Istanza di interpello. Art. 27 del DPR 29 settembre 1973, n. 600 - Imputazione soggettiva dei redditi (utili da partecipazione) derivanti da quote di società a responsabilità limitata oggetto di sequestro giudiziario - X srl
Risoluzione Agenzia Entrate n. 195 del 13.10.2003
QUESITO
La X s.r.l., nel formulare il quesito oggetto dell'istanza di interpello in esame, ha rappresentato quanto segue.
La X s.r.l. è partecipata per il 55% dalla Y S.p.A e per il restante 45% dalla società K.
A seguito di una controversia insorta in merito all'applicazione dei patti parasociali, la quota di capitale sociale della X detenuta dalla società K è stata sottoposta, su istanza della Y, a sequestro giudiziario a norma dell'art. 670 c.p.c. e per la sua amministrazione è stato nominato custode giudiziario il dott. ..........
La X, avendo deliberato la ripartizione tra i soci di parte degli utili, chiede di conoscere se, ai fini degli adempimenti tributari a carico del sostituto d'imposta, gli utili afferenti la quota di partecipazione oggetto di sequestro debbano essere "imputati" alla società K ovvero alla custodia giudiziaria.
Il custode giudiziario, unitamente alla X, propone istanza di interpello finalizzata a conoscere gli adempimenti tributari a suo carico.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAGLI ISTANTI
Gli istanti ritengono che il sequestro giudiziario disposto ai sensi dell'art. 670 c.p.c., avendo una mera funzione di garanzia, non produce effetti costitutivi di tipo definitivo circa l'attribuzione del diritto controverso e non incide, quindi, sull'effettiva titolarità della quota sociale.
Da ciò consegue, a parere degli istanti, che il socio K, pur spogliato della materiale disponibilità degli utili che saranno distribuiti dalla X, rimane comunque titolare unico ed esclusivo della quota sociale sequestrata e del possesso del reddito che da essa si trae.
Gli interpellanti sottolineano, inoltre, che gli utili che saranno distribuiti in relazione alla quota sociale sequestrata non potrebbero essere, in ogni caso, imputati alla custodia giudiziaria, in quanto la stessa si limita ad una loro mera detenzione cautelare. Il custode giudiziario, infatti, si limiterebbe a preservare l'integrità dei beni soggetti al sequestro giudiziario civile, sotto la diretta sorveglianza del giudice competente.
Per quanto concerne l'orientamento interpretativo espresso con circolare n. 156/E del 7 agosto 2000, che ha fornito chiarimenti circa l'applicabilità in via analogica al sequestro penale di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, cd. "sequestro anti-mafia", della normativa fiscale in materia di eredità giacente, gli istanti ritengono che lo stesso non sia estensibile alla fattispecie in esame, in quanto il sequestro penale "si inquadra in una procedura affatto particolare, disciplinata da norme ad hoc" assolutamente diverse da quelle del "tipico" sequestro giudiziario in campo civile.
Sulla base di tali premesse, la X ritiene di dover porre in essere gli adempimenti relativi alla sostituzione d'imposta nei confronti della società K.
Il custode giudiziario ritiene da parte sua di non essere tenuto ad alcun adempimento tributario relativamente sia agli utili distribuiti sia agli eventuali redditi derivanti dall'impiego degli stessi.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Ai sensi dell'art. 11, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, "ciascun contribuente può inoltrare ... circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali". La locuzione "ciascun contribuente" è contenuta anche nell'art. 1 del d.m. 26 aprile 2001, n. 209.
Nel caso in esame la X s.r.l. in qualità di sostituto d'imposta, ed il dott. ............., in qualità di custode giudiziario, hanno presentato un'istanza di interpello congiunta. Tale istanza, pur avendo come presupposto di fatto la medesima situazione (sequestro giudiziario di quote sociali e nomina di un custode giudiziario), ha ad oggetto due diverse problematiche, relative una al sostituto d'imposta e l'altra al custode giudiziario.
La X è, infatti, interessata a conoscere quali siano gli adempimenti a suo carico in qualità di sostituto d'imposta relativamente alla distribuzione di utili afferenti le quote sociali oggetto di sequestro, mentre il custode giudiziario è interessato a conoscere se e quali siano degli adempimenti tributari a carico della custodia.
Si rileva, altresì, che nel caso in esame la formulazione congiunta di due istanze di interpello, da parte di soggetti con diversi requisiti soggettivi non consente il rispetto delle disposizioni in materia di competenza territoriale alla trattazione dell'interpello di cui all'art. 2 del D.M. n. 209 del 2001.
Quanto sopra premesso si ritiene inammissibile l'istanza presentata, in quanto le modalità di esercizio del diritto di interpello nella fattispecie in esame non sono conformi alla normativa recata dall'art. 11 della legge n. 212 del 2000 e dal D.M. 26 aprile 2001, n. 209.
Si procede, tuttavia, all'esame nel merito delle questioni prospettate, fornendo qui di seguito un parere non produttivo degli effetti tipici dell'interpello.
Con circolare n. 156/E del 2000, l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto applicabile all'amministrazione giudiziaria dei beni oggetto di sequestro penale di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, cd. "sequestro anti-mafia", la disciplina relativa all'eredità giacente dettata dall'art. 131 del Testo Unico delle Imposte Dirette, approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917, e dall'art. 19 del DPR 4 febbraio 1988, n. 42.
Le motivazioni di tale indirizzo interpretativo si fondano sulla provvisorietà della situazione determinatasi in pendenza di sequestro.
Viene evidenziato nella circolare citata che, in attesa della confisca o della restituzione al proprietario, il titolare dei beni non è individuato a titolo definitivo e per questo motivo non ha la disponibilità dei medesimi.
La veste di soggetto passivo d'imposta spetta a colui che assumerà, con effetto retroattivo, la titolarità dei beni sequestrati e, quindi, il soggetto passivo d'imposta sarà individuato a posteriori, seppure con effetto ex tunc (nello Stato o nell'indiziato, a seconda che il procedimento si concluda con la confisca oppure con la restituzione dei beni).
L'amministratore giudiziario, in pendenza di sequestro, opera dunque nella veste di rappresentante in incertam personam, curando la gestione del patrimonio per conto di un soggetto non ancora individuato.
Lo stesso, pertanto, non assume, al pari del curatore dell'eredità giacente, un'autonoma soggettività tributaria, ma opera quale rappresentante in incertam personam, applicando le regole dettate dall'art. 131 del TUIR e dall'art. 19 del DPR n. 42 del 1988, secondo le indicazioni della circolare n. 156 del 2000.
La provvisorietà della titolarità dei beni sequestrati si rileva anche nella fattispecie di sequestro giudiziario oggetto d'interpello.
Come evidenziato dagli interpellanti, nel caso di specie vi è la compresenza di due o più proprietari, cioè un soggetto si afferma proprietario in contrasto con l'altra parte, determinando una situazione d'incertezza che si protrarrà fino alla chiusura della vicenda giurisdizionale, quando verrà individuato a titolo definitivo e con effetto retroattivo il soggetto titolare dei beni sequestrati e, quindi, l'effettivo soggetto passivo d'imposta.
Il custode in pendenza di giudizio ed in via provvisoria opera quale rappresentante in incertam personam e cura la gestione delle somme versate alla custodia.
Pertanto, anche nell'ipotesi prospettata trovano applicazione le regole sull'eredità giacente recate dall'art. 131 del TUIR e dall'art. 19 del DPR n. 42 del 1988.
Il custode giudiziario è, pertanto, tenuto a presentare, nei termini ordinari, le dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta interessati dalla custodia giudiziaria (con l'esclusione del periodo d'imposta nel corso del quale essa cessa), con il conseguente obbligo di effettuare i versamenti dei tributi ivi liquidati in via provvisoria.
Il custode giudiziario dovrà, inoltre, effettuare le comunicazioni previste dall'art. 19, comma 2, lettera c), del citato DPR n. 42 del 1988, mentre non sussiste l'obbligo della tenuta delle scritture contabili, se non ricorrono le condizioni di cui all'art. 13 del DPR 29 settembre 1973, n. 600.
Per quanto concerne la sostituzione d'imposta, si osserva che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2646 del 18 aprile 1983, ha enunciato il principio secondo cui, ai fini dell'effettuazione delle ritenute alla fonte in sede di distribuzione di dividendi, non assume autonoma rilevanza l'eredità giacente, in quanto la stessa, ancorché destinataria materiale degli utili distribuiti, non si configura come soggetto passivo della relativa obbligazione tributaria.
In conformità all'orientamento espresso nella citata sentenza, si ritiene, pertanto, che non assume rilevanza nel caso di specie, ai fini dell'adempimento degli obblighi a carico del sostituto d'imposta, la custodia giudiziaria.
Conseguentemente, ferma restando l'applicabilità della disciplina in materia di eredità giacente relativamente alle modalità di determinazione del reddito ed agli obblighi strumentali del custode, il sostituto dovrà porre in essere gli adempimenti comunque a suo carico facendo riferimento, ai fini della determinazione della ritenuta da operare, al soggetto dell'originario rapporto di sostituzione, nel caso particolare la società K che ha subito il sequestro giudiziario.
Il custode, nel porre in essere gli adempimenti tributari a suo carico, dovrà tener conto del comportamento del sostituto, con riferimento in particolare alle eventuali ritenute operate.
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