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Risoluzione Agenzia Entrate n. 218 del 30.05.2008

Istanza di interpello ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 212 del 2000 - I.R.P.E.F. - Redditi diversi - Cessione dell'immobile prima che siano trascorsi cinque anni dall'acquisto - Art. 67, comma 1, lettera b), del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917
Risoluzione Agenzia Entrate n. 218 del 30.05.2008

Con l'interpello specificato in oggetto, concernente l'interpretazione dell'art. 67 comma 1 lett. b), del TUIR è stato esposto il seguente

QUESITO
In data 11 marzo 2005, i coniugi interpellanti, A B e C D, e la sorella di uno dei due, E F, hanno acquistato rispettivamente la nuda proprietà e l'usufrutto di un'unità immobiliare.
L'immobile è stato destinato immediatamente ad abitazione principale dell'usufruttuaria, come provato dal contratto di fornitura delle utenze domestiche allegato all'istanza, sebbene la residenza anagrafica sia stata trasferita formalmente in data 04 maggio 2006.
Nel settembre 2007, a seguito della morte del familiare, i coniugi, consolidata la proprietà, manifestavano la volontà di alienare la piena proprietà dell'immobile, per esigenze personali, prima del decorso di cinque anni dall'acquisto.
Al riguardo, l'istante ha chiesto di conoscere se la cessione dell'immobile in questione sia produttiva di plusvalenza imponibile ai sensi dell'art. 67, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 917/1986.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'istante ritiene che non si configuri alcuna plusvalenza fiscalmente rilevante in quanto l'immobile è stato adibito ad abitazione principale di un familiare per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto e la cessione dell'immobile stesso, ai sensi dell'art. 67, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 917/1986

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Nella categoria dei diritti reali si situano i cd. diritti reali su cosa altrui, i quali, presuppongono una scissione di facoltà nell'ambito del diritto di proprietà, nel senso che talune di esse sono compresse, con il consenso e talvolta, anche contro la volontà del proprietario, così da permettere ad un terzo di esercitare un diritto che ha come contenuto dette facoltà.
Ai sensi dell'art. 981 del codice civile, l'usufrutto attribuisce all'usufruttuario il diritto di godere e di usare la cosa, facendone però salva la destinazione economica.
Data la temporaneità dell'usufrutto (art. 979 c.c), in caso di morte del titolare, il diritto di proprietà riacquista automaticamente la propria pienezza, senza bisogno di alcuna forma giuridica di riappropriazione e senza dunque alcun atto di retrocessione (si parla al riguardo di consolidazione). Colui che acquista il diritto di nuda proprietà ha già potenzialmente acquistato il diritto della proprietà integrale.
Quindi, quando interviene la consolidazione, il nudo proprietario dell'immobile non acquista un nuovo diritto reale sull'immobile, ma vede riespandarsi il diritto di proprietà già presente nel suo patrimonio.
Pertanto, in sede di consolidazione della nuda proprietà con il diritto di usufrutto, non trova applicazione l'art. 9 comma 5 del TUIR, il quale stabilisce che "ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento".
Ciò premesso, al fine di verificare se nel caso in esame la cessione dell'immobile determina l'emersione di una plusvalenza imponibile ai sensi dell'art. 67 comma 1 lett. b), occorre riferirsi al momento dell'acquisto della nuda proprietà.
La citata norma prevede, in linea generale, la tassazione della plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, tranne che nell'ipotesi di unità immobiliare urbane utilizzate come abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, per la maggior parte del periodo intercorso tra la data di acquisto o costruzione e quella di vendita.
Per quanto riguarda l'individuazione dei familiari occorre far riferimento all'art. 5, ultimo comma del TUIR, ove si afferma che ai fini delle imposte dirette, si intendono come tali, il coniuge, i parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo grado. Nel caso in questione, l'immobile che si intende cedere è stato acquistato da meno di cinque anni, durante i quali è stato abitato dall'usufruttuaria. Quest'ultima, ai sensi degli artt. 76 comma 2 e 78 comma 2 c.c., è parente e affine dei coniugi nella misura di 2 grado.
Per quanto riguarda, invece, la locuzione "abitazione principale", le istruzioni al modello Unico chiariscono che "per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente".
Al riguardo si fa presente che la circostanza che il contribuente dimora (o ha dimorato per un certo periodo) abitualmente in un luogo diverso da quello risultante dai registri anagrafici deve poter essere dimostrata sulla base di circostanze oggettive, quali l'intestazione delle utenze domestiche, l'utilizzo effettivo dei servizi connessi e l'indicazione del domicilio nella corrispondenza ordinaria.
Quindi, qualora gli interpellanti siano in grado di provare, attraverso le modalità sopra esemplificate, che il familiare E F, a prescindere dalla residenza anagrafica, abbia utilizzato l'immobile come abitazione principale per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto e la vendita dell'immobile, l'operazione di cessione, effettuata prima del decorso del quinquennio, non comporterà l'assoggettamento a tassazione della plusvalenza realizzata.
Ove, non si verifichi tale condizione la plusvalenza da assoggettare a tassazione risulta costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito per la cessione dell'immobile del quale i venditori, a seguito dell'estinzione dell'usufrutto hanno riacquistato la piena proprietà, e il prezzo da questi pagato per la nuda proprietà, aumentato di ogni altro costo inerente al bene, ai sensi dell'art. 68 del TUIR e rivalutato secondo gli indici ISTAT, come precisato dalla circolare del 6 novembre 2002 n. 81, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale del 9 luglio 2002, n. 328.
Le Direzioni Regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente risoluzione vengano applicati con uniformità.

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