Interpello art. 168 TUIR. Modalità di applicazione della normativa CFC in presenza di più società dello stesso gruppo, tra cui società holding, localizzate in paesi a fiscalità privilegiata
Risoluzione Agenzia Entrate n. 235 del 23.08.2007
QUESITO
La società istante ALFA Spa detiene indirettamente delle partecipazioni in società residenti in alcuni degli Stati a fiscalità privilegiata di cui al DM 21 novembre 2001, n. 429. In merito alla partecipazione indiretta nella società ALFA Holdings Inc., con sede nelle.., l'istante chiede di conoscere se la ripartizione del suo capitale sociale in azioni ordinarie e azioni privilegiate possa influire sulla determinazione della soglia minima di partecipazione agli utili richiesta per l'applicazione della disciplina delle società collegate estere di cui all'articolo 168 del TUIR.
Inoltre, l'istante pone un secondo quesito concernente la tassazione delle partecipate indirette che sono residenti in Stati o territori appartenenti alla black list del DM 21 novembre 2001 e che, per effetto della loro funzione di sub-holding, non godono delle condizioni per la disapplicazione della normativa CFC.
Al riguardo, tenuto conto che il reddito delle predette sub-holding è costituito dai proventi distribuiti dalle società partecipate localizzate nei Paesi black list, l'istante chiede di conoscere se possano essere applicati per analogia i principi chiariti nel paragrafo 2.3.5 della circolare 4 agosto 2004, n. 36, in cui il regime della c.d. participation exemption viene applicato - in base all'articolo 87, comma 5, del TUIR - alla società holding se i requisiti necessari sussistono in capo alle società partecipate.
In particolare, la società istante chiede chiarimenti circa le modalità di applicazione dell'articolo 168 del TUIR alle sub-holding, sia nel caso di accoglimento, sia nel caso di rigetto delle istanze di disapplicazione presentate per le società controllate dalle medesime sub-holding.
SOLUZIONE PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In relazione al primo quesito, la società istante fa presente che una società intermedia della catena di partecipazione, la ALFA Investment Company Ltd, detiene una partecipazione maggioritaria nella società con sede nelle ....., la ALFA Holdings Inc., e che tale partecipazione risulta costituita interamente da "prefered shares" che danno diritto ad un dividendo minimo pari a US$ 9.143.318 (il dividendo minimo è pari al 3,5 per cento dell'ammontare nozionale attribuito ad ogni azione). La distribuzione di dividendi prodotti dalle azioni ordinarie detenute dall'altro socio, invece, è meramente eventuale e subordinata all'intero soddisfacimento dei diritti delle "prefered shares".
Ciò premesso, la società istante ritiene che la misura della partecipazione della società intermedia agli utili prodotti dalla ALFA Holdings Inc., con sede nelle ......, sia variabile e che possa essere calcolata solo alla chiusura di ogni esercizio, in quanto è pari al rapporto tra l'utile spettante in base alle disposizioni statutarie e l'utile totale conseguito, senza far riferimento all'utile effettivamente distribuito.
In relazione al secondo quesito, relativo alle società sub-holding localizzate negli Stati a fiscalità privilegiata, la società istante distingue due ipotesi.
Nell'ipotesi di accoglimento dell'interpello disapplicativo (per lo svolgimento di un'effettiva attività commerciale) presentato per le società partecipate dalle sub-holding, localizzate anche esse in Stati black list, l'istante ritiene applicabili per analogia le indicazioni fornite con la circolare n. 36 del 2004, paragrafo 2.3.5.
In base a queste indicazioni, in particolare, nell'ipotesi di holding pure, il requisito della commercialità va verificato in capo alle partecipate. Così, una volta riconosciuto l'esercizio di un'effettiva attività commerciale da parte delle sue partecipate, lo stesso requisito si trasferirebbe alla società holding, consentendo la disapplicazione anche nei suoi confronti dell'articolo 168 del TUIR.
Anche nel caso in cui l'interpello disapplicativo presentato per le controllate delle sub-holding non dovesse essere accolto, la società istante ritiene comunque non applicabile l'articolo 168 del TUIR nei confronti delle medesime sub-holding localizzate in Stati a fiscalità privilegiata. Infatti, a parere dell'istante, l'applicazione dell'articolo 168 alle sub-holding comporterebbe una doppia imposizione vietata dall'articolo 163 del TUIR, in quanto l'attivo patrimoniale di queste società è esclusivamente rappresentato dalle partecipazioni in società controllate che sono state già sottoposte a tassazione per trasparenza ai sensi dell'articolo 168 del TUIR.
L'istante ritiene, in ogni caso, che, qualora l'articolo 168 del TUIR fosse ritenuto applicabile sia alle società sub-holding, che alle loro controllate, l'imposta dovuta in Italia per le sub-holding debba essere diminuita delle imposte italiane assolte per le società controllate.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Occorre innanzitutto evidenziare che, a differenza di quanto previsto dall'articolo 167 del TUIR che, nel delineare la nozione di controllo, fa rinvio all'art. 2359 del codice civile, l'articolo 168 del TUIR individua, per la sua applicazione, una particolare ipotesi di collegamento societario.
Il legislatore, infatti, non recepisce tutte le ipotesi di collegamento ipotizzabili ai sensi dell'articolo 2359, comma 3 del codice civile - che considera collegate "le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole" - ma attribuisce rilievo soltanto a quelle situazioni di collegamento in cui la partecipazione, diretta o indiretta, agli utili conseguiti dalla società localizzata nel Paese black list risulti non inferiore alle soglie previste dal comma 1 dell'articolo 168 del TUIR.
Ne consegue che rientrano nell'ambito applicativo della norma tutte le ipotesi di partecipazioni agli utili uguali o superiori alle percentuali stabilite a prescindere dall'esistenza o meno di corrispondenti diritti di voto.
Tale interpretazione è confermata dalla Relazione illustrativa al DM 7 agosto 2006, n. 268, la quale espressamente afferma che, per la determinazione della quota di partecipazione nella società estera, "non assumono... diretta rilevanza la partecipazione al capitale e i diritti di voto in assemblea".
La quantificazione della partecipazione, pertanto, dovrà tener conto anche delle azioni prive del diritto di voto o con un limitato diritto di voto, quali ad esempio, le azioni privilegiate.
Conseguentemente, il totale dei diritti di partecipazione agli utili si ottiene sommando quelli derivanti da azioni e altre tipiche forme di partecipazione con quelli originati da particolari disposizioni statutarie, senza tener conto degli utili conseguiti o distribuiti in ciascun esercizio.
Per quanto riguarda il secondo quesito posto dalla società contribuente, relativo alla possibilità di applicare, per analogia, alcuni dei principi relativi al regime della participation exemption alle partecipazioni estere di cui agli articoli 167 e 168, si ritiene che la richiesta non possa essere accolta.
Infatti, un'interpretazione di tipo analogico presuppone una lacuna nella disciplina da interpretare e, nello stesso tempo, un'identità di ratio tra la disciplina da estendere in via analogica e quella a cui si intende applicare l'analogia.
Nel caso in esame, il regime fiscale delle partecipate estere localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata è disciplinato dagli articoli 167 e 168 del TUIR, nonché dai decreti ministeriali di attuazione, che, a differenza dell'articolo 87, comma 5, del TUIR, non prevedono una distinzione tra la disciplina delle società "holding" e quella delle altre società.
La mancata previsione di una disciplina ad hoc per le holding, tuttavia, appare voluta e non può essere considerata una lacuna del sistema.
In ogni caso, non è presente neanche un'identità di ratio tra le due discipline, in quanto il regime della participation exemption è un regime ordinario di tassazione, mentre i regimi di tassazione relativi alle controllate e collegate estere sono dei regimi con finalità antielusive che operano in deroga ai regimi ordinari.
Con riferimento alla presunta violazione del divieto di doppia imposizione derivante dall'applicazione della normativa CFC, si osserva che il richiamo dell'istante all'articolo 163 del TUIR non è pertinente.
Tale divieto è affermato, con specifico riferimento al trattamento fiscale delle società collegate di cui all'articolo 168 del TUIR, all'articolo 3, comma 3, del DM 7 ottobre 2006, n. 268, ai sensi del quale "gli utili distribuiti dal soggetto non residente non concorrono a formare il reddito complessivo del soggetto partecipante residente per la quota corrispondente all'ammontare dei redditi assoggettati a tassazione separata ai sensi del comma 1."
Ai sensi del secondo periodo del medesimo articolo 3, comma 3, tuttavia, tale divieto non è senza limiti, posto che "in caso di partecipazione all'utile per il tramite di soggetti non residenti, le disposizioni del precedente periodo si applicano agli utili distribuiti dal soggetto non residente direttamente partecipato; a questi effetti, detti utili si presumono prioritariamente formati con quelli conseguiti dall'impresa, società o ente, localizzato nello Stato o territorio con regime fiscale privilegiato che risultino precedentemente posti in distribuzione".
Infine, va da sé che dalle imposte assolte in sede di tassazione per trasparenza del reddito delle società sub-holding non possono essere portate in detrazione le imposte assolte ai medesimi fini per le altre società localizzate negli Stati a fiscalità privilegiata. Infatti, il credito d'imposta spettante per l'applicazione della normativa CFC non può essere concesso al di fuori dell'ipotesi prevista dall'articolo 167, comma 7, del TUIR (richiamato dall'articolo 168, comma 1, TUIR, nonché dall'articolo 3, comma 3, del DM 7 ottobre 2006, n. 268).
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale, viene resa dalla scrivente ai sensi dell'art. 4, comma 1, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.
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