Risoluzione Agenzia Entrate n. 27 del 25.02.2005

Istanza di interpello. X Srl - Deducibilità dei canoni derivanti da un contratto di sale and lease back avente ad oggetto un marchio d'impresa. Articoli 102, comma 7 e 103, comma 1, del TUIR
Risoluzione Agenzia Entrate n. 27 del 25.02.2005

Quesito
La società X Srl, operante nel settore della produzione e della distribuzione di macchine per la lavorazione del legno, è proprietaria del marchio registrato "X", che risulta iscritto tra le immobilizzazioni immateriali ed è interamente ammortizzato.
La società istante intende procedere alla rivalutazione del marchio aziendale, dall'attuale valore di euro zero al valore di euro 500.000, sulla base di quanto disposto dall'art. 2, comma 25, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, con il pagamento dell'imposta sostitutiva del 19%.
Successivamente alla predetta rivalutazione, la X s.r.l. vuole effettuare nel periodo d'imposta 2004 un'operazione di sale and lease back: a tal fine, procederà alla cessione del marchio, per un prezzo pari ad euro 500.000, a favore di una società di leasing con contestuale stipula di un contratto di leasing finanziario con quest'ultima e conseguente deduzione per competenza dei canoni di locazione finanziaria.

Soluzione interpretativa proposta dall'istante
La società istante, in sede di redazione del bilancio al 31 dicembre 2003, procederà all'ammortamento del marchio in misura pari ad un decimo del costo, come previsto dal comma 1 dell'art. 103 del TUIR, modificato dal d.lgs. 344 del 2003 (già art. 68), poiché l'espresso richiamo alla normativa introdotta dalla legge 21 novembre 2000, n. 342, consente di rivalutare i beni con effetto fiscale già dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2003.
A parere dell'istante, inoltre, l'operazione di sale and lease back che ha intenzione di realizzare non presenta alcun limite di durata minima da rispettare, prevista invece dal comma 7 dell'art. 102 del TUIR per i contratti di leasing finanziario aventi ad oggetto beni materiali strumentali. Considerato che il marchio d'impresa costituisce un bene immateriale, esclude che la disciplina richiamata si renda applicabile al caso in esame.
Conseguentemente, secondo la X s.r.l., è da ritenere del tutto legittima la stipula di un contratto di locazione finanziaria di durata anche pari a dodici o ventiquattro mesi, con deduzione integrale dei canoni di locazione finanziaria corrisposti alla concedente società di leasing.

Parere della Direzione
L'articolo 2, commi 25, 26 e 27, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ha disposto la riapertura dei termini per la rivalutazione facoltativa dei beni d'impresa, originariamente prevista dagli articoli da 10 a 16 della legge 21 novembre 2000, n. 342. In particolare, la norma citata consente di adeguare ai valori effettivi la rappresentazione contabile dei beni materiali, immateriali e delle partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile costituenti immobilizzazioni, iscritti in bilancio al 31 dicembre 2002.
Con riferimento ai beni immateriali, sia l'articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale 13 aprile 2001, n. 162, sia la circolare del 16 novembre 2000, n. 207/E, hanno già specificato che devono intendersi compresi in tale categoria anche i beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati quali, tra gli altri, i marchi, se pur completamente ammortizzati.
E' stato chiarito, inoltre, che il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione si considera riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP, a decorrere dall'esercizio nel cui bilancio la rivalutazione è eseguita e quindi, per la generalità dei casi, già nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2003.
Si concorda, pertanto, con la X S.r.l. sulla possibilità di calcolare gli ammortamenti civilistici e fiscali sul valore del cespite rivalutato già nel predetto bilancio.
Per quanto concerne la seconda questione prospettata nell'istanza, occorre preliminarmente osservare che non sussistono impedimenti di carattere civilistico all'operazione che la società intende porre in essere nel periodo d'imposta 2004, considerato che, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, in attuazione della direttiva n. 89/104/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988, si è normativamente affermato il principio della libera cedibilità del marchio, ovvero la legittima possibilità di trasferire solamente il segno identificativo dei prodotti dell'impresa senza la contestuale cessione dell'azienda o di un ramo di essa (v. articolo 2573 del codice civile).
Ciò posto, si evidenzia che la vendita con locazione di ritorno (definita in lingua anglosassone sale and lease back), è un contratto atipico ormai largamente diffuso con il quale un'impresa commerciale o industriale vende un bene ad un'impresa finanziaria che contestualmente concede in locazione finanziaria il bene medesimo all'impresa venditrice; quest'ultima corrisponde i canoni pattuiti, con facoltà di riacquistare la proprietà del bene venduto, al termine della durata del contratto, mediante il pagamento del prezzo stabilito per il riscatto (cfr. circ. del 30 novembre 2000, n. 218).
Il dubbio interpretativo sollevato dalla società istante concerne la disciplina fiscale applicabile all'operazione descritta ed origina dall'assenza di una espressa disposizione tributaria che regoli l'acquisizione in leasing dei beni immateriali.
Si osserva tuttavia che la disposizione contenuta nell'articolo 102, comma 7, del vigente TUIR, sia pure con riguardo all'acquisizione in leasing dei beni materiali strumentali, ammette la deduzione dei relativi canoni, da parte dell'impresa conduttrice, "a condizione che la durata del contratto non sia inferiore a otto anni, se questo ha per oggetto beni immobili e alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa, se il contratto ha per oggetto beni mobili".
Con riferimento ai marchi d'impresa, peraltro, la disciplina fiscale si occupa della deducibilità del costo sostenuto per l'acquisto in proprietà, stabilendo, all'articolo 103 del TUIR, che le relative quote di ammortamento "sono deducibili in misura non superiore ad un decimo del costo".
Pur in assenza di specifiche disposizioni, ritiene la scrivente che anche il trattamento fiscale da riservare all'acquisto del marchio mediante contratto di locazione finanziaria, non possa sottrarsi ai principi desumibili dalle richiamate disposizioni normative, secondo cui il regime fiscale dei canoni di locazione finanziaria deve potersi ricollegare alla disciplina prevista per l'ammortamento dei medesimi beni.
Con riferimento al caso di specie, si osserva che la fissazione di un termine minimo di durata del contratto di leasing finanziario, disposta dall'articolo 102, comma 7 del TUIR, è volta ad impedire un utilizzo elusivo dello strumento negoziale; in altri termini, si vuole evitare che, ricorrendo allo schema negoziale del leasing finanziario, il conduttore deduca il costo sostenuto per la disponibilità del bene impiegato nel processo produttivo in un tempo molto più breve rispetto al corrispondente periodo di ammortamento previsto con riferimento all'acquisto in proprietà.
Come ricordato nelle recenti risoluzioni del 23 febbraio 2004, n. 19/E e del 10 maggio 2004, n. 69/E, la norma risponde ad un'esigenza di carattere generale di "assicurare nel tempo, in relazione alle mutevoli condizioni di mercato, la necessaria neutralità fiscale della scelta aziendale tra acquisizione dei beni in proprietà e in leasing" (v. relazione ministeriale al d.l. 28 dicembre 1989, n. 414, reiterato con il d.l. 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, recante modifiche al comma 8 dell'articolo 67 del TUIR ante riforma).
Considerata la ratio ispiratrice della disposizione in esame, non si ravvisa nel sistema alcuna valida ragione perché il perseguimento di tale finalità non debba essere garantito anche nell'ipotesi in cui il contratto di leasing abbia per oggetto beni diversi da quelli materiali, purché ammortizzabili.
La carenza nell'ordinamento tributario di disposizioni specificamente riferite alla conduzione in leasing di beni immateriali non può essere interpretata come la manifestazione della precipua volontà normativa di non porre limiti alla deducibilità dei canoni di leasing sui predetti beni e, dunque, di riservare a tale categoria di beni un diverso e più favorevole trattamento fiscale. La spiegazione di tale carenza normativa può rintracciarsi, piuttosto, nella semplice impossibilità del legislatore del Testo Unico di immaginare che l'autonomia contrattuale si sarebbe spinta fino al punto di prevedere la stipula di contratti di leasing su marchi d'impresa.
In sostanza, si ritiene che la modalità temporale di deduzione prevista per i beni materiali non presenti alcuna incompatibilità con l'ipotesi esaminata e debba estendersi, per analogia, anche ai contratti aventi ad oggetto beni immateriali.
Come si è avuto modo già di affermare con la risoluzione del 10 gennaio 2002, n. 7/E, il ricorso all'analogia, quale criterio sussidiario per l'interpretazione di una norma di legge, trova il suo fondamento nel c.d. principio di uguaglianza cui si ispira l'ordinamento giuridico: i casi simili devono essere regolati da norme simili. In particolare, nel diritto tributario, l'analogia è sostanzialmente ammessa in riferimento alle norme c.d. "procedurali" (norme sul "quantum"), come nel caso prospettato, restando invece preclusa (per l'esistenza della riserva di legge di cui all'articolo 23 della Costituzione) laddove si tratti di stabilire se un fenomeno sia riconducibile o meno ad una determinata norma impositrice (norme sull' "an debeatur").
L'analogia costituisce, in definitiva, un procedimento interpretativo del diritto positivo che si realizza ricercando ed applicando l'eadem ratio, ogni qual volta sia mancante la norma che regoli la materia specifica di cui si tratti. Tale ratio comune può tuttavia non sussistere - ed in simile ipotesi resta precluso il ricorso al procedimento analogico -, quando il sistema cui si rimanda in via sussidiaria contiene elementi incompatibili con quello da regolamentare.
La conclusione cui si deve pervenire tenendo conto della sostanziale identità di situazione rispetto a quella disciplinata dall'articolo 102, comma 7, del TUIR, consiste:
- con riferimento al conduttore, nell'individuare la durata minima del contratto in oggetto in almeno cinque anni (ambito temporale equivalente alla metà del periodo di ammortamento fissato ex articolo 103, comma 1, del TUIR per la deduzione del costo dei marchi di impresa). A differenza di quanto sostenuto nell'istanza, soltanto in presenza della predetta durata minima del contratto è consentito alla società utilizzatrice di dedurre i canoni periodicamente addebitatigli, nel rispetto del principio di competenza previsto dall'articolo 109 del TUIR;
- con riferimento al concedente, nell'ammettere che l'ammortamento del bene locato sia effettuato sulla base del relativo piano di ammortamento finanziario (con esclusione dell'ammortamento anticipato), e ciò a prescindere dalla durata del contratto stipulato.
Infine, è solo il caso di precisare che la X S.r.l. potrà legittimamente operare l'ammortamento del marchio rivalutato solo nell'esercizio 2003 (in misura pari ad un decimo del costo) e non potrà imputare alcuna quota di ammortamento negli esercizi successivi, durante i quali il marchio cessa di costituire un bene d'impresa perché ceduto alla società di leasing.
Solo alla scadenza del relativo contratto di sale and lease back, per effetto dell'esercizio dell'opzione di riscatto, la società potrà iscrivere tra le immobilizzazioni immateriali il prezzo corrisposto per il riacquisto in proprietà del marchio e procedere al suo ammortamento fiscale secondo le disposizioni contenute nell'articolo 103, comma 1, del TUIR.
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale ........, viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.

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