Istanza di interpello - COOPERATIVA ALFA Attribuzione partita Iva in caso di riapertura della procedura di liquidazione - articolo 35 del d.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972
Risoluzione Agenzia Entrate n. 120 del 01.06.2007
Con l'interpello specificato in oggetto, concernente l'interpretazione dell'articolo 35 del d.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, è stato esposto il seguente
QUESITO
La società Cooperativa ALFA ha terminato le operazioni relative alla procedura di liquidazione in data 11 dicembre 2000 e successivamente ha provveduto alla presentazione del bilancio finale di liquidazione ed alla cancellazione della società sia ai fini civili che ai fini fiscali.
Per poter procedere alla chiusura della procedura di liquidazione, la società istante aveva proceduto alla vendita di tutti i terreni residuanti di sua proprietà. Con riferimento alla liquidazione di detti terreni l'istante fa presente che, per un errore commesso dal notaio rogante, è stata dimenticata una piccola particella di terreno sita nel Comune di ....., e che oggi si intende cedere ad un architetto operante in zona per completare un piano di urbanizzazione.
L'istante chiede di conoscere il comportamento da adottare nel caso in esame.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'istante ritiene che, sul piano puramente civilistico, sia possibile e formalmente corretto procedere alla riapertura della liquidazione, reinvestire il liquidatore dei poteri connessi alla carica, procedere alla vendita della particella immobiliare, redigere un nuovo bilancio finale di liquidazione e procedere alla chiusura della società stessa.
Sotto il profilo fiscale l'istante ritiene di dover richiedere un nuovo codice fiscale e una nuova partita IVA, e successivamente di dover emettere fattura con Iva per la vendita del terreno. Sempre con riferimento agli aspetti procedimentali dell'operazione de quo l'istante ritiene di dover:
- presentare, ai sensi dell'articolo 5 del d.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, in via telematica la dichiarazione dei redditi ed Irap relativa al nuovo risultato finale delle operazioni di liquidazione entro i sette mesi successivi al deposito del nuovo bilancio finale;
- presentare la dichiarazione IVA relativa alle nuove operazioni imponibili poste in essere;
- presentare una nuova dichiarazione di cessazione ai fini IVA, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633;
- provvedere al pagamento delle eventuali imposte ancora dovute, sulla base dei termini ordinari.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Per un corretto inquadramento della questione è necessario individuare preliminarmente, sotto il profilo civilistico, le disposizioni concernenti la liquidazione delle società cooperative a responsabilità limitata, nonché il momento a decorrere dal quale si produce l'estinzione delle predette società sottoposte a procedura di liquidazione.
Per effetto del disposto dell'articolo 2519 c.c., comma 1, secondo cui "alle società cooperative, per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni", alle società cooperative è applicabile la procedura di liquidazione dettata dal legislatore per le società di capitali. In particolare il nuovo articolo 2495 (novellato per effetto della riforma del diritto societario di cui al D. Lgs. 17 febbraio 2003, n. 6), rubricato "cancellazione della società" al secondo comma dispone che: "ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi". A tal riguardo la Corte di Cassazione con sentenza 28 agosto 2006, n. 18618 ha chiarito che "il nuovo testo dell'artico 2495 c.c., comma 2, antepone al vecchio testo, che prevede le azioni dei creditori insoddisfatti nei confronti di soci e liquidatori, la proposizione "ferma restando l'estinzione della società". In tal modo il legislatore della riforma ha chiaramente manifestato la volontà di stabilire che la cancellazione produce l'effetto costitutivo dell'estinzione irreversibile della società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti".
In tema di diritto intertemporale l'articolo 218 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile prevede che "La società in liquidazione alla data del 1 gennaio 2004, sono liquidate secondo le leggi anteriori. Le società in liquidazione dal 1 gennaio 2004, sono liquidate secondo le nuove disposizioni".
Da ciò consegue che al caso di specie sono applicabili le disposizioni recate dal menzionato articolo 2456, comma 2, nel testo previgente quello sostituito per effetto del citato decreto legislativo n. 6 del 2003, secondo cui "dopo la cancellazione della società i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi".
Dal dato letterale della norma riportata si evince come la cancellazione di una società dal registro delle imprese non ne determinava l'estinzione, finché non fosse compiuta l'effettiva liquidazione di tutti i rapporti giuridici pendenti. Tale assunto è confortato da una costante giurisprudenza formatasi sotto il vigore del vecchio testo di legge; secondo la Corte di Cassazione (sentenza 1 luglio 2000, n. 8842), infatti, "L'atto formale di cancellazione di una società dal registro delle imprese ha funzione di pubblicità, e non ne determina l'estinzione, ove non siano ancora esauriti tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società stessa (...)". Sempre la Suprema di Cassazione, con sentenza 18 agosto 2003, n. 12078, ha evidenziato come "posto che l'atto formale di cancellazione di una società commerciale (nella specie, società a responsabilità limitata) dal registro delle imprese non ne determina l'estinzione ove non siano ancora esauriti i rapporti giuridici facenti capo alla società stessa e da questa intrattenuti con i terzi, ne consegue, che qualora, nel corso delle operazioni di liquidazione, sia stata omessa la definizione di un determinato rapporto, il creditore, oltre che agire in via sussidiaria nei confronti dei soci "pro quota" ex art. 2456 cod. civ., può anche esperire azione autonoma e diretta contro la società, in persona del liquidatore, allo scopo di far valere nei confronti della medesima il proprio credito rimasto insoddisfatto". Alle medesime conclusioni è giunta la medesima Corte con le sentenze 28 maggio 2004, n. 10314 e 15 febbraio 2006, n. 3279 nella parte in cui chiariscono, rispettivamente, che "la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese non ne determina "ipso facto" l'estinzione; tale effetto si verifica a seguito della definizione dei rapporti pendenti, mentre prima di tale momento la società conserva piena capacità processuale sia attiva che passiva e la esercita in un senso e nell'altro per il tramite del liquidatore o, in mancanza, di un curatore speciale nominato ex art. 78 c.p.c. (ex plurimis Cass. 17.3.1998, n. 2869)" e che la "messa in liquidazione di una società non consegue anche la sua estinzione, che è determinata, invece, soltanto dalla effettiva liquidazione dei rapporti giuridici pendenti, che alla stessa facevano capo, e dalla definizione di tutte le controversie in corso con i terzi. Ne deriva che, (...), che una società costituita in giudizio non perde la legittimazione processuale in conseguenza della sopravvenuta messa in liquidazione e che la rappresentanza sostanziale e processuale della stessa permane, per i rapporti rimasti in sospeso e non definiti, nei medesimi organi che la rappresentavano prima del disposto procedimento di liquidazione".
Sulla base delle norme applicabili al caso di specie ed alla luce dell'orientamento giurisprudenziale sopra riportato, la scrivente ritiene che se la società risulta intestataria di un terreno la stessa va considerata esistente.
Da ciò consegue che l'atto di cessione dell'immobile rileva ai fini Iva e pertanto la società dovrà adempiere a tutti gli obblighi previsti dal titolo II - titolato "obblighi dei contribuenti" - del d.P.R. n. 633 del 1972.
In particolare, la società dovrà richiedere l'attribuzione di una nuova partita Iva, procedere alla fatturazione dell'operazione relativa alla vendita del terreno ed assolvere alla relativa imposta. La società dovrà, inoltre, presentare la dichiarazione annuale Iva nei termini ordinari, nonché, presentare una nuova dichiarazione di cessazione ai fini Iva, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del d.P.R. 633 del 1972 entro trenta giorni dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione stessa.
Ai fini delle imposte sul reddito l'istante dovrà presentare, ai sensi del comma 3, dell'articolo 5 del d.P.R. n. 322 del 1998, in via telematica, le dichiarazioni dei redditi per gli esercizi intermedi, nei termini ordinari stabiliti dall'articolo 2, nonché quella relativa all'intero periodo di liquidazione relativa al nuovo risultato finale delle operazioni di liquidazione, "entro sette mesi successivi alla chiusura della liquidazione stessa o al deposito del bilancio finale, se prescritto, in via telematica" (comma 1, articolo 5 del d.P.R. n. 322 del 1998).
Ai fini Irap, salvo che sia classificabile tra i beni merce, occorre distinguere se il terreno di cui trattasi è un immobile strumentale o meno atteso che al riguardo, assume valore dirimente (e prioritario rispetto alla qualificazione dell'operazione di cessione) il disposto dell'articolo 11, comma 3, del D.lgs n. 446 del 1997, secondo cui ai fini della determinazione della base imponibile Irap concorrono "...in ogni caso, le plusvalenze e le minusvalenze relative a beni strumentali non derivanti da operazioni di trasferimento di azienda...". Ne consegue che se trattasi di immobile strumentale la plusvalenza derivante dall'operazione di cessione concorre alla determinazione della base imponibile IRAP. In merito alla nozione di strumentalità si osserva che tale disposizione deve intendersi applicabile a tutti i beni strumentali per natura che per le loro caratteristiche oggettive non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni e a tutti i beni strumentali per destinazione in quanto effettivamente utilizzati per l'attività dell'impresa a prescindere dalla circostanza che siano state o meno stanziate in bilancio quote di ammortamento deducibili.
Se il terreno di cui trattasi non è un bene oggetto dell'attività di impresa ed è correttamente classificabile tra i beni non strumentali all'attività produttiva la plusvalenza derivante dall'operazione di cessione deve essere invece rilevata alla voce E 20 del conto economico. Ne consegue che in detta ipotesi la plusvalenza di cui trattasi è esclusa dalla formazione del valore della produzione imponibile ai fini Irap.
Per ciò che concerne invece le problematiche relative alla mancata presentazione della dichiarazioni fiscali da parte della società per gli anni pregressi (in particolare dal 2000 ad oggi) trovano applicazione, alla luce di quanto sopra chiarito, le disposizioni in materia di omessa dichiarazione.
La risposta di cui alla presente nota, richiesta con interpello presentato alla Direzione Regionale ....., viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo, del decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209.
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