Risoluzione Agenzia Entrate n. 262 del 21.09.2007

Istanza di interpello. Articoli 89, comma 3, e 168 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 91
Risoluzione Agenzia Entrate n. 262 del 21.09.2007

Il soggetto partecipante in oggetto ha richiesto la disapplicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 168 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917, ai sensi del comma 5 dell'articolo 167, relativamente ai redditi derivanti dalla società collegata sopra specificata, per i seguenti

MOTIVI
Alfa produce e commercializza valvole di regolazione nel settore energetico.
Nel 1999 Alfa, nell'ambito di una politica di espansione nei mercati dell'Estremo Oriente, ha acquisito il 49% di Beta o collegata, società costituita nel 1982 in Malesia e ivi residente, che opera nel mercato locale quale distributore di valvole nel settore energetico.
L'istante precisa che la scelta di entrare in "joint venture" con imprenditori malesi, invece di costituire direttamente una controllata, deriva dalle peculiarità della normativa locale che richiede che "il 51% delle società operanti nel settore sia posseduto da soggetti residenti".
Alfa chiede la disapplicazione della disciplina prevista dagli articoli 168 e 89, comma 3, TUIR, ritenendo che sussistono, in capo a Beta, le condizioni ed i requisiti previsti dall'art. 167, comma 5, lett. b), del TUIR.
La possibilità di ottenere la disapplicazione di queste disposizioni (cd. normativa cfc) deriverebbe, in particolare, dalla circostanza che la collegata, che negli ultimi anni ha prodotto utili in costante crescita, è soggetta ad un livello di tassazione effettiva superiore al 27% dell'utile lordo.
Al riguardo, l'istante rileva che la risoluzione n. 63 del 28 marzo 2007 ha affermato che il livello di tassazione congrua richiesto dalla citata lettera b) per la disapplicazione della normativa cfc è ravvisabile qualora l'imposta complessivamente ed effettivamente gravante sulle partecipate estere sia applicata in misura "almeno pari per ciascun anno al 27% dell'utile lordo...." e sia parametrata, dunque, "sull'aliquota minima prevista per la tassazione separata del reddito delle cfc dall'art. 167, comma 6, TUIR".
L'istante fa presente che la regola della tassazione dell'utile lordo di Beta in misura non inferiore al 27% ha subito una sola eccezione nell'esercizio 1999, l'anno in cui Alfa ha acquisito la partecipazione in Beta.
In questo esercizio, infatti, Beta, pur conseguendo utili, non avrebbe pagato alcuna imposta in ragione di un provvedimento locale, di natura straordinaria e di portata generale, che ha esentato dall'imposizione ogni reddito conseguito nel 1999.
In ogni caso, l'esenzione del 1999 non sarebbe stata un fattore determinante per la localizzazione del reddito, come dimostra la circostanza che l'investimento è stato conservato anche negli anni successivi, nei quali l'onere tributario locale non è stato "propriamente paragonabile a quello di un "paradiso fiscale".
L'esenzione del 1999 sarebbe irrilevante anche ai fini della detassazione dei dividendi distribuiti dalla collegata, in quanto non inciderebbe sulla previsione per cui la disapplicazione dell'articolo 89, comma 3, TUIR può essere concessa solo nel caso in cui gli utili prodotti dalla società estera soggiacciono ad un congruo livello di tassazione "sin dall'inizio del periodo di possesso" della partecipazione da parte della società residente.
Al riguardo, Alfa rileva che la disciplina dell'articolo 89, comma 3, TUIR intende reprimere il fenomeno di "importazione del regime "paradisiaco/privilegiato" in Italia tramite distribuzione di dividendi corrispondenti ad utili esenti. Questo "fenomeno", tuttavia, non potrebbe concretamente verificarsi nel caso di Beta, in quanto l'utile del 1999 non figura oggi tra le riserve di utili della collegata e, pertanto, non può formare oggetto di distribuzione ai soci. Gli utili conseguiti nell'esercizio 1999, infatti, sono stati in parte distribuiti ai soci sotto forma di dividendi e in parte utilizzati per coprire le perdite conseguite dalla collegata nel 1998 e nel 2000.
Alfa, inoltre, fa presente che il sistema di imposizione societaria vigente in Malesia è strutturato in modo analogo a quanto previsto dalla legislazione tributaria italiana, giacché si basa sul principio di derivazione del reddito dal bilancio d'esercizio.
Sotto il profilo strettamente imprenditoriale, infine, l'istante ribadisce che l'acquisto della partecipazione in Beta è stato posto in essere sulla base di specifiche esigenze commerciali e non nell'intento di creare apposite strutture societarie a scopo di elusione fiscale.
A supporto della richiesta di cui sopra, la società istante ha presentato varia documentazione, allegata all'istanza di interpello.

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
La richiesta avanzata dalla società istante trae motivo dalla circostanza che lo Stato della Malesia, ai sensi dell'articolo 1 del d.m. 21 novembre 2001, n. 429 (cd. "black list") è considerato Stato a regime fiscale privilegiato.
Ai sensi dell'articolo 167, comma 1, del TUIR, richiamato dal successivo articolo 168, le disposizioni dettate in materia di tassazione delle imprese estere controllate non si applicano se il soggetto residente dimostra, alternativamente, che la società non residente svolge un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nello Stato nel quale ha sede; ovvero che dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati, indicati dal citato d.m., in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati.
In base all'esame della documentazione presentata e di quanto dichiarato dalla società istante, si evidenzia che:
- i bilanci certificati della società "Gamma", relativi agli esercizi 1999 e 2000, nonché i bilanci certificati della società "Beta" (già "Gamma"), relativi agli esercizi 2001-2006, rilevano il conseguimento di utili crescenti negli anni di riferimento;
- il dettaglio dell'attestazione della società di revisione in merito all'onere tributario relativo ai bilancio 2004 e 2005 della collegata indica che, in questi anni, l'aliquota effettiva gravante sull'utile prodotto dalla collegata è stata superiore al 27%;
- la certificazione relativa alla distribuzione dei dividendi 2005 e 2006 inviata da Beta a Alfa dimostra l'avvenuto rimpatrio degli utili spettanti ad Alfa.
In base a quanto premesso e alla documentazione presentata, è agevole concludere che la richiesta di disapplicazione della normativa cfc avanzata dall'istante si basa pressoché esclusivamente sul tentativo di dimostrare l'effettivo assoggettamento del reddito della controllata estera ad un'aliquota pari, se non superiore, al 27%.
Il contribuente, infatti, ritiene che, in base a quanto affermato nella risoluzione n. 63/2007, la dimostrazione che Beta subisce annualmente una imposizione sul reddito in misura superiore al 27% dell'utile lordo sia "condizione ... sufficiente ... per soddisfare i requisiti previsti dall'articolo 167, comma 5, lettera b), TUIR".
L'interpretazione data dal contribuente alla più volte citata risoluzione n. 63/2007, tuttavia, non è corretta.
Nella risoluzione n. 63/2007, infatti, si è dato rilievo a una serie di circostanze di fatto che concorrevano tutte a dimostrare che, nel caso di specie, non si produceva "l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al comma 4".
Di particolare rilievo, in tal senso, appariva la circostanza che i redditi prodotti da una società localizzata in un Paese incluso nella black list fossero distribuiti ad una terza società, non residente in un Paese a fiscalità non privilegiata, e, pertanto, potessero considerarsi - all'esito di una valutazione complessiva delle dinamiche del gruppo, che teneva conto dell'aliquota complessivamente ed effettivamente gravante sul reddito prodotto dalla controllata black list - non localizzati in un Paese a fiscalità privilegiata.
Queste condizioni non si ripresentano nel caso prospettato dall'istante.
L'istanza in esame, infatti, non appare volta a dimostrare che il reddito della collegata non è localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata, come richiesto dall'articolo 167, comma 5, lettera b) TUIR, ma a dimostrare che la Malesia non può essere "propriamente paragonabile" a un Paese a fiscalità privilegiata, in quanto l'aliquota applicabile alle società ivi residenti è superiore al 27%. In un certo senso, l'istante non sembra volere la disapplicazione della normativa cfc, quanto la "disapplicazione" della black list.
Come tale, l'istanza è inammissibile.
Occorre ribadire, al riguardo, che l'inclusione di uno Stato o territorio tra quelli elencati dall'articolo 1 del d.m. 21 novembre 2001 - e, cioè, tra gli Stati considerati comunque a fiscalità privilegiata, a prescindere dal tipo di regime tributario concretamente applicabile alle società di volta in volta considerate- è stata effettuata dal legislatore in base a valutazioni non sindacabili in sede di interpello.
Come significativamente evidenziato anche dal testo del comma 4 dell'articolo 167 TUIR, la black list è stata redatta in esito alla valutazione di una pluralità di fattori, tra cui assume rilievo non solo l'aliquota effettivamente applicabile alle società residenti, ma anche, ad esempio, la sussistenza di un completo ed efficiente scambio di informazioni con l'amministrazione finanziaria italiana.

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