Interpello n. .....2001 - ART. 11, legge 27-7-2000, n. 212. Società X S.p.A.
Risoluzione Agenzia Entrate n. 12 del 18.01.2002
Con l'istanza di interpello di cui all'oggetto concernente l'esatta applicazione del D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986 (TUIR), art. 48, comma 8 bis, e del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (D.P.R. 600/73) art. 23, comma 3, è stato esposto il seguente
QUESITO
L'istante è una società commerciale (progettazione e costruzione di impianti industriali) che svolge la propria attività anche all'estero. L'istante non indica con precisione i singoli stati esteri in cui esercita l'impresa, ma si limita a designare le aree geografiche interessate.
La società ordinariamente trasferisce una parte dei dipendenti a lavorare all'estero presso cantieri propri o di terzi. Di regola i dipendenti trasferiti conservano la residenza fiscale in Italia.
In ordine a tale situazione, l'istante chiede: 1) se i dipendenti che mantengono la residenza fiscale in Italia hanno diritto al credito d'imposta previsto dal TUIR, art. 15, anche quando l'ammontare del reddito di lavoro dipendente è determinato a norma del nuovo comma 8 bis dell'art. 48 del TUIR; 2) se tale credito d'imposta (art. 15 TUIR) può essere detratto dal conguaglio tra le ritenute effettuate e l'imposta dovuta, che essa società opera in qualità di sostituto d'imposta a norma del D.P.R. 600/73, art. 23, comma 3.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
La società istante, con formula estremamente succinta, senza dedurre specifiche motivazioni, ritiene che la soluzione corretta sia, in entrambi i casi, quella positiva.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Riguardo al primo quesito si esprime parere favorevole. Nel caso prospettato dalla società istante, nessuna norma osta a riconoscere ai dipendenti trasferiti all'estero il diritto a recuperare le imposte pagate all'estero sui redditi colà prodotti, tramite lo strumento del credito d'imposta.
Si osserva tuttavia che il richiamo dell'istante all'art. 15 TUIR non è puntuale, in quanto l'istante, in qualità di sostituto d'imposta, deve applicare l'art. 23, comma 3, ultimo periodo, del D.P.R. 600/73, secondo cui "se alla formazione del reddito di lavoro dipendente concorrono somme o valori prodotti all'estero le imposte ivi pagate a titolo definitivo sono ammesse in detrazione fino a concorrenza dell'imposta relativa ai predetti redditi prodotti all'estero".
Quanto al secondo quesito, la medesima disposizione autorizza il recupero delle imposte pagate all'estero sui redditi di lavoro colà prestato (redditi prodotti all'estero) tramite il sostituto d'imposta.
Il D.P.R. 600/73, art. 23, comma 3, ultimo periodo, ammette che le imposte sui redditi prodotti all'estero e colà pagate siano portate in detrazione dal conguaglio tra le ritenute effettuate e l'imposta dovuta; ritenute e conguaglio che la società istante, in quanto datore di lavoro, opera in qualità di sostituto d'imposta.
Occorre peraltro richiamare il requisito della definitività dell'imposta estera, che costituisce la condizione necessaria perché il credito d'imposta di cui si tratta possa essere riconosciuto. Secondo la costante interpretazione dell'amministrazione finanziaria l'imposta si considera definitiva quando non è più ripetibile (cfr. circolare 8 febbraio 1980 n. 3; circolare 12 dicembre 1981 n. 42; risoluzione 25 settembre 2001 n. 134).
Ove sussista tale condizione, i dipendenti che la società istante impegna all'estero avranno senz'altro diritto a recuperare le imposte ivi pagate, direttamente in sede di conguaglio tramite il sostituto d'imposta, il quale porterà in detrazione le imposte estere fino a concorrenza dell'imposta italiana relativa ai redditi prodotti all'estero, in forza del citato D.P.R. n. 600/73, art. 23, comma 3, ultimo periodo.
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