Interpello art. 21, comma 9, legge 30 dicembre 1991, n. 413 - Rinuncia al credito da parte del socio art. 55, comma 4, del TUIR
Risoluzione Agenzia Entrate n. 152 del 22.05.2002
La Direzione Regionale delle ...... ha trasmesso l'istanza di interpello dell' XYZ srl, volta ad ottenere un parere preventivo in ordine alla assenza di aspetti elusivi in un'operazione conclusasi con una rinuncia al credito da parte del socio. L'istanza è presentata con particolare riguardo alla disposizione dell'art. 55, comma 4, del TUIR.
Descrizione dell'operazione
L' XYZ srl è controllata al 99 per cento dalla società olandese KX, che è controllata a sua volta dalla società francese JY.
La struttura del "gruppo" si può schematicamente sintetizzare in questo modo:
100% 99%
JY ------------------> KX -------------------> XYZ
La società francese, "capogruppo" ha un credito di fornitura nei confronti della società italiana pari a lire 1.600.000.000 che viene ceduto al valore nominale nel mese di marzo del 2001 alla società olandese che, a sua volta, in data 29 maggio 2001 rinuncia al credito.
La società istante ritiene che l'operazione non abbia profili di elusività e che nasca dall'esigenza di ricapitalizzare la società italiana per evitare la sua liquidazione. La sopravvenienza attiva che emerge da questa operazione in capo alla società italiana sarà fiscalmente non tassabile ai sensi dell'art. 55, comma 4, del TUIR, che disciplina l'ipotesi di rinuncia al credito da parte del socio ed, in conseguenza di ciò, sarà operata un apposita variazione in diminuzione nella dichiarazione dei redditi "Unico 2002" relativa ai redditi dell'esercizio 2001.
Si chiede di esprimere un parere in merito alla corretta interpretazione della fattispecie prospettata.
Analisi e conclusioni
Le rinunce ai crediti dei soci sono disciplinate dal disposto dell'articolo 55, comma 4, del TUIR che va interpretato in correlazione con gli articoli 61, comma 5, e 66, comma 5, dello stesso TUIR.
Come precisato nella risoluzione n. 41 del 5 aprile 2001 "L'intassabilità della rinuncia ai crediti da parte dei soci si giustifica, in via sistematica, in virtù della cointeressenza del socio - creditore alle vicende della società partecipata. La patrimonializzazione di quest'ultima si riflette, infatti, nell'attivo della partecipante attraverso un corrispondente aumento del costo della partecipazione. Per il socio, l'onere conseguente alla rinuncia non è immediatamente deducibile, ma incrementa il costo della partecipazione". La ratio della disposizione è che la rinuncia al credito da parte del socio è effettuata non a titolo di "liberalità", bensì in funzione della patrimonializzazione della società in una prospettiva di continuità dell'attività sociale.
Gli effetti fiscali, nel caso di rinuncia ad un credito commerciale, si possono così sintetizzare:
- per la controllata la rinuncia al credito da parte del socio non costituisce sopravvenienza attiva fiscalmente rilevante, va ad incrementare il patrimonio netto, mentre rimane acquisita la deducibilità del costo relativo alla fornitura imputato a conto economico per competenza;
- per la controllante il ricavo a suo tempo imputato per competenza rimane acquisito, mentre la rinuncia al credito incrementa il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Nel caso prospettato, l'operazione si realizza, sostanzialmente, in due momenti strettamente collegati tra loro:
- in primo luogo, la cessione del credito di natura commerciale, vantato dalla capogruppo francese YX, nei confronti della società italiana XYZ srl, effettuata al valore nominale a favore della controllata olandese, KX successivamente, la rinuncia al credito da parte della stessa società olandese a favore della sua controllata italiana.
La prima transazione, realizzata al valore nominale, non genera effetti sul conto economico delle società interessate: la società francese riscuote l'intero importo del credito iscritto in bilancio, mentre la cessionaria olandese, che subisce l'esborso finanziario, subentra nella posizione creditoria della società cedente e potrà iscrivere in bilancio il credito acquisito ad un valore pari a quello che risultava nel bilancio della società cedente.
L'unico effetto rilevante, dal punto di vista dell'ordinamento tributario interno, è quello di consentire alla partecipata italiana l'applicazione dell'articolo 55, comma 4, del TUIR alla successiva rinuncia al credito effettuata dalla società olandese e cioè di consentire l'intassabilità della sopravvenienza attiva.
Per valutare gli eventuali profili di elusività della fattispecie prospettata è necessario esaminarla nel suo complesso ipotizzando, in via preliminare, che la medesima operazione sia realizzata tra società residenti. Per esemplificare, supponiamo che la "società A" ceda il credito di fornitura, vantato nei confronti della "società C", al valore nominale a "B" che rinuncia a favore di "C", e che le stesse società siano legate dai medesimi rapporti di controllo:
100% 99%
società A --------------> società B ---------------> società C
Anche in tale ipotesi l'operazione è fiscalmente neutra in quanto nessuno dei soggetti consegue componenti positivi o negativi di reddito. Gli effetti possono essere così sintetizzati:
- il flusso finanziario va dalla controllata "B" alla controllante "A";
- la "società A" realizza il credito;
- si accresce il costo della partecipazione della "società B";
- si incrementa il patrimonio netto della "società C".
Fatta questa premessa è necessario esaminare se le modalità seguite per la ricapitalizzazione della "società C" siano coerenti con il sistema ovvero se comportino l'aggiramento di norme tributarie al fine di ottenere un risparmio d'imposta, tenuto conto che il medesimo obiettivo si poteva raggiungere anche in altri due modi:
1. conferimento in denaro effettuato da B alla "società C" che con l'apporto paga il suo debito di fornitura nei confronti della "società A";
2. rinuncia al credito effettuata direttamente da parte della "società A".
Con riferimento alla prima ipotesi, è evidente che la stessa è fiscalmente neutra e riproduce i medesimi effetti dell'operazione di rinuncia al credito sopra descritta, con la sola differenza che il flusso finanziario va dalla controllata "B" alla "società figlia C" e da questa alla "società A".
In definitiva, la scelta dell'una o dell'altra operazione per ricapitalizzare la società controllata è del tutto indifferente per il sistema.
Nell'ipotesi, invece, in cui la "società A" rinunci direttamente al credito non si verificherebbero i presupposti per l'applicazione dell'art. 55, comma 4, del TUIR in capo alla "società C" con la conseguenza che la sopravvenienza attiva sarebbe fiscalmente rilevante. Ne derivano i seguenti effetti:
- una perdita fiscalmente rilevante per la "società A";
- nessun effetto sull'attivo dello stato patrimoniale della "società A" che non detiene la partecipazione diretta in "C" il cui costo possa essere incrementato;
- sopravvenienza attiva fiscalmente rilevante per la "società C".
Anche quest'ipotesi è fiscalmente "neutra" nel senso che si realizzano due diversi componenti di reddito uno negativo e l'altro positivo parimenti rilevanti nel territorio dello Stato senza alcun salto d'imposta.
Essa, tuttavia, non riproduce con sufficiente fedeltà la realtà economica dell'operazione. Infatti, la "società A" deduce una perdita a fronte della rinuncia al credito cui corrisponde un incremento, anche se per via indiretta, del valore economico della partecipazione posseduta in "B".
Tale ipotesi è senza dubbio più distorsiva e meno coerente con la ratio del sistema.
Esaminati, dunque, gli effetti che derivano dalle ipotesi di ricapitalizzazione alternative rispetto a quella prospettata, è evidente che la scelta di finanziare la controllata attraverso la rinuncia al credito, previo acquisto del credito stesso al valore nominale, non comporta l'aggiramento dell'art. 55, comma 4, del TUIR.
In definitiva, il principio che emerge da tale articolo è che la sopravvenienza non deve concorrere al reddito in quanto trova causa non nello spirito di liberalità o nella "remissione " di un debito da parte di un terzo, bensì nella volontà di un socio di patrimonializzare la partecipata. Né, sul piano della ratio del sistema, è rilevante che il socio eserciti il suo controllo direttamente o indirettamente, posto che ciò cui rinuncia continua ad appartenergli come bene di secondo o terzo grado.
Questo principio, valido nel contesto dell'ordinamento interno, mantiene, a maggior ragione, la sua validità anche nell'ipotesi in cui la medesima operazione sia realizzata tra soggetti residenti nell'ambito di diversi paesi.
Oltre tutto dall'interpretazione sistematica dell'art. 55, comma 4, del TUIR in correlazione con il disposto degli articoli 61, comma 5, e 66, comma 5, dello stesso TUIR si evince che la capitalizzazione dell'onere sostenuto dal socio è una conseguenza e non la condizione dell'intassabilità della sopravvenienza da apporto presso la partecipata.
Ne deriva che è del tutto irrilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 55, comma 4, del TUIR il trattamento fiscale che l'ordinamento dello Stato estero riserva a tale onere.
D'altronde, nell'ipotesi inversa in cui fosse il socio italiano a rinunciare ad un credito vantato nei confronti della sua controllata estera, si applicherebbe l'art. 61, comma 5 del TUIR (incremento del costo della partecipazione) indipendentemente dal fatto che la sopravvenienza attiva realizzata dalla controllata sia o meno fiscalmente rilevante nello Stato estero.
Alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene che l'operazione non presenti profili elusivi ai sensi dell'art. 37-bis del d.P.R. n. 600/73, in quanto, è supportata da valide ragioni economiche, non si realizza un salto d'imposta e non vengono aggirate la ratio e le finalità dell'art. 55, comma 4, del TUIR.
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