Interpello /2002 - art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. XZ S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA Gruppo di società in amministrazione straordinaria - Dichiarazioni di cui all'art. 5 del DPR n. 322 del 1998 presentate nel corso della procedura concorsuale - Credito emergente per imposte pagate all'estero a titolo definitivo - Inammissibilità del suo utilizzo in compensazione ai sensi dell'art. 17 del dlgs n. 241 del 1997
Risoluzione Agenzia Entrate n. 115 del 12.04.2002
Con istanza d'interpello, presentata ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, concernente l'esatta interpretazione dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, la XZ Spa in Amministrazione Straordinaria ha esposto il seguente
QUESITO
La società istante, insieme a sue controllate, è stata ammessa nel 1995 ad amministrazione straordinaria con continuazione dell'esercizio d'impresa, successivamente revocata nel 1997 con decreto del Ministro dell'Industria. Attualmente la procedura segue solo finalità liquidatorie.
L'istante e tutte le società del gruppo hanno presentato il Modello 760 ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sia anteriormente che successivamente al provvedimento ministeriale di revoca.
Pur non essendovi obbligato, l'istante ha presentato il Modello 760 per il 1998, indicando un credito d'imposta di lire dieci miliardi per imposte pagate all'estero a titolo definitivo nel corso dello stesso anno 1998 su redditi regolarmente dichiarati per il 1992, che vorrebbe utilizzare parte sul modello F24 in compensazione delle imposte correnti da pagare; parte mediante cessione dell'eccedenza alle società del gruppo che utilizzeranno su F24 in compensazione delle imposte correnti da pagare.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
La società istante ritiene che il comportamento sopra indicato, pur apparentemente non in linea con la normativa prevista dall'articolo 10 del DPR n. 600 del 1973, non dovrebbe essere censurato ove la procedura non si sottragga a tutti gli adempimenti che normalmente vengono svolti da società in normale attività (regolare tenuta delle scritture contabili, redazione del bilancio annuale, presentazione delle dichiarazioni annuali, eventuali obblighi conseguenti), come attualmente si comporta il gruppo XZ. Del resto anche la risoluzione n. 9/529 del 5 luglio 1992 dichiara essere esonerate dall'obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi per i periodi intermedi le procedure che perseguono esclusivamente finalità di liquidazione senza imporre con ciò un divieto assoluto. Nella fattispecie, il credito scaturente dalle dichiarazioni presentate potrebbe essere immediatamente utilizzato a compensazione dei versamenti mensili di IRPEF, IVA e contributi con estremo sollievo delle esigue risorse di cui il gruppo dispone, anziché essere il suo recupero rinviato alla fine della procedura.
Nelle more dell'auspicato esito dell'istanza, la società procederà come segue: a) continuerà a presentare la dichiarazione Modello 760 annualmente per tutte le società del gruppo; b) esporrà il credito in compensazione, rinviando però il suo effettivo utilizzo al momento in cui la Agenzia delle Entrate condivida e faccia proprie le tesi esposte.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Preliminarmente si rileva che l'amministrazione straordinaria, disciplinata dal decreto legge del 30 gennaio 1979, n. 26, convertito con modificazioni in legge 3 aprile 1979, n. 95, è una procedura concorsuale delle grandi imprese in crisi avente natura amministrativa in quanto, pur presupponendo la dichiarazione dello stato di insolvenza di competenza del tribunale, è disposta con decreto del Ministro competente ed è sottoposta a vigilanza ministeriale. Tale procedura persegue finalità tra loro alternative: il risanamento della società (con continuazione dell'esercizio d'impresa) o, qualora questo si riveli impossibile o economicamente non conveniente, la liquidazione della medesima; in quest'ultima ipotesi si applicano le norme dettate dalla legge fallimentare per la liquidazione coatta amministrativa.
Con l'entrata in vigore del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, di riforma della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese (non "in crisi" ma "in stato di insolvenza") è stato abrogato quasi interamente il decreto legge n. 26 del 1979, la cui disciplina continua ad applicarsi alle procedure ancora pendenti alla data del 24 agosto 1999 e, dunque, anche nei confronti della società istante.
Il regime tributario applicabile per la determinazione del reddito d'impresa e per l'adempimento dei relativi obblighi dichiarativi, nel caso di imprese in amministrazione straordinaria in fase di liquidazione, è dettato dall'articolo 125 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, di seguito TUIR, ("Fallimento e liquidazione coatta") e dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 ("Dichiarazione nei casi di liquidazione").
In proposito, occorre sottolineare che l'articolo 10 del DPR n. 600 del 1973, richiamato dalla società istante, è stato abrogato dall'articolo 9, comma 9, del DPR n. 322 del 1998, e che le relative disposizioni sono state quasi interamente riprodotte, nell'articolo 5 del DPR n. 322 del 1998, modificato dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435.
Pertanto, relativamente alle dichiarazioni iniziale e finale che i commissari straordinari hanno l'obbligo di presentare in caso di liquidazione delle società in amministrazione straordinaria, l'attuale quadro normativo di riferimento è rappresentato dal citato articolo 5 del DPR n. 322 del 1998, le cui disposizioni hanno effetto a decorrere dal 1 gennaio 2002 ai sensi dell'articolo 19 del DPR n. 435 del 2001 ma sono applicabili anche alle procedure iniziate o terminate prima di tale data, per le quali non siano ancora stati adempiuti gli obblighi di dichiarazione (circolare n. 26/E del 22 marzo 2002).
In particolare, ai sensi dell'articolo 5, comma 4, del DPR n. 322 del 1998, se la liquidazione si prolunga oltre il periodo d'imposta in corso alla data in cui ha effetto la deliberazione di messa in liquidazione, la dichiarazione relativa alla residua frazione di detto periodo e quelle relative ad ogni successivo periodo d'imposta "sono presentate, con le medesime modalità, esclusivamente ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e soltanto se vi è stato esercizio provvisorio."
La ratio della norma richiamata è nel senso di distinguere il caso in cui sia stata disposta la continuazione provvisoria dell'attività dal caso in cui tale continuazione sia stata negata o cessata. Solo in quest'ultima ipotesi, l'impresa in amministrazione straordinaria non deve presentare la dichiarazione dei redditi per i periodi intermedi alla cessazione dell'attività imprenditoriale e alla chiusura della procedura, essendo iniziata la fase che persegue esclusivamente finalità liquidatorie (risoluzione 5 luglio 1992, n. 538, risoluzione del 6 giugno 1992, n. 434), ossia l'accertamento del passivo, la liquidazione dell'attivo e la ripartizione tra i creditori.
Al riguardo, l'articolo 125, comma 2, del TUIR, disciplinante gli aspetti sostanziali del fallimento e della liquidazione coatta amministrativa (applicabile anche all'amministrazione straordinaria in fase di liquidazione), stabilisce che "il reddito d'impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura del procedimento concorsuale, quale che sia la durata di questo e anche se vi è stato esercizio provvisorio, è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell'impresa o della società all'inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente riconosciuti."
La relazione ministeriale al TUIR, con riguardo a tale articolo, afferma che il periodo di durata del procedimento concorsuale costituisce autonomo periodo d'imposta ai fini della determinazione del risultato della liquidazione a prescindere dalla durata ed anche se vi è stato esercizio provvisorio.
In tal senso è il costante orientamento dell'Amministrazione finanziaria (risoluzione 4 novembre 1977, n. 3745; risoluzione 1 settembre 1980, n. 1116; risoluzione 14 dicembre 1981, n. 4009, risoluzione del 21 dicembre 2000, n. 199, circolare del 22 marzo 2002, n. 26). Con l'articolo 125 del TUIR il legislatore ha inteso prevedere un unico esercizio coincidente con l'intera durata della procedura concorsuale e, al tempo stesso, semplificare gli adempimenti tributari degli organi che vi sono preposti.
Coerentemente, la corrispondente norma procedimentale di cui al citato articolo 5 del DPR n. 322 del 1998 ha previsto l'esonero dall'obbligo di presentare le dichiarazioni per i periodi intermedi alla procedura concorsuale ove manchi l'esercizio provvisorio dell'impresa. Ciò in quanto non si è ancora concluso l'unitario e maxi-periodo d'imposta di durata della procedura medesima che, fiscalmente, rappresenta anche l'ultimo periodo d'imposta dell'impresa (circolare n. 26 del 2002).
Alla luce della normativa richiamata e delle suesposte considerazioni, si ritiene che, nel caso in esame, essendo ancora in corso la procedura concorsuale (di durata pluriennale) occorre attendere la sua conclusione e, dunque, la chiusura del maxi-periodo d'imposta al fine di assolvere all'obbligo dichiarativo finale.
Per quanto desumibile dall'istanza in esame, la società interpellante ha esposto nel modello di dichiarazione 760 volontariamente presentata per l'anno 1998 (ma che non può essere considerato come periodo d'imposta 1998) un credito di lire dieci miliardi per imposte pagate all'estero a titolo definitivo.
A riguardo giova ricordare che, ai sensi dell'articolo 15 del TUIR, le imposte pagate all'estero a titolo definitivo "sono ammesse in detrazione dall'imposta netta fino alla concorrenza della quota d'imposta italiana corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero e il reddito complessivo al lordo delle perdite di precedenti periodi di imposta ammesse in diminuzione."
Inoltre, ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1988, n. 42 ("Detrazione di imposte pagate all'estero"), la quota del credito di cui all'articolo 15 TUIR "è determinata con riferimento all'imposta italiana corrispondente al reddito complessivo netto, senza tenere conto delle perdite di precedenti esercizi, alla cui formazione hanno concorso i redditi prodotti all'estero."
Al fine di evitare sia il fenomeno della doppia imposizione che l'attribuzione di tale credito oltre misura, il legislatore ha, pertanto, previsto che le imposte pagate all'estero in via definitiva sui redditi ivi prodotti siano portate in detrazione delle imposte dovute in Italia e risultanti dalla dichiarazione dei redditi (che, nel caso in esame, non può essere ancora presentata perché la procedura concorsuale non si è ancora conclusa). Tale detrazione spetta nei limiti in cui i redditi prodotti all'estero concorrono a formare il reddito complessivo dichiarato e fino a concorrenza della quota dell'imposta italiana corrispondente al rapporto fra i redditi prodotti all'estero e il reddito complessivo dichiarato (risoluzione del 3 luglio 2001, n. 104).
Ne consegue che l'ammontare complessivo del credito per le imposte pagate all'estero non può eccedere l'imposta dovuta in Italia (appendice alle istruzioni del modello Unico 2002 - società di capitali).
Occorre rilevare, inoltre, che qualora il reddito prodotto in Italia è diminuito per effetto del riporto delle perdite realizzate negli esercizi precedenti, l'imposta italiana va indicata in modo virtuale, prendendo come base di commisurazione il reddito complessivo aumentato delle perdite stesse.
Dal combinato disposto degli articoli 15, comma 1 del TUIR e 5 del DPR n. 42 del 1988 deriva che il credito per imposte pagate all'estero può spettare anche quando non emerga un'imposta italiana da versare ovvero quando quest'ultima sia inferiore all'ammontare del credito d'imposta; pertanto in tali casi il residuo credito non scomputato può essere riportato o chiesto a rimborso.
Ovviamente, per le ragioni sovraesposte, al fine di calcolare l'ammontare del reddito complessivo riferibile alla società istante e, conseguentemente, del credito d'imposta di cui all'articolo 15 del TUIR occorre attendere la conclusione della procedura di liquidazione.
Solo da tale momento, infatti, è possibile stabilire se spetta e in che misura il credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero e, pertanto, non può affermarsi con certezza che, a procedura concorsuale ancora in corso, il credito d'imposta sia pari a quello dichiarato dalla società istante nell'istanza di interpello in esame.
Inoltre, il diritto alla detrazione di cui all'articolo 15 del TUIR può essere esercitato se ricorrono i seguenti requisiti: definitività del pagamento delle imposte all'estero e richiesta di tale detrazione in dichiarazione.
Riguardo al primo requisito, le imposte pagate all'estero si intendono definitive se non sono suscettibili di modificazioni a favore del contribuente, né di rimborsi; pertanto, sono escluse le imposte pagate in acconto, in via provvisoria e, in genere, quelle per le quali è previsto il conguaglio con possibilità di rimborso totale o parziale.
Riguardo al secondo requisito, l'articolo 15, comma 3, del TUIR prevede che tale "detrazione deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo."
Nel caso in esame, trattandosi di società in liquidazione soggetta al rispetto delle modalità e dei termini degli obblighi dichiarativi previsti dall'articolo 5 del DPR n. 322 del 1998, la detrazione di cui all'articolo 15 del TUIR deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione finale relativa all'unitario periodo d'imposta (di durata pluriennale comprensivo dell'anno 1998) da presentare entro dieci mesi dalla chiusura della procedura concorsuale. Entro tale data la società istante può esercitare il diritto alla detrazione, se e nella misura spettante, ai fini del recupero delle imposte pagate all'estero. Tuttavia, a norma degli articoli 15, comma 4, del TUIR e 5 del DPR n. 322 del 1998, il diritto alla detrazione viene meno se nella dichiarazione finale di liquidazione sia omessa l'indicazione dei redditi prodotti all'estero ovvero se la dichiarazione non venga presentata.
In ordine alla richiesta di utilizzare il credito in compensazione, si osserva che, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 341 del 1997 e successive modificazioni, la compensazione è ammessa per i crediti emergenti dalle dichiarazioni ovvero, nel caso in esame, dalla dichiarazione finale di liquidazione. Non è, dunque, ammissibile la compensazione immediatamente, come chiede l'istante, ossia a procedura concorsuale ancora in corso, dovendosi attendere la conclusione della fase di liquidazione e, dunque, la chiusura del maxi-periodo d'imposta al fine di presentare la dichiarazione finale dalla quale risulti l'ammontare del credito d'imposta.
Inoltre, la compensazione è preclusa anche successivamente alla conclusione della fase di liquidazione, in quanto il suddetto maxi-periodo d'imposta rappresenta anche l'ultimo periodo d'imposta dell'impresa "liquidata".
Pertanto, a conclusione della procedura concorsuale, se dalle operazioni di liquidazione residui un credito d'imposta, la società istante potrà chiederne il rimborso, così come potrà cederlo, in tutto o in parte, alle imprese del gruppo.
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale, viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo del decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209.
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