Risoluzione Agenzia Entrate n. 158 del 27.05.2002

Interpello - Articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Istanza - Articolo 62, comma 2, del TUIR
Risoluzione Agenzia Entrate n. 158 del 27.05.2002

Quesito
Con l'istanza di interpello in oggetto indicata, il Sig. ...... - socio accomandatario della S.a.s. "YY."- chiede se il compenso per lavoro dipendente erogato al padre, socio accomandante della stessa ditta, possa essere dedotto dal reddito d'impresa ovvero rientri nella fattispecie prevista dall'art. 62, comma 2, del TUIR.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L'istante, considerando il disposto dell'art. 62, comma 2, del TUIR non riferibile al caso prospettato, ritiene deducibile dal reddito d'impresa il compenso corrisposto al socio accomandante.

Parere della Direzione
L'articolo 62, comma 2, del TUIR dispone, nella prima parte, che "non sono ammesse deduzioni a titolo di compenso del lavoro prestato o dell'opera svolta dall'imprenditore, dal coniuge, dai figli, affiliati o affidati minore di età o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti, nonché dai familiari partecipanti all'impresa di cui al comma 4, dell'art. 5.
Si ritiene che la norma in esame, facendo esplicito riferimento ai rapporti di parentela, debba riferirsi al solo imprenditore individuale/persona fisica e non anche all'impresa esercitata in forma collettiva.
Con riferimento all'impresa individuale, il divieto di considerare come costo deducibile il compenso per il lavoro prestato o l'opera svolta dall'imprenditore trova il suo fondamento nell'impossibilità di operare una netta distinzione tra impresa ed imprenditore e nella impossibilità obiettiva di scongiurare eventuali arbitraggi da parte dello stesso.
Inoltre, come risulta dalla relazione ministeriale al D.P.R.22 dicembre 1986, n. 917, l'indeducibilità stabilita per i compensi del coniuge e dei figli minori è volta ad evitare artificiose manovre di contrazione degli utili con conseguente erosione della materia imponibile: eventualità, questa, che potrebbe realizzarsi soprattutto in un impresa individuale dove vi è perfetta coincidenza di interessi tra l'unico titolare dell'impresa e i suoi più stretti congiunti.
La pluralità dei soci che contraddistingue le imprese collettive, l'esistenza di una struttura, un'organizzazione economica ben definita che si pone giuridicamente su un piano di autonomia rispetto ai soci, e dai quali rimane nettamente distinta, garantiscono una maggiore trasparenza nella gestione degli affari sociali. Al tempo stesso, facilitano sia la possibilità di trovare riscontri oggettivi del lavoro effettivamente prestato dai soci e dai loro familiari, sia di verificare l'inerenza di tale lavoro con l'attività d'impresa.
Pertanto, si ritiene che un'interpretazione restrittiva della norma in esame, che risulterebbe penalizzante per una corretta impostazione dei rapporti lavorativi ai fini assistenziali e previdenziali, non troverebbe giustificazione nella finalità di cautela fiscale sopra richiamata.
Coerentemente, non vi è motivo di escludere la deducibilità dei compensi per il lavoro prestato dal socio a favore della società di persone, considerata la posizione di alterità soggettiva in cui si trova quest'ultima rispetto al socio stesso e che viene assolutamente a mancare, invece, nell'impresa individuale.
E' quanto fu esplicitamente riconosciuto, in riferimento al previgente art. 59 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, con la risoluzione n. 9/876 del 26 giugno 1979, secondo cui "la circostanza che i compensi...si riferirebbero a prestazioni rese dai soci alla società di appartenenza non sia rilevante ai fini della indeducibilità dei compensi stessi dal reddito sociale. Ciò tanto più nel caso di una società di capitali che, essendo soggetto giuridicamente e tributariamente autonomo rispetto ai soci...si trova nella posizione oggettiva di soggetto terzo che, come tale può richiedere prestazioni tecnico-professionali ai propri soci".
Come sostenuto dalla dottrina più evoluta e sempre più spesso riconosciuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte, la società di persone, pur non godendo di una piena e perfetta autonomia, si configura giuridicamente come un autonomo centro di imputazione, vale a dire come un soggetto di diritto distinto dalle persone dei soci (cfr.: Cass., 11.3.1998; Cass., 2.12.1993, n. 11956; Cass., 28.1.1993, n. 1027; Cass., 24.7.1989, n. 3498; Cass., 8.1.1984, n. 5642; Cass., 9.6.1981, n. 3719).
Sul piano fiscale, la fondatezza di tale interpretazione trova conferma nella disposizione dell'art. 62, comma 2, del TUIR che, con riferimento alle società di persone, ammette la piena deducibilità fiscale dei compensi erogati per la funzione di amministratore. Funzione che, nelle società di questo tipo, spetta di diritto al socio in virtù della sua responsabilità illimitata (art. 2257 c.c.).
Inoltre, è opportuno evidenziare che il previgente articolo 59 del D.P.R. n. 597 del 1973, titolato "Compensi a favore dell'imprenditore e dei familiari dei soci e degli amministratori" operava una netta distinzione tra imprenditore e società di persone, disciplinandoli separatamente. Al comma 1 prevedeva una disposizione analoga a quella recata dall'attuale art. 62, comma 2, del TUIR nei confronti del primo (e dei suoi familiari); mentre, al comma 2, riconosceva apertamente a favore della seconda la deducibilità dei compensi corrisposti ai soci per il lavoro dipendente prestato, indicandone, tuttavia, precisi limiti e condizioni. Tali compensi, infatti, erano rilevanti solo nella misura in cui risultavano "dalle registrazioni eseguite ai fini dei contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori effettivamente versati".
A differenza del divieto operato nei confronti dell'imprenditore, la norma del comma 2 dell'art. 59 citato non è stata riproposta nel testo del vigente art. 62 del TUIR. Circostanza che non può essere interpretata come volontà del legislatore di ricomprendere le società di persone nella disposizione recata in precedenza per il solo imprenditore individuale, bensì come volontà di rimuovere tutti i limiti prima previsti dai commi 2 e 3.
E ciò trova conferma nella relazione ministeriale allo schema di testo unico, secondo la quale tutte "le disposizioni già contenute nel secondo e nel terzo comma sono state modificate essendo state ritenute di difficile ed empirica applicazione".
Sul piano letterale si può osservare, inoltre, che se il legislatore tributario avesse voluto effettivamente estendere alle società di persone il disposto dell'articolo 62, comma 2, citato, avrebbe potuto farlo espressamente come è accaduto per le imprese familiari, quando ha precisato che l'indeducibilità dei compensi stabilita per il lavoro prestato o l'opera svolta dall'imprenditore e dai suoi familiari si applica anche "ai familiari partecipanti all'impresa di cui al comma 4, dell'art. 5".
A livello sistematico è evidente che, per il principio di onnicomprensività del reddito d'impresa, la deducibilità degli oneri di lavoro dipendente non richiede, in via generale, alcuna espressa previsione.
L'art. 62 - come in precedenza l'art. 59 citato - svolge, pertanto, una chiara funzione derogatoria, come tale riferibile alle sole fattispecie specificamente indicate.
Si precisa, infine, che la deducibilità dei compensi per il lavoro prestato dal socio è ammessa a condizione che, sul piano civilistico, ricorrano i presupposti essenziali per l'istaurarsi di un rapporto di lavoro subordinato tra il socio e la società.
Secondo consolidata giurisprudenza tale rapporto si può configurare, con riguardo alle società di persone, nell'ipotesi che il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro socio, munito di supremazia, e sempre che la prestazione suddetta non integri un conferimento previsto dal contratto sociale (Cass., 12.05.1999, n. 4725; Cass., 24.3.97, n. 2582; Cass., 3.4.1994, n. 3650; Cass., 7.8.1991; Cass., 16.12.1986, n. 7573).

Conclusione
Con riferimento alla fattispecie prospettata, la scrivente ritiene che non ricorrano i presupposti di indeducibilità previsti dall'articolo 62, comma 2, del TUIR.
Pertanto, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, si riconosce piena rilevanza fiscale ai compensi per lavoro dipendente corrisposti al socio accomandante, sempre che - secondo gli ordinari criteri - essi siano riferibili a prestazioni effettivamente rese e non mascherino una distribuzione di utili.
La risposta fornita con la presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale della ...., viene resa dalla scrivente ai sensi dell'art. 4, comma 1, ultimo periodo del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.

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