Istanza di interpello- Articolo 11, legge 27/7/2000, n. 212. Credito di imposta di cui all'art. 7 della legge 23 dicembre 2000, n. 388
Risoluzione Agenzia Entrate n. 349 del 08.11.2002
Con istanza presentata all'Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale della ...., il sig. XY ha sottoposto un quesito concernente l'esatta applicazione del credito di imposta previsto dall'art 7 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Esposizione del quesito
L'istante, in qualità di pensionato, che versa in precarie condizioni di salute, ha assunto quale collaboratore familiare, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, il sig. ZY, nato a....., il quale nei 24 mesi antecedenti la predetta assunzione non ha svolto alcuna attività di lavoro dipendente. Il sig. ZY è figlio del contribuente istante.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L'interpellante ritiene, relativamente all'assunzione come collaboratore familiare del proprio figlio, di poter usufruire dell'agevolazione prevista dall'art. 7 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ovverosia del credito d'imposta di € 413,17, cui aggiungere l'ulteriore maggiorazione di € 206,58, in quanto il rapporto di lavoro in oggetto si instaura in ...., area geografica ricompresa nelle zone di cui all'Obiettivo 1 del Regolamento CE n. 1260/99.
Parere dell'Agenzia delle Entrate
L'art. 7 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, riconosce ai datori di lavoro, che, nel periodo di imposta compreso tra il 1 ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003, incrementano il numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, un credito di imposta di € 413,17, per ciascun lavoratore assunto, ed inoltre, qualora tale nuova assunzione avvenga in "...unità produttive ubicate nelle aree di cui all'obiettivo 1 del Regolamento CE n. 1260/99..." è riconosciuto un ulteriore credito di imposta pari a € 206,58.
Il predetto articolo 7 detta inoltre le condizioni cui è subordinata la concessione del credito di imposta, richiedendo, tra l'altro, che il nuovo assunto abbia un'età superiore ai 25 anni e che nei 24 mesi precedenti non abbia svolto alcuna attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
La Circolare n. 1/E del 03 gennaio 2001, ha specificato che, agli effetti del beneficio in discorso, rientrano nella nozione di "datori di lavoro" non solo i soggetti che esercitano attività di impresa e di lavoro autonomo, ma, in generale, tutti coloro che, in base alla vigente normativa, rivestono tale qualifica, precisando inoltre che possono essere tali anche le persone fisiche le quali, pur non esercitando attività d'impresa o di lavoro autonomo, assumono lavoratori dipendenti.
Tuttavia, sulla possibilità che possa nascere un vero e proprio rapporto di lavoro -o di collaborazione familiare - tra i componenti dello stesso nucleo familiare si è già espressa la Suprema Corte, la quale ha ripetutamente affermato che sussiste una presunzione di gratuità, fino a prova contraria, delle prestazioni di opera personale rese nell'ambito familiare da persone conviventi (Cass. n. 751/1971, n. 6083/1991, n. 5803/1990, n. 818/1989, n. 1701/88, n.6867/87, n. 7185/96).
Inoltre, sulla scia dell'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, anche l'INPS si è pronunziato in tal senso, specificando, nella Circolare n. 89 del 6 maggio 1989 (richiamata altresì dalla Circolare INPS del 23 marzo 1990, n. 74), che "...le prestazioni domestiche in favore di parenti o affini di 1 grado, indipendentemente dalla convivenza, sono da considerare prestate per motivi affettivi e quindi prive di tutela previdenziale, salve eccezionali situazioni da verificare con estrema prudenza...".
E' necessario inoltre tener presente che dai rapporti familiari derivano sempre e comunque in capo ai componenti della famiglia dei fondamentali diritti-doveri, tra i quali anche il cd. "diritto di solidarietà familiare" ovvero il diritto di ricevere assistenza e collaborazione all'interno del nucleo familiare, cui si collega il reciproco dovere di prestare le stesse cure in favore dei familiari.
Il diritto alle prestazioni di solidarietà familiare, sebbene più spesso configurato con riferimento agli aspetti di natura economico-patrimoniale, può avere indubbiamente ad oggetto anche prestazioni di assistenza morale e di cura diretta dei congiunti.
I rapporti familiari trovano del resto tutela anche in campo penale attraverso l'art. 570 c.p., che punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Nel caso in esame, il sig. XY, nella qualità di persona fisica, ha assunto il proprio figlio quale collaboratore familiare, impegnato appunto nell'assistenza del genitore. In tale ipotesi, pur presentando l'istante le caratteristiche del "datore di lavoro" richieste dalla citata Circolare n. 1/E del 3 gennaio 2001, il vincolo instaurato difetta delle connotazioni tipiche di un rapporto di lavoro subordinato e trova la principale radice nei doveri di cura familiare. Infatti, l'assistenza data dal figlio al proprio genitore malato corrisponde alle normali esigenze di supporto materiale e morale dei componenti della famiglia, derivanti dai vincoli affettivi, ed è resa in assenza dei requisiti dell'obbligatorietà e sinallagmaticità della prestazione lavorativa propri di un rapporto di lavoro subordinato.
In conclusione, per tutto quanto sopra esposto, la scrivente ritiene che l'assunzione del proprio figlio come collaboratore familiare, da parte del genitore, pensionato, non avendo rilevanza ai fini previdenziali, e considerata l'esistenza del generico diritto-dovere di solidarietà ed assistenza familiare che l'ordinamento pone in capo ai componenti di ogni nucleo familiare, non possa in alcun modo dar luogo ad una fattispecie rilevante ai fini dell'agevolazione di cui all'art. 7 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Ne consegue che l'assunzione in esame non comporterà il sorgere del diritto al credito di imposta in capo al sig. XY.
La risposta di cui alla presente risoluzione, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale della ...., viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.
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