici il cui trattamento di famiglia sia disciplinato per legge, regolamento o atto amministrativo. Pertanto, nei confronti delle aziende speciali non sussiste l’obbligo contributivo sempreché, in virtù di quanto previsto dalla citata disposizione, le medesime aziende garantiscano un trattamento per carichi di famiglia non inferiore a quello previsto dalla disciplina vigente in materia di Assegni al nucleo familiare (ANF).

Fanno eccezione le aziende speciali riconducibili alle aziende ex municipalizzate di cui all’articolo 33, comma 3, del TUAF, tenute al versamento del contributo di finanziamento degli assegni per il nucleo familiare (cfr. la circolare n. 227/1999).

d) Fondo di Garanzia

Tenuto conto che i rapporti di lavoro dipendente sono soggetti all’applicazione dell’articolo 2120 c.c. per il trattamento di fine rapporto, per le aziende speciali sussiste l’obbligo di versare la contribuzione afferente al finanziamento del “Fondo di Garanzia per il trattamento di fine rapporto” di cui all’articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297.

e) Fondo di Tesoreria

Per il personale assunto con contratto di lavoro subordinato e che matura il trattamento di fine rapporto secondo la disciplina dell’articolo 2120 c.c., le aziende speciali sono tenute al versamento del contributo dovuto al “Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile”, c.d. Fondo di Tesoreria, istituito dall’articolo 1, commi 755 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e disciplinato dalle disposizioni contenute nei decreti di attuazione, adottati dal Ministro del Lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, il 30 gennaio 2007, sempreché sussistano gli ulteriori requisiti previsti dalle norme istitutive del Fondo di Tesoreria (ad esempio, il limite dimensionale, etc.).

Si ricorda che le necessarie indicazioni al fine dell’individuazione dei datori di lavoro tenuti al versamento delle quote di TFR al predetto Fondo di Tesoreria e le istruzioni e i chiarimenti in ordine all’assolvimento dell’obbligo di versamento sono stati forniti con la circolare n. 70/2007.

Pertanto, le aziende speciali in argomento – ove rilevino la sussistenza del relativo obbligo contributivo – dovranno provvedere ad inoltrare alle Strutture territorialmente competenti dell’Istituto la richiesta di attribuzione del codice di autorizzazione “1R” sulla matricola a esse assegnata.

f) NASpI

I lavoratori dipendenti delle aziende speciali rientrano nel campo di applicazione della Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI), disciplinata dal D.lgs 4 marzo 2015, n. 22.

Ne consegue che per tale personale è dovuta la relativa contribuzione di finanziamento (contributo ordinario, contributo addizionale per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, incremento del contributo addizionale nei casi di rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato, contributo in caso di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato), secondo la disciplina recata dall’articolo 2, commi da 25 a 36, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni (cfr. le circolari n. 140/2012, n. 44/2013, n. 121/2019, n. 40/2020 e n. 137/2021).

È altresì dovuto il contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, destinabile al finanziamento dei fondi interprofessionali per la formazione continua, introdotto dall’articolo 25, comma 4, della legge 21 dicembre 1978, n. 845 (cfr. il paragrafo 3 della circolare n. 140/2012).

g) Fondo di integrazione salariale

Ai sensi dell’articolo 29 del D.lgs 14 settembre 2015, n. 148 – come modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2022, dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234 (di seguito, anche legge di Bilancio 2022) - le aziende speciali di cui all’articolo 114, comma 1, del TUEL, in quanto datori di lavoro non ricompresi nella platea dei soggetti destinatari dei trattamenti ordinari di integrazione salariale, né annoverati tra i beneficiari delle tutele previste dai Fondi di solidarietà di cui agli articoli 26, 27 e 40 del medesimo decreto legislativo, rientrano, a prescindere dal requisito dimensionale, nell’ambito di applicazione del Fondo di integrazione salariale (FIS) di cui al D.I. 3 febbraio 2016, n. 94343, come adeguato dal D.I. del 21 luglio 2022 (cfr. le circolari n. 176/2016 e n. 76/2022, nonché il messaggio n. 2637/2022). Pertanto, detti datori di lavoro, sono assoggettati all’obbligo di versamento della contribuzione ordinaria al FIS.

Ciò premesso, nel rinviare alla circolare n. 176/2016 per quanto attiene agli obblighi contributivi sussistenti in capo ai datori di lavoro rientranti nell’ambito di applicazione del FIS per i periodi fino al 31 gennaio 2021, si fa presente quanto segue per i periodi di paga dal 1° gennaio 2022.

A decorrere dalla predetta data del 1° gennaio 2022, per le aziende speciali che, nel semestre precedente, abbiano occupato mediamente fino a cinque dipendenti, il contributo di finanziamento è pari allo 0,50 per cento (di cui 2/3 a carico del datore di lavoro e 1/3 a carico del lavoratore) delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali di tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti con contratto di qualsiasi tipologia e i lavoratori a domicilio; sono esclusi, viceversa, i dirigenti. Si segnala che, per i datori di lavoro con più di cinque dipendenti, l’aliquota contributiva è pari allo 0,80 per cento.

h) Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS)

La legge di Bilancio 2022 ha introdotto all’articolo 20 del D.lgs n. 148/2015 il comma 3-bis, il quale prevede che: “Per i trattamenti di integrazione salariale relativi a periodi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa decorrenti dal 1° gennaio 2022, la disciplina in materia di intervento straordinario di integrazione salariale e i relativi obblighi contributivi trovano applicazione in relazione ai datori di lavoro non coperti dai fondi di cui agli articoli 26, 27 e 40 e che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti, per le causali di cui all'articolo 21, comma 1”.

Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2022, i datori di lavoro che, nel semestre di riferimento, abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti sono tenuti al relativo obbligo contributivo, pari allo 0,90 per cento dell’imponibile contributivo (cfr. la circolare n. 76/2022).

Si riporta di seguito una tabella riassuntiva degli obblighi contributivi.

Tabella aliquote contributive

Assicurazione

Aliquota

NASpI (contribuzione ordinaria)

1,31%

NASpI (contribuzione Art. 25, L. n. 845/1978)

0,30%

Fondo di Garanzia TFR

0,20% (0,40% per i dirigenti industria)

Maternità

industria: 0,46%

terziario: 0,24%

Malattia

industria (solo operai): 2,22%

terziario: 2,44%

Ex CUAF*

-------

FIS - Datori di lavoro fino a 5 dipendenti

(di cui 0,17% a carico del dipendente)

0,50%

FIS - oltre 5 dipendenti

(di cui 0,27% a carico del dipendente)

0,80%

CIGS 0,90%

3. Classificazione ai fini previdenziali e assistenziali. Adempimenti delle Strutture territoriali

Al fine di una classificazione uniforme delle aziende speciali di cui all’articolo 114, comma 1, del D.lgs n. 267/2000, vengono istituiti i nuovi c.s.c. “20202” e “20203”, aventi rispettivamente la seguente declinazione:

c.s.c. 20202

Settore: 2 = Enti pubblici

Classe: 02 = Enti pubblici economici

Categoria: 02 = Aziende speciali ex art. 114, comma 1, D. Lgs. 267/2000 esercenti attività di servizi

c.s.c. 20203

Settore: 2 = Enti pubblici

Classe: 02 = Enti pubblici economici

Categoria: 03 = Aziende speciali ex art. 114, comma 1, D. Lgs. 267/2000 esercenti attività di natura industriale

Come precisato nel paragrafo 2 della presente circolare, gli obblighi contributivi minori illustrati sono quelli sussistenti in capo alle aziende speciali non trasformate in società di capitali.

Pertanto, la nuova classificazione non riguarda le aziende speciali trasformate in società di capitali, le quali, come per la generalità delle aziende, sono classificate in base all’attività effettivamente svolta, ai sensi dell’articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88.

Alle posizioni contributive aziendali relative alle suddette aziende speciali non trasformate in società di capitali devono essere attribuiti: il codice di autorizzazione (c.a.) “0V” (in quanto aziende non rientranti nell’art. 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001); il c.a. “0J” (in quanto aziende rientranti nell'ambito di applicazione del Fondo di integrazione salariale - FIS); il c.a. “6N” aziende che hanno in forza lavoratori per i quali è esclusa la contribuzione IVS al FPLD; nonché ogni altro codice di autorizzazione che dovesse risultare necessario in ragione di quanto disposto nel corpo della presente circolare.

Con esclusivo riferimento alle aziende ex municipalizzate di cui all’articolo 33, comma 3, del TUAF, tenute al versamento del contributo di finanziamento degli assegni per il nucleo familiare, deve essere attribuito il c.a. “7R”.

Si richiama l’attenzione degli operatori di Sede in merito alla necessità di attribuire il c.a. “1D” alle aziende classificate con c.s.c. 2.02.03 qualora siano a capitale interamente pubblico e, pertanto, escluse dall’obbligo contributivo CIGS ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 12 agosto 1947, n. 869; si rammenta che il c.a. “1D” deve essere attribuito altresì alle aziende speciali a capitale interamente pubblico e che, a causa della trasformazione in società di capitali, siano state classificate nel settore industria (cfr. la circolare n. 76/2022).

Al fine della corretta compilazione del flusso Uniemens si rammenta che, in via generale, i datori di lavoro interessati devono utilizzare i seguenti :

uguale a “61” per l’esposizione dei dipendenti per i quali è dovuta la contribuzione IVS al FPLD;

uguale a “00” per l’esposizione dei dipendenti per i quali è dovuta la contribuzione IVS a un Fondo diverso dal FPLD;

uguale a “71” per l’esposizione dei dipendenti per i quali è dovuta la contribuzione IVS a un Fondo diverso dal FPLD e per i quali è escluso il contributo al Fondo di garanzia.

Le caratteristiche contributive delle matricole già aperte nei confronti dei soggetti datoriali in argomento sono adeguate dall’Istituto, a cura delle Strutture territoriali competenti, in base alle indicazioni contenute nella presente circolare; gli interventi di adeguamento, ai sensi dell'articolo 3, comma 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335, produrranno effetti dal mese successivo alla pubblicazione della presente circolare.

Il Direttore Generale
Vincenzo Caridi


[1] Cfr. Corte di Cassazione, Sez. Un., n. 14101/2006, n. 96/2001 e n. 12654/1997; Consiglio di Stato, sentenza n. 712/2012; TAR Lazio, sentenza. n. 931/2011.

[2] Il testo unico del 2000 ha fondamentalmente rimodulato la relativa disciplina, dedicandovi gli articoli 112 e seguenti, recependone nella sostanza la precedente normazione, sia pure ampliando la gamma delle forme di gestione e regolando espressamente l’azienda speciale all’articolo 114, comma 1, del D.lgs n. 267/2000.

[3] Cfr. Cass., Sez. Un., n. 5085/1997, nella quale si afferma che dopo le “innovazioni radicali apportate dalla legge 8 giugno 1990, n. 142”, “le aziende non si presentano più come organi-imprese del Comune”e“devono equipararsi agli enti pubblici economici”, e che “al pari degli enti pubblici economici, le aziende municipalizzate devono poter intervenire nella vita economica in posizione analoga a quella, in cui si trovano le imprese private similari e, quindi, devono poter assumere le decisioni e concludere i conseguenti negozi con la rapidità e la elasticità, con cui queste imprese agiscono”. Nello stesso senso, cfr. Cass., Sez. Un., n. 12654/1997 (ripresa da Corte dei Conti, sez. aut., n. 2/2014), che ha affermato che “il passaggio dall’azienda municipalizzata all’azienda speciale, […] non è un evento neutrale ai fini ricostruttivi, in quanto l’art. 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142, conferendo all’azienda speciale la personalità giuridica e informandone l’attività a criteri di economicità, da un lato, rappresenta “evoluzione e perfezionamento della precedente disciplina come espressione di una tendenza alla privatizzazione dei servizi ovvero all’adozione dei metodi tipici dell’imprenditorialità privata”, dall’altro, rimarca la connotazione dell’azienda speciale quale ente pubblico economico, giungendo ad accostarla, “nell’organizzazione ad impresa e nella funzione, alla società per azioni, da cui differisce essenzialmente nella componente soggettiva”; la Suprema Corte ribadisce, peraltro, come non si ponga come fatto ostativo al connotato della “imprenditorialità” la previsione del trasferimento dall’ente locale di riferimento finalizzato alla copertura di eventuali “costi sociali”.

[4]Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 4586/2001.

[5] Sull’applicabilità della citata norma agli enti pubblici economici, si rinvia all’interpello del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 12 del 2 aprile 2010. In linea con tali precisazioni ministeriali, la giurisprudenza della Suprema Corte ha precisato come il testo della disposizione di cui all’articolo 20, comma 2, del decreto-legge n. 112/2008, debba essere “inteso in senso a-tecnico ed omnicomprensivo di tutti gli enti che svolgono attività di impresa a partecipazione pubblica (di qualsiasi tipo)” e, pertanto, si riferisca anche agli enti pubblici economici, che perseguono, sia pure con forme privatistiche, finalità di interesse collettivo (cfr., tra le altre, Cass. civ., sentenze n. 2756/2014, n. 5429/2019, n. 27344/2019 e n. 6300/2020).

[6] Si evidenzia, a tale riguardo, la rilevanza di altre disposizioni contenute nel citato decreto-legge n. 112/2008, dettate dal legislatore al fine di “promuovere lo sviluppo economico, semplificare e razionalizzare l’organizzazione amministrativa” e di semplificare i rapporti di lavoro, “onde determinare effetti positivi in termini di crescita economica e sociale”. In particolare, all’articolo 71 viene individuata espressamente, nelle pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001, la platea dei datori di lavoro esclusi dalla disciplina generale in materia di obbligo contributivo relativo all’indennità economica di malattia in quanto tenuti ex lege a corrispondere il trattamento economico fondamentale durante l’evento.

[7] In materia di assicurazione di maternità, si ricorda il sopravvenuto orientamento giurisprudenziale in forza del quale detta assicurazione - ancorché l'indennità di maternità venga corrisposta, per legge, secondo le modalità e i criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni assicurative di malattia - gode di una propria disciplina autonoma. L'assimilazione all’assicurazione di malattia, infatti, si fonda esclusivamente sul rinvio alle modalità di erogazione della indennità, mentre essa non deve operare nell’ambito del diverso rapporto contributivo tra datori di lavoro e INPS (cfr. Cass. civ. n. 15394/2017).

[8] Cfr. la nota 5.

* Si ricorda che ai sensi dell’articolo 79 del TUAF sono escluse dall’obbligo contributivo ex CUAF gli enti pubblici che garantiscono un trattamento per carichi di famiglia non inferiore a quello previsto dalla disciplina vigente in materia di ANF. In ogni caso, resta ferma la sussistenza dell’obbligo contributivo per le aziende speciali ex municipalizzate (cfr. la circolare n. 227/1999).

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