Quesito su: Fondi in sospensione d’imposta
Risoluzione Agenzia Entrate n. 1 del 11.01.2001
Con istanza del 31 agosto 2000 la Società X S.p.A., ha posto un quesito riguardante la corretta interpretazione dell’articolo 123, quarto comma, ultimo periodo, del TUIR, secondo il quale i fondi in sospensione d’imposta imputati, anteriormente alla fusione, al capitale della società incorporata, si intendono trasferiti nel capitale della società incorporante e concorrono a formare il reddito in caso di riduzione del capitale per esuberanza.
Al riguardo rileva che nel corso del 1997 la società X ha incorporato la società Y S.p.A., di cui deteneva l’intera partecipazione. Prima della fusione il capitale sociale della incorporata era stato aumentato per un importo di …. miliardi di lire mediante imputazione della riserva di rivalutazione per conguaglio monetario, iscritta ai sensi della legge 19 marzo 1983, n. 72. L’incorporazione ha dato luogo ad un disavanzo da annullamento.
Ciò posto, si pone la necessità per l’istante di convertire in EURO il capitale sociale e successivamente di arrotondare all’unità il valore nominale unitario dell’azione, attualmente pari a lire mille. Per ottenere un valore unitario pari a 1 EURO è possibile procedere alla conversione attraverso due metodi alternativi.
Il primo prevede il raggruppamento mediante la sostituzione di ogni lotto da 25 azioni del valore unitario di 0.52 EURO con 13 nuove azioni del valore nominale di 1 EURO ciascuna. In tale ipotesi sorgerebbero problemi per i possessori (tra cui il Ministero del Tesoro) di un numero complessivo di azioni che non sia multiplo di 25.
Il secondo metodo prevede la riduzione del valore nominale delle azioni da raggruppare a 0,50 EURO ed il successivo raggruppamento mediante sostituzione di una nuova azione da 1 EURO per ogni due azioni da 0,50 EURO. In tal caso sarebbe necessario procedere ad una riduzione del capitale sociale per un importo pari a circa 255 miliardi di lire, in contropartita della riserva legale.
Tanto premesso, la società istante chiede di conoscere se dalle disposizioni del quarto comma dell’art. 123 del TUIR possano derivare recuperi a tassazione, per effetto della riduzione del capitale sociale, conseguente al raggruppamento delle azioni post-conversione in EURO del capitale stesso.
Interpretazione
L’art. 123, comma 4, del TUIR, detta la disciplina dei fondi in sospensione d’imposta "iscritti" nel patrimonio della società fusa o incorporata. Tali fondi devono essere ricostituiti nel patrimonio della società risultante dalla fusione o incorporante, salvo essere sottoposti a tassazione in caso di mancata ricostituzione. Ciò al fine di evitare che, per effetto della fusione, venga a risolversi lo stato di sospensione d’imposta cui tali voci patrimoniali sono vincolate.
Ai sensi dello stesso art. 123, tale regola non si applica in presenza di fondi - quali i saldi attivi di rivalutazione monetaria - tassabili solo in caso di distribuzione, "i quali, se e nel limite in cui vi sia avanzo di fusione o aumento di capitale per ammontare complessivo superiore al capitale complessivo delle società partecipanti alla fusione al netto delle quote del capitale di ciascuna di esse già possedute dalla stessa o da altre, concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante in caso di distribuzione dell’avanzo o di riduzione del capitale per esuberanza".
In tal caso, la norma stabilisce che lo stato di sospensione si trasferisce sull’avanzo di fusione in quanto esistente e/o sull’eccedenza di aumento di capitale sociale della società incorporante o risultante dalla fusione, qualora esso risulti superiore rispetto all’ammontare complessivo del capitale delle società incorporate o fuse; in tal modo la sospensione d’imposta si trasferisce sulle poste patrimoniali iscritte per effetto della trasformazione dei fondi preesistenti. Viceversa, qualora risultino annullate totalmente o parzialmente - e dunque non più distribuibili - le riserve patrimoniali provenienti dalla incorporata, vengono meno le finalità proprie del regime di sospensione, previsto come presidio contro la monetizzazione in favore dei soci delle agevolazioni riconosciute alla società a fronte - ad esempio - dei maggiori valori fiscali dei beni rivalutati.
In senso conforme, il parere rimesso dalla Commissione dei Trenta in sede referente, per cui doveva essere confermata " la neutralità della fusione anche nel caso di scomparsa di riserve o fondi, evento che di per sé è idoneo a scongiurare fenomeni di distribuzione".
E’ l’ipotesi che si verifica quando, in presenza di fusione senza concambio, si origina un disavanzo da annullamento o un avanzo incapiente.
La riunificazione tra i beni di primo grado della incorporata (il cui saldo contabile trova evidenza nel patrimonio netto) e i beni di secondo grado dell’incorporante - ossia la partecipazione da essa detenuta - implica, infatti, la sostituzione (totale o parziale) delle poste patrimoniali della prima per controbilanciare, fino a concorrenza del relativo ammontare, l’annullamento della partecipazione nel bilancio dell’incorporante.
In particolare, l’emersione di un disavanzo da annullamento indicherà che il preesistente patrimonio è stato completamente eliso; laddove l’avanzo misurerà ciò che di esso (e dei fondi in sospensione precedentemente iscritti) ancora residua.
Nel primo caso, il vincolo della sospensione non si perpetua in capo all’incorporante, in quanto alla stessa non sono state trasferite le relative riserve. Esso si trasmetterà, invece, sull’avanzo che è la posta patrimoniale che dà evidenza – in tutto o in parte, e, comunque, nei limiti del loro ammontare - alla persistente presenza degli originari fondi sottoposti a sospensione.
Il trasferimento dell’obbligo si verifica, altresì, nelle fusioni con concambio, nelle quali l’intero patrimonio netto delle società fuse o incorporate transita nella società risultante dalla fusione o incorporante.
Infatti, tale patrimonio netto non deve essere decurtato in contropartita del costo della partecipazione e la stessa emersione di un disavanzo da concambio trae origine da un’eccedenza di aumento di capitale della società incorporante o risultante dalla fusione rispetto al preesistente capitale delle incorporate o fuse. In tali operazioni, pertanto, il vincolo della sospensione si perpetuerà o sull’avanzo o sul capitale sociale o in parte sull’uno e in parte sull’altro.
In particolare, il vincolo graverà interamente sull’avanzo se esso è pari o superiore ai precedenti fondi. Graverà parzialmente o totalmente sul capitale sociale in presenza di avanzo incapiente o di disavanzo da concambio.
In definitiva, la ratio del secondo periodo del quarto comma dell’art. 123 del TUIR si sostanzia nella previsione per cui, in presenza di fondi assoggettati a più moderato regime di sospensione – in quanto concorrenti alla formazione del reddito solo in caso di distribuzione - essi non devono essere ricostituiti, ma il vincolo della sospensione si trasferisce alle poste del patrimonio provenienti dal bilancio delle incorporate o fuse a quello della incorporante o della società che risulta dalla fusione. Esso dunque non si perpetua in presenza di disavanzo da annullamento o si perpetua in misura inferiore in ipotesi di avanzo incapiente da annullamento solo perchè, in tali fattispecie, le preesistenti riserve vincolate non sono più distribuibili, essendo state totalmente o parzialmente annullate.
Tanto premesso, diventa agevole interpretare il disposto dell’ultimo periodo dell’art. 123, comma 4, secondo cui i fondi in sospensione, "che anteriormente alla fusione sono stati imputati al capitale delle società fuse o incorporate si intendono trasferiti nel capitale della società risultante dalla fusione o incorporante e concorrono a formarne il reddito in caso di riduzione del capitale per esuberanza."
Si tratta, in tutta evidenza, di una norma introdotta con funzioni di "chiusura" del sistema, in quanto volta ad assicurare che le disposizioni previste per i fondi di cui trattasi si rendano "ovviamente" applicabili - sottolineava la relazione ministeriale all’art. 123 del TUIR – "anche per l’ipotesi che il fondo, prima della fusione, sia stato imputato al capitale della società fusa o incorporata". Diversamente, l’intera disciplina verrebbe facilmente aggirata.
In tal senso, essa non reca innovazione né deroga alle regole sopra enunciate, ma mira unicamente a garantirne l’osservanza, attribuendo piena neutralità a qualsiasi pregressa operazione sul capitale.
Ne discende che il vincolo della sospensione, latente nel capitale della incorporata o fusa, si trasferirà interamente sul capitale della incorporante, tranne nelle ipotesi in cui lo stesso non si sarebbe comunque (in tutto o in parte) perpetuato, come nelle fusioni che evidenziano un disavanzo da annullamento o un avanzo incapiente. Ciò in quanto è del tutto indifferente che il fondo continui ad avere separata evidenza, ovvero sia parte integrante del capitale della società incorporata o fusa, come risulta dall’esempio riportato nell’allegata scheda tecnica.
In definitiva, la scrivente ritiene che dall’interpretazione logico-sistematica della norma si evince l’irrilevanza fiscale della prospettata riduzione di capitale, tenuto conto che i fondi imputati a capitale dalla incorporata erano tassabili solo in caso di distribuzione e che dalla fusione è emerso un disavanzo da annullamento.
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