Richiesta parere su istanza di rimborso ex articolo 38 del DPR 29 settembre 1973, n. 602 - Danno all'immagine - Articolo 6, comma 2, del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR)
Risoluzione Agenzia Entrate n. 106 del 22.04.2009
Con nota n. ... del ... 2009, la Direzione Regionale ... ha chiesto chiarimenti in ordine al trattamento fiscale applicabile alle somme corrisposte, a seguito di accordi transattivi, dalle società ALFA e BETA al signor XZ, a titolo di risarcimento per l'anticipata risoluzione dei rapporti di collaborazione intrattenuti.
Il quesito posto dalla Direzione Regionale trae origine da una istanza presentata ai sensi dell'articolo 38 del DPR 29 settembre 1973, n. 602, con la quale il signor XZ ha chiesto il rimborso di parte delle ritenute subite sulle somme percepite a seguito dei predetti accordi transattivi.
L'importo di cui si chiede il rimborso è pari ad euro ....
Nell'istanza di rimborso, il contribuente fa, infatti, presente che una quota degli importi percepiti a seguito degli accordi transattivi costituisce un risarcimento di danni non aventi natura economica e come tali irrilevanti ai fini delle imposte sui redditi, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del DPR 22 dicembre 1986, n. 917.
ESPOSIZIONE DELLA QUESTIONE
L'anticipata risoluzione dei rapporti di collaborazione intrattenuti con le società ALFA e BETA trova la propria origine in un disaccordo sorto tra il signor XZ ed il consiglio di amministrazione delle società in merito ad alcune operazioni societarie.
Tale disaccordo aveva condotto il consiglio di amministrazione della società ALFA a deliberare la revoca per giusta causa delle deleghe affidate al signor XZ. Ad analoghe determinazioni, intendeva giungere anche la società BETA, holding della società ALFA.
Il signor XZ, tuttavia, contestava la giusta causa di revoca invocata dalle società a sostegno delle determinazioni assunte ed avanzava una specifica richiesta di risarcimento del danno.
A seguito di tale contestazione, venivano quindi conclusi due accordi transattivi con le società ALFA e BETA sulla base dei quali il signor XZ riceveva
a) euro ... dalla società ALFA
b) euro ...dalla società BETA.
Entrambe le società hanno ritenuto che gli importi corrisposti dovessero essere ricondotti nella previsione normativa dettata dall'articolo 17, comma 1, lettera c), del TUIR (redditi corrisposti in occasione della risoluzione di rapporti di collaborazione) ed hanno, quindi, provveduto ad assoggettare le somme erogate alla ritenuta d'acconto del 20%, come disposto dall'articolo 25, comma 1, del DPR 29 settembre 1973, n. 600.
Più precisamente, le società eroganti hanno operato ritenute d'acconto pari ad euro ... (ALFA) e ... (BETA).
I redditi corrisposti e le ritenute operate risultano indicati nei modelli CUD rilasciati dalle società all'istante.
In relazione alle somme complessivamente ricevute, il contribuente ritiene che non debbano essere assoggettati ad IRPEF, in considerazione della loro natura risarcitoria i seguenti importi:
-euro ... per gli importi corrisposti da ALFA
-euro ... per gli importi corrisposti da BETA.
Le ritenute afferenti a tali importi, oggetto dell'istanza di rimborso in esame, ammontano complessivamente ad euro....
TESI INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE NELL'ISTANZA DI RIMBORSO
Nell'istanza di rimborso si fa presente che la richiesta di risarcimento danni avanzata nei confronti delle società ALFA e BETA trova il proprio fondamento, oltre che nella perdita dei redditi e dei benefit di cui il contribuente istante avrebbe goduto fino alla naturale scadenza della carica, anche nel risarcimento dei danni patrimoniali connessi alla perdita di "immagine" e di "opportunità professionali" derivanti dalla cessazione della carica.
Tale circostanza è stata espressamente precisata negli accordi transattivi conclusi con le predette società che, infatti, chiariscono che il risarcimento corrisposto tiene conto, oltre che dei compensi stabiliti fino alla data di naturale scadenza del rapporto di lavoro intrattenuto, anche del danno ulteriore per la perdita di immagine e di opportunità professionali legate alla anticipata cessazione dell'attività.
Al fine di individuare nell'ambito delle somme complessivamente percepite quelle non riferibili alla perdita di redditi ma ad un mero reintegro patrimoniale, non aventi quindi natura reddituale, il signor XZ si è avvalso di una consulenza tecnico-contabile redatta da una società di revisione.
In esito alle suddetta perizia, risulta che del complessivo importo percepito e risultante dagli accordi intervenuti con le predette società, pari ad euro ... la somma di euro ... deve essere esclusa dall'IRPEF ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del TUIR in quanto corrisposta a titolo di risarcimento patrimoniale diverso ed ulteriore rispetto a quello derivante dalla mancata percezione di emolumenti.
Tali importi, precisa quindi il signor XZ, devono essere ricollegati al danno all'immagine subito per effetto dell'anticipata risoluzione dei rapporti di lavoro, danno che non può essere in alcun modo collegato alla perdita di un reddito.
Il contribuente fa, infatti, presente, che dette somme risarciscono un "danno di natura patrimoniale in quanto il danno non è specificamente riferibile alla perdita di redditi nell'accezione del c.d. lucro cessante (non ci sono, infatti redditi ancora da percepire in quanto mancano proprio i rapporti dai quali potrebbero generarsi, in futuro, redditi imponibili) ma è legato ad una evidente lesione di un interesse di rango costituzionale che tutela la manifestazione della personalità dell'individuo sul luogo di lavoro e dal quale è scaturita senza dubbio una sofferenza, un inevitabile mutamento delle proprie abitudini di vita e di relazione, un deprezzamento della propria immagine esterna sia come individuo che come professionista".
PARERE DELLA DIREZIONE REGIONALE
La direzione regionale, nel richiedere il parere di questa direzione, cita le sentenze della Corte di cassazione rilevanti ai fini della questione in esame e le pronunce di contrario avviso dell'Agenzia delle Entrate, tra cui la risoluzione 356/E del 7 dicembre 2007.
A tal fine, la direzione richiedente evidenzia la peculiarità del caso in esame, in cui si tratta della cessazione di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa che tuttavia per il suo contenuto altamente professionale risulta più assimilabile ad un rapporto di lavoro autonomo piuttosto che subordinato.
PARERE DELLA DIREZIONE CENTRALE
Con riferimento alla disciplina applicabile alle indennità corrisposte a titolo di risarcimento del danno all'immagine, la scrivente si è pronunciata, in particolare, con la risoluzione n. 356/E del 7 dicembre 2007.
La questione esaminata nella citata risoluzione concerneva l'ipotesi di indennità corrisposte, a seguito di sentenza dell'autorità giudiziaria, a titolo di risarcimento per il danno all'immagine subito da un professionista.
Nella citata risoluzione è stato ricordato che ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del TUIR, i proventi conseguiti in sostituzione dei redditi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti.
In applicazione di tale disposizione, devono, quindi, essere ricondotte a tassazione le indennità corrisposte a titolo risarcitorio, sempreché le stesse abbiano una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente; sono in sostanza imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni (lucro cessante) sia presenti che futuri del soggetto che le percepisce. Diversamente, non assumono rilevanza reddituale le indennità risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto, ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (danno emergente).
In considerazione di tali principi e con riferimento specifico alla fattispecie trattata in detta risoluzione, sono state ricondotte nell'ambito dei risarcimenti derivanti da lucro cessante ed assoggettate a tassazione quali redditi di lavoro autonomo le indennità corrisposte ad un professionista al dichiarato titolo di risarcimento del cd. "danno all'immagine", forfetariamente determinate dall'autorità giudiziaria per risarcire, in realtà, una perdita che si sarebbe riflessa direttamente sulla clientela e sull'attività professionale e, quindi, sulla capacità reddituale.
La rilevanza della questione porta a formulare ulteriori considerazioni in merito alla nozione di "danno all'immagine", al fine di delimitarne il contesto e di fornire alcune precisazioni sul trattamento fiscale applicabile alle indennità corrisposte per il risarcimento di tale lesione, tenuto conto degli orientamenti giurisprudenziali consolidatisi nel corso del tempo.
Occorre considerare, infatti, che la definizione del danno all'immagine è priva di referenti normativi diretti ed espliciti cui rinviare ai fini della corretta qualificazione dei risarcimenti eventualmente attribuiti a tale titolo.
In materia la Corte di Cassazione, con sentenza n. 7043 del 13 aprile 2004, ha affermato che il danno all'immagine lede un diritto "la cui integrità trova fondamento nei diritti della persona umana tutelati dall'articolo 2 Cost... inerente alla lesione della reputazione personale - intesa come la valutazione che di un certo soggetto viene fatta nel contesto in cui egli vive. ....La reputazione personale è individuabile nella valutazione che, in base alla sua storia personale, la comunità (locale, nazionale o internazionale) dà di un determinato soggetto (essa si identifica, secondo Cass. Pen. 24 marzo 1995 n. 3247, con il senso della dignità personale in conformità dell'opinione del gruppo sociale secondo il particolare contesto storico).".
Ciò premesso sotto il profilo definitorio, la giurisprudenza (Cassazione, sez. V 3 settembre 2003, n. 12789) ha ritenuto che in tema di imposte sui redditi "i proventi conseguiti in sostituzione di redditi e le indennità conseguite a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti; le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se, e nei limiti in cui, risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi, mentre non costituisce reddito imponibile...ogni risarcimento inteso a riparare un pregiudizio di natura diversa" nella specie "è stata attribuita natura risarcitoria alla somma corrisposta al dipendente per il pregiudizio, costituente danno emergente, all'immagine professionale in conseguenza dell'anticipata risoluzione del rapporto di lavoro, escludendosene, pertanto, l'assoggettabilità ad IRPEF".
Tale principio è stato più volte affermato e da ultimo ribadito nella recente sentenza della Cassazione civ. sez. trib., 30 dicembre 2008, n. 30433, laddove, in merito all'importo corrisposto al dirigente di azienda a seguito di un atto transattivo per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, viene precisato che "tenuto conto che si tratta di un direttore generale di una società di rilevante importanza, un licenziamento in tronco... è indubbio che arrechi alla persona del dirigente apicale, pur non essendo questi titolare di un diritto alla stabilità del posto come un comune dipendente subordinato, un danno che va al di là della semplice perdita di reddito, ma coinvolge anche la reputazione e l'immagine professionale e, come tale, la somma percepita costituisce un ristoro per un danno emergente".
Negli stessi termini si era già espressa la sentenza 23 settembre 2008, n. 28887, con la quale la Corte di Cassazione, ha accolto il ricorso di un contribuente fondato sulla tesi secondo cui la somma liquidata "non è soggetta a imposizione fiscale ai fini IRPEF in quanto non rappresenta alcuna reintegrazione di reddito patrimoniale non percepito ma piuttosto il risarcimento del danno alla professionalità e all'immagine derivato dal demansionamento".
Dall'inquadramento prospettato dalla Cassazione, consegue sul piano fiscale che le somme erogate, che trovino titolo nella necessità di ristorare danni all'immagine propriamente detti, nell'accezione intesa dalla Suprema Corte, devono considerarsi non imponibili.
Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche con riferimento alle ulteriori somme, eventualmente liquidate contestualmente alla liquidazione del danno all'immagine, a titolo di perdita delle cosiddette "chance professionali" ossia connesse "alla privazione della possibilità di sviluppi o progressioni nell'attività lavorativa"; "Posto che la chance è un'entità patrimoniale, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, la sua perdita configura un danno attuale e risarcibile (consistente non in un lucro cessante, bensì nel danno emergente da perdita di possibilità attuale), a condizione che il soggetto che agisce per il risarcimento ne provi, anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni, la sussistenza". (Cass. civ. Sez. III, 21 luglio 2003, n. 11322; Cass. civ. Sez. III, 7 luglio 2006, n. 15522; Cass. civ. Sez. III Sent. 25-05-2007, n. 12243).
Nel ribadire come la perdita di chance, quale elemento di danno emergente che non assume rilevanza ai fini fiscali, debba poter essere concretamente provato dal contribuente, la Corte di cassazione (Cass. civ. Sez. Unite, 24-03-2006, n. 6572) ha puntualmente chiarito che il risarcimento "non può essere riconosciuto, in concreto, se non in presenza di adeguata allegazione, ad esempio deducendo l'esercizio di una attività (di qualunque tipo) soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all'esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo.
Nella stessa logica anche della perdita di chance, ovvero delle ulteriori potenzialità occupazionali o di ulteriori possibilità di guadagno, va data prova in concreto, indicando, nella specifica fattispecie, quali aspettative, che sarebbero state conseguibili in caso di regolare svolgimento del rapporto, siano state frustrate dal demansionamento o dalla forzata inattività. In mancanza di detti elementi, da allegare necessariamente ad opera dell'interessato, sarebbe difficile individuare un danno alla professionalità, perché - fermo l'inadempimento - l'interesse del lavoratore può ben esaurirsi, senza effetti pregiudizievoli, nella corresponsione del trattamento retributivo quale controprestazione dell'impegno assunto di svolgere l'attività che gli viene richiesta dal datore"
Da ciò deriva che le somme liquidate a titolo di perdita di chance professionali possono essere correttamente qualificate alla stregua di risarcimenti di danno emergente solo ove l'interessato abbia fornito - in conformità alle indicazioni della Suprema Corte - prova concreta dell'esistenza e dell'ammontare di tale danno.
L'anzidetto principio si riflette anche sul piano fiscale, poiché in assenza di tale prova torna applicabile il principio più volte affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui "alla somma versata dal datore di lavoro in base ad una definizione transattiva della controversia, che tenga ferma la cessazione del rapporto, deve essere presuntivamente attribuita, al di là delle qualificazioni formalmente adottate dalle parti, la natura di ristoro della perdita di retribuzioni che la prosecuzione del rapporto avrebbe implicato, e quindi il risarcimento di un danno qualificabile come lucro cessante...di guisa che alla distinta causale del relativo esborso deve corrispondere un'adeguata prova il cui onere spetta al contribuente" (Cass. 12 gennaio 2009, n. 360; Cass. 14167/2003; Cass. 4099/2000).
Tali principi devono essere applicati anche con riferimento alla richiesta di rimborso inoltrata dal signor XZ al competente Ufficio dell'Agenzia delle entrate, relativa alle ritenute subite sulle somme complessivamente percepite a titolo di danno all'immagine e perdita di opportunità professionali.
Premesso che la verifica in concreto della natura delle somme erogate, anche alla luce dell'onere probatorio assolto dalle parti, implica un giudizio di fatto di competenza del predetto Ufficio, si fa presente che, nell'ambito delle somme complessivamente attribuite al soggetto istante a titolo di danno ulteriore per la perdita di immagine e di opportunità professionali, occorre individuare la parte dell'indennità specificamente riferibile alla presunta perdita.
In assenza di specifici elementi di prova risultanti dagli atti transattivi conclusi, tale individuazione deve essere effettuata sulla base di ogni utile elemento fornito dal contribuente interessato dal quale possa desumersi quale parte dell'indennità percepita sia diretta a risarcire il danno emergente subito per effetto della cessazione della carica, consistente nella perdita di immagine e di opportunità professionali.
Le Direzioni Regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente risoluzione vengano applicati con uniformità.
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