I.V.A. - Trattamento fiscale delle cessioni di aree edificabili effettuate da ASL nei confronti di soggetti privati
Risoluzione Agenzia Entrate n. 135 del 25.09.2001
L'Associazione dei costruttori edili ed affini della provincia di ... ha chiesto di conoscere il trattamento fiscale da applicare alle cessioni di aree edificabili effettuate dall'Azienda U.L.S.S. n. 9 di ... nei confronti di soggetti privati, in considerazione del principio di alternatività fra IVA e imposta di registro previsto dall'art. 40 del testo unico dell'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.
Fattispecie rappresentata
La società AB prefabbricati S.r.l., con sede in ... aderente all'associazione destinataria della presente, risulta aggiudicataria, in sede di asta, di un'area edificabile di proprietà della Azienda U.L.S.S. n. 9 di ...
La società ritiene che detta cessione sia assoggettabile ad IVA dal momento che, a proprio avviso, ne sussistono i relativi presupposti soggettivi ed oggettivi e, conseguentemente, si applichi l'imposta di registro in misura fissa, come previsto dall'articolo 40 del testo unico dell'imposta di registro.
L'Azienda U.L.S.S., venditrice dell'area edificabile, ritiene, invece, che la cessione sia priva del presupposto soggettivo dell'IVA in quanto tale area, proveniente da lascito testamentario, non è da considerarsi strumentale all'esercizio di una attività commerciale, né la sua cessione si configura come attività commerciale; di conseguenza, la stessa deve essere assoggettata ad imposta di registro in misura proporzionale.
Interpretazione
La cessione di area edificabile è una operazione che rientra nel campo di applicazione dell'IVA dal momento che non è indicata fra quelle escluse di cui all'articolo 2, terzo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Resta quindi da verificare, ai fini dell'applicabilità del tributo, la sussistenza del presupposto soggettivo, ovvero, nelle specie, se l'Azienda sanitaria locale possa configurarsi soggetto passivo dell'IVA ai sensi dell'articolo 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 e, nel caso, quali siano le attività, svolte dalla stessa, assoggettabili a tale imposta.
Il citato articolo 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 considera soggette ad IVA tutte le cessioni di beni effettuate dagli enti commerciali, mentre, per quanto riguarda gli enti non commerciali, assoggetta ad IVA le sole cessioni effettuate nell'esercizio di attività commerciali o agricole, ovvero quelle attività di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, svolte "per professione abituale".
Occorre, quindi, preliminarmente analizzare la connotazione delle Aziende sanitarie locali per verificare se le stesse siano da ricomprendersi tra gli "enti commerciali", ovvero enti che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, ovvero tra gli "enti non commerciali", vale a dire enti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.
Ai fini della qualificazione sopra indicata, si rileva che l'articolo 87, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, stabilisce che "l'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto" e che per oggetto principale dell'ente si intende "l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto" dell'ente stesso; solo in mancanza di previsioni legali o statutarie l'oggetto principale è determinato in base all'attività effettivamente esercitata, secondo quanto previsto dal comma 4-bis dello stesso articolo.
Per una corretta qualificazione delle Aziende sanitarie locali si rende necessario, quindi, verificare le attività svolte dalle stesse in relazione alle loro finalità istituzionali così come previste dalle leggi che ne disciplinano l'istituzione e il funzionamento.
Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, di "riordino della disciplina in materia sanitaria", all'articolo 2 prevede l'attribuzione alle regioni delle funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera; all'articolo 3 prevede che le regioni assicurano i livelli essenziali dell'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, distrettuale e ospedaliera "attraverso le Unità sanitarie locali".
Il medesimo articolo 3 stabilisce, inoltre, che le Unità sanitarie locali sono aziende dotate di personalità giuridica pubblica e "autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni regionali"; hanno, inoltre, una gestione ispirata a "criteri di efficacia, efficienza ed economicità" e tenuta al "rispetto del vincolo di bilancio, attraverso l'equilibrio di costi e ricavi".
Anche se tali norme, allo scopo di innalzare i livelli di efficienza del servizio sanitario pubblico, assegnano alle ASL una veste aziendale di stampo privatistico, è evidente, comunque, il ruolo primario che le medesime hanno nell'erogazione di servizi pubblici di carattere sanitario e assistenziale.
Si ritiene, quindi, che, con riferimento alla previsione dell'articolo 87, comma 4, del TUIR, le attività essenziali esercitate dalle ASL per realizzare direttamente le finalità istituzionali indicate dalla legge si concretizzino nelle attività sanitarie svolte dalle medesime nel quadro del Servizio sanitario nazionale.
Sotto il profilo fiscale tali attività sono espressamente dichiarate attività non commerciali dall'articolo 88, comma 2, lettera b), del TUIR che recita:
"Non costituiscono esercizio di attività commerciali:
a) ...(omissis)...;
b) l'esercizio di attività previdenziali, assistenziali, e sanitarie da parte di Enti pubblici, istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Unità sanitarie locali."
Peraltro, anche l'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972, al quinto comma, ultimo periodo, stabilisce che "non sono considerate attività commerciali: ... (omissis) ... le prestazioni sanitarie soggette al pagamento di quote di partecipazione alla spesa sanitaria erogate dalle unità sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere del Servizio sanitario nazionale."
Da quanto suesposto, considerato che le attività sanitarie ed assistenziali esercitate dalle ASL non sono attività commerciali e che, pertanto, le ASL medesime non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, le stesse sono da inquadrarsi fra gli enti non commerciali.
Come tali, in base a quanto previsto dall'articolo 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, le Aziende sanitarie locali devono assoggettare ad IVA solo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nell'esercizio di attività commerciali, secondarie ed accessorie rispetto ai loro fini istituzionali; fra queste, in via esemplificativa, come già chiarito nella Circolare n. 26 del 29 agosto 1991 e nella Risoluzione n. 461463 del 19 dicembre 1987, rientrano il servizio mensa per i dipendenti, le cessioni di beni materiali fuori uso, i servizi di analisi di alimenti, i servizi in materia di prevenzione e di sicurezza.
Occorre, pertanto, verificare se l'operazione di cessione di aree edificabili da parte della ASL configuri in sè l'esercizio di una autonoma attività commerciale di cui all'articolo 2195 del codice civile svolta dalla medesima "per professione abituale".
Nella fattispecie rappresentata occorre rilevare che la ASL in oggetto ha effettuato recentemente diversi atti di cessione di beni immobili; la stessa ASL, interpellata al riguardo, ha chiarito che i terreni ceduti provenivano dall'accorpamento dei patrimoni immobiliari degli enti ospedalieri soppressi all'atto dell'istituzione delle ASL, i quali, a loro volta, li avevano ricevuti, anche in epoche lontane, per testamento o donazione da benefattori locali.
Le cessioni di cui trattasi hanno riguardato, quindi, il mero smobilizzo di un patrimonio immobiliare in alcun modo utilizzabile dalla ASL per lo svolgimento delle sue attività sanitarie ed assistenziali, ovvero per l'esercizio delle attività secondarie di natura commerciale cui sopra si accennava.
Si è del parere, pertanto, che tale attività di vendita non sia riconducibile alle attività commerciali di cui all'articolo 2195 del c. c. e che la cessione di cui all'oggetto non debba essere assoggettata ad IVA secondo quanto previsto all'articolo 4 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Sotto l'aspetto reddituale, i relativi proventi non costituiscono componenti positivi del reddito di impresa, bensì sono da ricomprendersi fra i redditi diversi di cui all'articolo 81, comma 1, lettera b), del TUIR.
Non rileva, infatti, a tal proposito la considerazione che l'attività di smobilizzo abbia riguardato un numero rilevante di immobili ceduti poiché tale circostanza, da sola, non fa assumere al complesso delle cessioni effettuate la natura di attività commerciale rientrante tra quelle di cui all'articolo 2195 del c. c..
Diverso sarebbe stato il caso di un patrimonio immobiliare gestito con una organizzazione di mezzi e risorse volta all'ottenimento del massimo risultato economico, risultato derivante sia da rendite sia da plusvalenze prodotte da operazioni di natura speculativa di acquisto di terreni per la successiva rivendita; tale attività, infatti, si sarebbe configurata come attività commerciale di cui all'articolo 2195, primo comma, del c. c. e, quindi, regolarmente assoggettata ad IVA in base all'articolo 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Conclusioni
Sulla base delle suesposte considerazioni, si ritiene che le cessioni di aree edificabili effettuate dalle ASL nei confronti di privati, provenienti alle stesse da lasciti testamentari o da donazioni, non siano assoggettabili ad IVA e, conseguentemente, le stesse scontino l'imposta di registro in misura proporzionale, ai sensi dell'articolo 40 del testo unico dell'imposta di registro.
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