Istanza di interpello - ART. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Società Alfa S.p.A.
Risoluzione Agenzia Entrate n. 144 del 20.12.2006
Con l'interpello specificato in oggetto, concernente l'interpretazione dell'art. 1, comma 471, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è stato esposto il seguente
QUESITO
La Società Alfa S.p.A. effettua attività di somministrazione di acqua e di gestione del servizio di fognatura e depurazione. Ai fini Iva si avvale delle particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto di cui al D.M. 24 ottobre 2000, n. 370.
L' Alfa S.p.A. evidenzia di esercitare, altresì, una serie di attività minori per le quali adotta il regime ordinario di liquidazione e versamento dell'Imposta sul valore aggiunto.
Ciò premesso, la società interpellante ha chiesto chiarimenti in merito all'obbligo di versamento dell'acconto Iva di cui all'articolo 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, ed ai criteri per la determinazione del suo ammontare.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'Alfa S.p.A. fa presente di adottare un doppio regime di liquidazione e versamento dell'Iva.
Relativamente all'attività di somministrazione di acqua e di gestione del servizio di fognatura e depurazione effettua le liquidazioni periodiche Iva ed i relativi versamenti trimestralmente anziché mensilmente, senza applicazione di interessi, ai sensi della disciplina di cui al decreto ministeriale n. 370 del 2000.
Con riguardo alle altre attività svolte, diverse dalle precedenti, e che non rientrano nelle fattispecie di cui al D.M. n. 370 del 2000, effettua le liquidazioni periodiche Iva ed i relativi versamenti mensilmente.
La società interpellante ritiene di avere i requisiti per la determinazione dell'acconto Iva in base al metodo di cui all'articolo 1, comma 471, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, cosi come modificato dall'articolo 4, lettera c-quinquies, del D.L. 17 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
Al riguardo, l'istante osserva che sono tenuti a calcolare l'acconto di cui di cui all'articolo 6, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, secondo le modalità previste dal citato comma 471, i contribuenti di cui al D.M. n. 370 del 2000 che "nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a due milioni di euro".
Ciò posto, ai fini dell'individuazione dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto versato nell'anno solare precedente, l'interpellante è del parere che il valore soglia di riferimento sia dato dalla somma dell'Iva a debito derivante dalle liquidazioni periodiche Iva mensili e di quella derivante dalle liquidazioni periodiche trimestrali.
Infine, con riguardo alla base di commisurazione dell'acconto dovuto, la società interpellante ritiene di dover prendere in considerazione soltanto gli importi eventualmente a debito relativi alle prime tre liquidazioni Iva trimestrali 2006, senza considerare gli importi risultanti dalle liquidazioni Iva mensili del medesimo periodo.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
La soluzione interpretativa prospettata dal contribuente non è condivisibile.
Come è noto, il legislatore tributario, avvalendosi della facoltà conferitagli dalle diverse disposizioni normative (artt. 22, 73 e 74 del d.P.R. n. 633 del 1972) al fine di semplificare gli adempimenti Iva nei confronti dei contribuenti che prestano servizio al pubblico con caratteri di uniformità, frequenza e importo limitato, ha emanato il D.M. 24 ottobre 2000, n. 366, e il D.M. 24 ottobre 2000, n. 370.
Entrambi i menzionati decreti consentono alle categorie di contribuenti ivi individuati, tra l'altro, di effettuare le liquidazioni periodiche Iva ed i relativi versamenti trimestralmente anziché mensilmente, senza applicazione di interessi.
In particolare, con riguardo ai contribuenti che, al pari dell'istante, gestiscono il servizio di fognatura e depurazione e che effettuano somministrazioni di acqua, trovano applicazione le disposizioni di semplificazione recate dal D.M. n. 370 del 2000.
L'articolo 4, comma 1, secondo periodo, del menzionato decreto stabilisce che "per le operazioni o attività diverse da quelle di cui all'articolo 1, comma 1, eventualmente effettuate dai medesimi soggetti, resta fermo l'obbligo della distinta annotazione e connessi adempimenti previsti dal titolo II del decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633".
L'obbligo di distinta annotazione e connessi adempimenti Iva per le diverse attività esercitate si giustifica in ragione delle particolari modalità di applicazione dell'imposta stabilite in considerazione dell'oggetto e della natura dell'attività esercitata.
La separazione delle varie attività svolte e l'adozione di distinte contabilità Iva, comporta, di regola, l'assolvimento, in relazione a ciascuna attività esercitata separatamente dalle altre, degli obblighi di fatturazione, registrazione e liquidazione del tributo. Ciò non toglie, tuttavia, che per le attività gestite con contabilità separata, essendo previsto per il versamento dell'acconto Iva un unico termine, è possibile effettuare un unico versamento dell'imposta complessivamente dovuta compensando le risultanze debitorie con quelle creditorie emergenti dalle distinte liquidazioni periodiche (cfr. circ. n. 52 del 1991).
Tanto premesso in linea generale, si osserva che l'articolo 1, comma 471, della legge n. 311 del 2004, prevede che "a decorrere dal 1 gennaio 2005, per i contribuenti individuati con regolamenti di cui ai decreti del Ministro delle finanze 24 ottobre 2000, n. 370, e 24 ottobre 2000, n. 366, che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un ammontare superiore a due milioni di euro, l'acconto di cui al comma 2 dell'articolo 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405, è pari al 97 per cento di un importo corrispondente alla media dei versamenti trimestrali eseguiti o che avrebbero dovuto essere eseguiti per i precedenti trimestri dell'anno in corso". La speciale modalità di calcolo dell'acconto Iva di cui al predetto comma 471, sia in ordine alla determinazione della base di commisurazione sia in ordine alla misura dell'acconto, esclude la possibilità per i contribuenti destinatari delle disposizioni di semplificazione di cui ai D.M. n. 366 e n. 370 del 2000, di calcolare l'acconto sommando algebricamente le risultanze delle distinte liquidazioni periodiche relative alle diverse attività esercitate.
Ne consegue che il versamento dell'acconto, ancorché unitario, deve essere effettuato tenendo conto dei diversi criteri di determinazione del suo ammontare previsti per ciascuna attività esercitata, ferma restando in ogni caso la facoltà per il contribuente di determinare l'acconto per tutte le attività esercitate secondo il metodo c.d. effettivo di cui all'articolo 6, comma 3-bis della legge n. 405 del 1990.
Al riguardo, si osserva che il presupposto di applicazione del nuovo metodo di calcolo dell'acconto previsto dal citato comma 471, si ricollega all'ammontare dell'Imposta sul valore aggiunto versato nell'anno solare precedente. In particolare, "sono tenuti a calcolare l'acconto con il nuovo metodo i soggetti di cui ai citati decreti ministeriali che "nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a due milioni di euro...".
Si ritiene che ai fini della verifica del valore soglia di due milioni di euro il contribuente deve tener conto dei versamenti relativi all'attività oggetto delle disposizioni di semplificazione di cui al decreto ministeriale n. 370 del 2000, effettuati o che avrebbero dovuto essere effettuati, senza aver riguardo all'imposta a debito derivante dalle liquidazioni periodiche Iva mensili relativi alle altre attività.
Giova ricordare che con la circolare n. 54/E del 23 dicembre 2005, la scrivente ha specificamente individuato i versamenti trimestrali di cui il contribuente deve tener conto ai fini dell'individuazione dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto versato nell'anno solare precedente.
Con la menzionata circolare la scrivente ha, altresì, precisato che "ai fini dell'individuazione dell'imposta versata nell'anno solare precedente nonché ai fini della base di commisurazione dell'acconto, deve comunque tenersi conto anche dell'Iva a debito assolta mediante compensazione".
L'istituto della compensazione è disciplinato dall'articolo 17 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 241, e consente ai contribuenti di compensare i crediti di imposte e contributi con i relativi debiti, a decorrere dal giorno successivo a quello in cui si è chiuso il periodo in cui si è formato il credito ed entro un determinato limite annuo. Il menzionato articolo 17 si riferisce espressamente alla compensazione "c.d. orizzontale" che consente di compensare tra loro debiti e crediti relativi a ciascun tributo o contributo. Ciò non esclude, tuttavia, che fuori dalle ipotesi di cui all'articolo 17 del d.lgs. n. 218 del 1997, il contribuente possa compensare l'Iva a debito con crediti Iva ("compensazione c.d. verticale") derivanti dalle liquidazioni periodiche relative ad una diversa attività esercitata nell'ambito della stessa impresa.
Ciò posto, riguardo alla fattispecie concreta in esame, l'interpellante evidenzia che l'imposta sul valore aggiunto relativa all'attività di cui al D.M. n. 370 del 2000 versata, o che avrebbe dovuto essere versata nell'anno 2005, è inferiore a due milioni di euro.
Ne consegue che, non sussistendo i presupposti di cui al citato comma 471, l'acconto Iva 2006 deve essere calcolato secondo uno dei metodi alternativi di cui all'art. 6, comma 2, della legge n. 405 del 1990, con riferimento all'imposta dovuta per tutte le attività esercitate, sommando le risultanze delle distinte liquidazioni periodiche e tenendo conto degli eventuali effetti compensativi (cfr. circ. n. 52 del 1991).
Resta fermo, ovviamente, l'obbligo del versamento unitario degli acconti come sopra calcolati.
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