Interpello...../2001- art.11, legge 27-7-2000, n. 212
Risoluzione Agenzia Entrate n. 167 del 26.10.2001
Con l'istanza di interpello di cui all'oggetto concernente l'esatta applicazione dell'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 18/12/1997, n. 466, è stato esposto il seguente
QUESITO
La società istante, XXX S.p.a.. è partecipata al 99,9988 per cento da una società di diritto olandese, XXX HOLDING B.V., che non possiede altre partecipazioni in società italiane. Entrambe fanno parte del gruppo multinazionale tedesco XXX.
Nel corso del 2000 la società XXX S.p.A ha effettuato un finanziamento nei confronti della sua controllante olandese, pari a 5.047.921 euro, provvedendo ad iscrivere detto credito nell'attivo circolante del suo stato patrimoniale alla voce "Crediti verso controllante".
Nel corso dei primi mesi del 2001 detto importo è stato rimborsato da parte della controllante.
Viene chiesto di sapere se il finanziamento a breve erogato nei confronti di società controllante non residente possa essere considerato ininfluente ai fini della determinazione dell'incremento di capitale investito rilevante ai fini DIT.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA DEL CONTRIBUENTE
La società istante ritiene che detto credito a breve effettuato nei confronti di controllante non residente non debba ridurre l'incremento di capitale investito rilevante ai fini DIT in base alle seguenti considerazioni.
La finalità della norma contenuta nell'art. 3, comma 3, lett. c) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466, come risulta altresì dalla circolare ministeriale n. 76 del 6 marzo 1998, è quella di evitare la proliferazione delle basi agevolative attuata con il ricorso a concessioni di finanziamenti da tramutare successivamente in conferimento in denaro, usufruendo così di ulteriore agevolazione ai fini DIT.
Nel caso di specie, "il finanziamento erogato nel 2000 e rimborsato nel corso dei primi mesi del 2001 non ha generato effetti DIT in nessun altra società del gruppo e comunque non sarebbe stato suscettibile di produrre alcun effetto moltiplicativo, non avendo la società controllante olandese altre partecipazioni in Italia".
Ad ulteriore conferma della propria tesi la società istante richiama per analogia la risoluzione del Ministero delle Finanze n. 173 del 22 novembre 2000 in cui, con riferimento ad un conferimento in denaro effettuato nei confronti di società controllata non residente appartenente al medesimo gruppo, viene precisato che lo stesso "non debba essere considerato in diminuzione dell'aumento del capitale investito dalla conferente.....Tale operazione, singolarmente considerata, non è idonea a produrre effetti moltiplicativi del beneficio......".
PARERE DELLA SCRIVENTE
La soluzione interpretativa prospettata dal contribuente appare sostanzialmente corretta.
L'art. 3, comma 3, lett. c) del D.Lgs. 466/1997 detta una disciplina antielusiva volta ad evitare l'effetto moltiplicativo dell'incremento della base DIT che potrebbe verificarsi in conseguenza di triangolazioni finanziarie attraverso le quali una società (titolare di base DIT) fornisca ad altra società del gruppo fondi, sotto forma di finanziamento, affinché quest'ultima utilizzi successivamente dette somme per sottoscrivere aumenti di capitale di altre società del gruppo stesso.
Detta norma stabilisce, in particolare, la riduzione della variazione in aumento del capitale investito (di cui all'art. 1 stesso decreto) per l'importo "dell'incremento dei crediti di finanziamento effettuato nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 della stessa norma rispetto a quello risultante dal bilancio relativo all'esercizio in corso al 30 settembre 1996".
Al fine di individuare l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina antielusiva in commento, occorre tenere conto del rinvio che la stessa lett. c) fa al comma 1 dell'art. 3 il quale, a sua volta, rimanda all'art. 1, comma 1 dello stesso decreto.
In particolare, il menzionato comma 1 dell'art. 3 del D.Lgs. 466/1997 limita il perimetro di applicazione delle disposizioni contenute nei successivi commi 2 e 3 alle società di capitali ed enti commerciali residenti in Italia ("ai soggetti di cui al comma 1 dell'art. 1......") che rivestono la qualità di controllanti, ai sensi dell'art. 2359 c.c., di altre società di capitali o enti commerciali residenti ("controllanti......di soggetti di cui al medesimo comma 1 dell'art. 1") ovvero di controllati anche insieme ad altri soggetti dallo stesso controllante.
Ne consegue che la riduzione della base DIT opera soltanto nel caso di finanziamenti a soggetti residenti.
L'esclusione del meccanismo di sterilizzazione nelle ipotesi di finanziamento a soggetti del gruppo non residenti è coerente alla ratio delle disposizioni in esame la cui finalità è, come innanzi detto, quella di evitare le proliferazioni a cascata del capitale investito. Nel caso esaminato, infatti, non possono aversi effetti moltiplicativi dell'agevolazione DIT essendo la società beneficiaria un soggetto non residente e pertanto fuori dall'ambito di applicazione del beneficio.
Ciò non toglie, però, che anche un soggetto non residente possa realizzare quelle triangolazioni che la norma intende reprimere. In tali ipotesi, tuttavia, operano a chiusura del sistema le ulteriori limitazioni antielusive previste dall'art. 3, comma 3, dello stesso decreto (quelle di cui alle lettere a) e b finalizzate ad evitare l'indebita duplicazione del beneficio fiscale realizzata attraverso l'interposizione di società estere.
Tutto ciò premesso, nel caso rappresentato, atteso che dagli atti trasmessi risulta che le somme di cui è causa sono state utilizzate per finanziare un soggetto non residente e che le stesse per pari importo sono state restituite alla società istante nel corso del 2001, si ritiene che non trovi applicazione la riduzione dell'incremento del capitale investito rilevante ai fini dell'applicazione della DIT di cui all'art. 3, comma 3, lett. c) del decreto in oggetto.
Tuttavia, atteso che la disposizione in esame ha lo scopo di evitare, nell'ambito dello stesso gruppo societario, duplicazioni dell'agevolazione "a cascata", si precisa che resta ovviamente impregiudicato il potere di controllo dell'amministrazione finanziaria volto ad evitare che dall'operazione in commento si generino effetti di duplicazione della base DIT. A tal fine, infatti, il decreto legislativo 466/1997 all'art. 6, comma 2, prevede l'estensione della clausola antielusiva di cui agli artt. 37, comma 3, e 37-bis del DPR 29 settembre 1973, n. 600 alle ipotesi di utilizzo delle norme DIT per indebite moltiplicazioni del relativo beneficio.
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