Risoluzione Agenzia Entrate n. 242 del 19/07/2002

Interpello art. 21, comma 9, legge 30 dicembre 1991, n. 413 - Trasferimento di partecipazioni dalla sfera istituzionale alla sfera commerciale di un ente ecclesiastico
Risoluzione Agenzia Entrate n. 242 del 19/07/2002

La Direzione Regionale ........ha trasmesso l'istanza di interpello dell'ente ecclesiastico YK, volta ad ottenere un parere preventivo in ordine alla assenza di aspetti elusivi nel trasferimento di una quota di partecipazioni detenute in società commerciali dalla sfera istituzionale a quella commerciale del proprio patrimonio complessivo. L'istanza è presentata con particolare riguardo alla disposizione della lettera f) dell'art. 37-bis, comma 3, lett. f), del d.P.R. n. 600/1973.

Descrizione dell'operazione
La YK è un ente religioso con personalità giuridica che esercita, accanto alla propria attività istituzionale, anche un'attività commerciale di carattere editoriale, per la quale tiene una contabilità separata a norma dell'art. 109 del TUIR.
Nel patrimonio complessivo della YK sono presenti quote di partecipazione in due società di capitali:
- XW S.r.l., per il 99 per cento del capitale sociale;
- KJ S.r.l., per il 17 per cento del capitale sociale (del restante 83 per cento è titolare XW S.r.l.).
Le partecipazioni indicate, pur riferite al medesimo soggetto giuridico, hanno una diversa imputazione contabile. La partecipazione nella XW, infatti, è imputata per circa il 50 per cento alla sfera istituzionale dell'ente e per la restante parte a quella commerciale. La partecipazione nel KJ, invece, è interamente imputata alla sfera commerciale dell'ente.
La YK intende accorpare tutte le proprie partecipazioni nella sfera commerciale in modo da renderne più razionale la gestione e separare in modo più netto la propria sfera istituzionale da quella commerciale.
L'operazione avverrebbe applicando l'art. 109, comma 3, del TUIR, che, per individuare i beni dell'ente non commerciale relativi all'impresa, rinvia alle disposizioni di cui ai commi 1 e 3-bis dell'art. 77 del TUIR. I titoli, quindi, verrebbero iscritti nell'inventario di cui all'art. 2217 del codice civile allo stesso valore al quale sono attualmente imputati alla sfera istituzionale.
La YK sottolinea, infine, che nel caso si procedesse con l'operazione non vi sarebbe trasferimento delle partecipazioni ad un soggetto diverso dalla società stessa né sono previste successive operazioni sui titoli interessati. Il valore fiscale delle partecipazioni rimarrebbe il medesimo del costo d'acquisto sostenuto, e le eventuali future plusvalenze realizzate sulla cessione delle partecipazioni sarebbero assoggettate ad un regime impositivo più oneroso.

Interpretazione
L'operazione prospettata nell'istanza si concretizza nel trasferimento di una quota di partecipazione dalla sfera istituzionale a quella commerciale dell'ente.
Nella determinazione del costo fiscalmente riconosciuto dei beni degli enti non commerciali che transitano dalla sfera istituzionale a quella commerciale, a parere dell'istante, si renderebbero applicabili le disposizioni contenute nel comma 3-bis dell'art. 77 del TUIR, per effetto del rinvio contenuto nel successivo art. 109, comma 3.
Tale disposizione, introdotta dall'art. 10 - bis, comma 1, del d.l. 2 marzo 1989 n. 69, convertito dalla l. 27 aprile 1989, n. 154, regola il passaggio all'impresa dei beni strumentali provenienti dal patrimonio personale dell'imprenditore individuale. La norma dispone, a regime, che "per i beni strumentali dell'impresa individuale provenienti dal patrimonio personale dell'imprenditore è riconosciuto, ai fini fiscali, il costo determinato in base alle disposizioni di cui al d.P.R. del 23 dicembre 1974, n. 689 da iscrivere tra le attività relative all'impresa nel libro degli inventari ovvero, per le imprese di cui all'art. 79 del TUIR, nel registro dei cespiti ammortizzabili. Le relative quote d'ammortamento sono calcolate a decorrere dall'esercizio in corso alla data dell'iscrizione. ".
In particolare, l'istante ritiene che i titoli da trasferire siano valorizzabili ai sensi dell'articolo 7 del d.P.R. n. 689/74 che per la valutazione delle azioni e dei titoli similari non quotati fa riferimento al "costo".
Al riguardo si ritiene che l'ambito oggettivo d'applicazione del comma 3-bis citato è limitato ai beni strumentali suscettibili d'ammortamento, come espressamente indicato dalla norma e come confermato dal riferimento al registro dei cespiti ammortizzabili ed al calcolo delle quote d'ammortamento.
La determinazione del valore dei beni strumentali deve essere effettuata secondo i criteri contenuti nel d.P.R. n. 689/74, nel caso di specie quelli di cui all'articolo 4 e 5, che disciplinano la valutazione dei beni mobili ed immobili facendo riferimento al costo d'acquisto ed in via residuale, per i beni mobili non registrati, al valore normale solo nel caso in cui il costo d'acquisto non sia documentato.
Tale decreto fu emanato per disciplinare la predisposizione della situazione patrimoniale, che era un obbligo eccezionale e straordinario previsto nel passaggio dal precedente sistema fiscale a quello attuale dopo la riforma del 1973. Agli articoli da 4 a 11 il decreto dettava regole specifiche per la valutazione dei beni relativi all'impresa. Poiché, come su esposto, la disciplina dell'art. 77, comma 3-bis riguarda specificatamente i beni strumentali, il rinvio alla disciplina del d.P.R. 689/74 è applicabile a regime limitatamente alle sole disposizioni contenute negli articoli 4 e 5 e non all'art. 7 come sostenuto dal contribuente.
In sostanza, l'ipotesi d'ingresso dei beni nel regime d'impresa, al di fuori dell'acquisizione a titolo oneroso e fatta salva la norma a carattere eccezionale di cui all'art. 77, comma 3-bis per i beni strumentali, non è espressamente disciplinata, per quanto riguarda - in particolare - i profili valutativi, da alcuna norma del TUIR.
Nel testo unico è invece regolamentata la fuoriuscita dei beni, destinati al consumo personale dell'imprenditore, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee (art. 53, comma 2, e art. 54, comma 3, del TUIR).
Né d'altra parte l'ipotesi in esame del trasferimento dei titoli dalla sfera istituzionale a quella commerciale configura, in capo alla prima, il presupposto richiesto dall'art. 81 del TUIR per il realizzo della plusvalenza. Tale presupposto non potrebbe più verificarsi neanche in futuro, in quanto dopo il trasferimento i titoli sarebbero assoggettati ad un diverso regime impositivo.
Le plusvalenze e minusvalenze derivanti dai titoli in questione, infatti, non sarebbero più assoggettati a tassazione nell'ambito dei redditi diversi, ai sensi dell'art. 81, comma 1, lett. c), ma nell'ambito del reddito d'impresa, ai sensi degli articoli 54, 61 e 66 del TUIR.
In mancanza di una norma specifica che regoli la fattispecie, occorre comunque salvaguardare il principio generale del sistema in base al quale i componenti di reddito debbono rilevare nel medesimo regime nel quale sono maturati e non in un regime diverso, al fine di evitare arbitraggi rivolti a scegliere il sistema di tassazione più conveniente.
Nel caso di fuoriuscita dei beni dal regime d'impresa, il rispetto di questo principio è assicurato, ad esempio, dalla tassazione delle plusvalenze determinate in base al valore normale. Tale tassazione conclude, anche fiscalmente, la partecipazione del bene al ciclo reddituale dell'impresa.
Nel caso in esame del trasferimento di titoli dalla sfera istituzionale a quella d'impresa, invece, la valorizzazione al valore normale creerebbe un salto d'imposta nell'ipotesi in cui tale valore fosse superiore al costo. Plusvalori maturati in un regime diverso sarebbero acquisiti nel regime d'impresa senza che il maggior valore venga tassato, in quanto, come detto, non si configura il presupposto impositivo richiesto per l'applicazione dell'art. 81 del TUIR.
Viceversa, la valorizzazione dei titoli al costo, nell'ipotesi in cui esso fosse superiore al valore normale - come nel caso in esame in cui la partecipata ha conseguito ingenti perdite - consentirebbe di trasferire al regime d'impresa minusvalori maturati al di fuori di esso. I minori valori sarebbero, in questo modo, soggetti ad un regime più favorevole nel quale assumono piena rilevanza ai fini del concorso a reddito le minusvalenze da valutazione e da realizzo dei titoli.
Pertanto, anche il semplice atto del trasferimento delle partecipazioni in quanto idoneo a modificare il regime tributario applicabile ai titoli, attraendoli nel regime d'impresa, fa emergere un potenziale risparmio d'imposta che contrasta con i principi dell'ordinamento.
Di norma, invece, l'ingresso dei beni nel regime d'impresa è subordinato all'acquisizione a titolo oneroso che comporta automaticamente il riconoscimento fiscale del valore di acquisizione.
L'eccezione disciplinata dal comma 3 -bis, dell'art. 77 del TUIR si giustifica per il fatto che riguarda beni strumentali i quali cedono la loro utilità nel ciclo produttivo dell'impresa restandone influenzati nel valore. Il valore dei titoli, al contrario, per la particolare natura di tali beni, non è influenzato dall'attività dell'impresa nel cui bilancio sono iscritti.
In sostanza, in assenza di una specifica disposizione normativa che regoli la fattispecie e considerato che il trasferimento dei titoli nel regime d'impresa non costituisce un'ipotesi di realizzo, la valorizzazione dei titoli al momento dell'ingresso nel regime d'impresa, sia al costo che al valore normale, come visto, determina effetti distorsivi.
Il risparmio d'imposta che ne deriva, in evidente violazione dei principi dell'ordinamento tributario, in mancanza di valide ragioni economiche diverse da quelle fiscali, può essere valutato sotto il profilo dell'elusività.
Si osserva, al riguardo, che appare difficile ravvisare, in concreto, motivi extrafiscali sottostanti all'operazione. Solo in astratto pare sostenibile che l'operazione è necessaria per realizzare una più razionale gestione delle partecipazioni ed una netta separazione delle due attività esercitate.
Nella realtà, invece, il controllo della società partecipata e l'esercizio di tutti i diritti connessi alla partecipazione sono del tutto autonomi rispetto all'attribuzione contabile dei titoli all'una o all'altra delle diverse attività esercitate dal medesimo soggetto.
Infatti, anche se la YK esercita due attività, essa costituisce comunque un unico soggetto giuridico ed economico. Di conseguenza l'attuazione di una razionale gestione del patrimonio sociale, soprattutto con riferimento a tipici beni patrimoniali come i titoli, che per loro natura non sono strumentali alle particolari attività esercitate, è indipendente dall'attribuzione meramente contabile dei beni alla sfera commerciale o istituzionale.
In conclusione, a parere della scrivente, l'operazione deve considerarsi elusiva in quanto genera un risparmio d'imposta che contrasta con i principi dell'ordinamento e non è supportata da valide ragioni economiche.

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