Istanza di interpello - Art. 11, legge 27-7-2000, n. 212. Articoli 8, comma 1, lett. a) e 9, comma 1, n. 9) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Risoluzione Agenzia Entrate n. 223 del 10.08.2007
Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione dell’art. 9, comma 1, n. 9) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è stato esposto il seguente
QUESITO
L’Istituto Nazionale ….., ente non commerciale operante nel campo della ricerca scientifica e nucleare, in possesso del numero di partita IVA sia per gli adempimenti facenti capo agli enti non commerciali con riferimento agli scambi intracomunitari, sia in qualità di soggetto passivo d’imposta (relativamente alle attività commerciali svolte), ha chiesto chiarimenti in merito alla seguente fattispecie.
L’istante, in attuazione di accordi di collaborazione scientifica con analoghi centri e istituti stranieri - ubicati sia in Paesi dell’Unione Europea che all’estero - commette a imprese italiane la costruzione di macchinari e attrezzature. Tali beni, una volta realizzati, vengono consegnati a cura dei fornitori presso i menzionati centri di ricerca esteri, ove vengono impiegati per lo svolgimento di programmi di ricerca - pur rimanendo di proprietà dell’Istituto - e successivamente rottamati, ovvero riportati in Italia se ancora utilizzabili.
Talvolta i macchinari vengono previamente sottoposti a lavorazione, trasformazione, montaggio e simili a cura di ditte specializzate (diverse da quelle che hanno provveduto alla costruzione degli stessi) e per conto dell’istante. In tali casi, quindi, intervengono due o più ditte che provvedono alla costruzione e alle successive lavorazioni sulla base di separati contratti di appalto-fornitura; l’ultima di tali ditte viene contrattualmente incaricata dall’istante di provvedere, per suo conto, all’esportazione e alla consegna agli istituti esteri del manufatto finito.
Ciò premesso, in considerazione delle perplessità avanzate dai competenti uffici dell’Agenzia delle Dogane, è stato chiesto di conoscere quale sia il regime fiscale applicabile - ai fini dell’imposta sul valore aggiunto - all’acquisto di beni da un operatore italiano il quale viene incaricato di consegnarli, una volta realizzati, ad un altro operatore italiano affinché li sottoponga a lavorazione per conto dell’istante, curandone anche la successiva esportazione e consegna ad un centro di ricerca situato in Svizzera.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
A parere dell’istante, tanto la cessione dei beni quanto le operazioni di lavorazione eseguite sugli stessi sono non imponibili IVA, ai sensi degli articoli 8, comma 1, lett. a) e 9, comma 1, n. 9 del D.P.R. n. 633 del 1972. PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
La questione sottoposta alla scrivente ha ad oggetto il trattamento fiscale applicabile, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, all’acquisto di beni con consegna presso un centro di ricerca situato in un Paese extracomunitario non già da parte del cedente nazionale, bensì a cura dell’operatore residente incaricato dal cessionario di sottoporre a lavorazione i menzionati beni.
Al riguardo, l’art. 9, comma 1, n. 9 del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che sono considerati servizi internazionali non imponibili i trattamenti di cui all’art.
176 del Testo Unico Legge Doganale eseguiti:
a) su beni in temporanea importazione;
b) su beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati ad essere esportati da o per conto del prestatore del servizio o del committente non residente nel territorio dello Stato.
Con riferimento alla fattispecie sub b) – relativa a beni che, come nel caso in esame, già si trovano in Italia – si evidenzia che ai fini della non imponibilità IVA delle lavorazioni su di essi eseguite non è sufficiente che gli stessi, al termine dei trattamenti, siano trasportati o spediti fuori dal territorio doganale comunitario, essendo richiesto che la prestazione di servizi venga commissionata da un cliente estero (comunitario o extracomunitario).
Infatti, dalla lettura della norma si evince che l’esportazione può essere effettuata sia dal prestatore del servizio che, in alternativa, dal committente non residente (o per conto degli stessi). Tuttavia, ai fini del riconoscimento del beneficio della non imponibilità, la lavorazione deve, in ogni caso, essere stata commissionata dal soggetto non residente, come evidenziato dalla scrivente nella risoluzione n. 470074 del 30 luglio 1990.
Conseguentemente, con riferimento al caso di specie, non si ritiene di poter aderire alla soluzione interpretativa prospettata dal contribuente, atteso che i beni oggetto della cessione vengono sottoposti a lavorazione in Italia per conto dell’istante (committente residente). Il corrispettivo della lavorazione, pertanto, non rientrando nell’ambito applicativo del menzionato art. 9, comma 1, n. 9, del D.P.R. n. 633 del 1972, dovrà essere assoggettato ad imposta.
Diverso è il trattamento del caso, non riconducibile nell’ipotesi prospettata, in cui il bene, dopo essere stato sottoposto a lavorazione, sia esportato a cura del cedente.
In quest’altra ipotesi, così come peraltro sostenuto dalla scrivente nella risoluzione n. 72 del 26 maggio 2000, può trovare applicazione il disposto dell’art. 8, comma 1, lett. a) del più volte citato D.P.R. n. 633 del 1972, che considera la cessione come “cessione all’esportazione”.
A tal fine è comunque necessario che la bolletta doganale di esportazione sia intestata al fornitore residente (con indicazione del prezzo di cessione dei beni risultante dalla fattura emessa nei confronti del cessionario) e che venga esibita alla dogana competente sia la fattura recante l’addebito al cessionario del prezzo dei beni ceduti, sia la fattura che reca l’addebito dei corrispettivi della lavorazione eseguita.
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