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Risoluzione Agenzia Entrate n. 368 del 03.10.2008

Consulenza Giuridica - Circolare n. 99 del 2000 - Credito d'imposta ex art. 165 TUIR - Imposte estere pagate da consorzio - Detraibilità pro-quota per le imprese consorziate
Risoluzione Agenzia Entrate n. 368 del 03.10.2008

Con la richiesta di consulenza giuridica specificata in oggetto, concernente l'interpretazione dell'articolo 165 del D.P.R. n. 917 del 1986, è stato esposto il seguente

QUESITO
L'Associazione ALFA ha chiesto alla scrivente di pronunciarsi in merito alle modalità di applicazione del credito d'imposta per imposte estere, nei rapporti tra consorzi e imprese consorziate.
Il quesito si riferisce, in particolare, ai consorzi con attività esterna costituiti tra imprese italiane per la conclusione - in nome del consorzio ma per conto delle imprese consorziate - di un contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di un'opera situata all'estero. Si tratta di una tipologia di consorzio molto diffusa nel settore delle grandi opere, ove la complessità dell'oggetto da realizzare comporta la necessità che più imprese, ciascuna dotata di elevata specializzazione in un determinato settore, combinino le rispettive competenze e si presentino al cliente unitariamente.
Con riferimento a tale ipotesi l'istante fa presente che qualora una parte delle attività necessarie per l'assolvimento delle obbligazioni assunte dal consorzio mediante la sottoscrizione del contratto di appalto sia concretamente eseguita all'estero ed ivi configuri l'esistenza di una stabile organizzazione, lo Stato estero potrebbe assoggettare ad imposta i redditi derivanti dalla citata attività.
Si pone pertanto il problema di stabilire in che modo possa trovare applicazione l'art. 165 del TUIR, recante la disciplina del credito per le imposte pagate all'estero.
Infatti, mentre nello Stato estero le imposte sono pagate dal consorzio (che assume la qualifica di soggetto passivo con riferimento ai redditi ivi prodotti), nel nostro ordinamento il consorzio, pur rivestendo la qualifica di soggetto passivo IRES (art. 73, comma 2, del TUIR), ha un reddito imponibile tendenzialmente nullo per effetto del "ribaltamento" pro-quota alle consorziate dei ricavi derivanti dal contratto stipulato con il soggetto terzo, nonché dei costi derivanti dalla gestione del consorzio.
Conseguentemente, nell'ipotesi (ricorrente) in cui il consorzio abbia un reddito pari a zero e, dunque, non debba pagare imposte in Italia, sorgono alcuni problemi sulle modalità di applicazione dell'art. 165 del TUIR, il quale prevede che nel caso di redditi prodotti all'estero da un soggetto residente ed ivi assoggettati a tassazione, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta in Italia.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'istante ritiene che in presenza di un consorzio con attività esterna (costituito da imprese italiane per la conclusione di un contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di un'opera all'estero), le imposte estere eventualmente pagate dal consorzio sul reddito derivante dall'attività ivi svolta siano ammesse in detrazione pro-quota dall'imposta netta dovuta dalle imprese consorziate (nei limiti ed alle condizioni di cui all'art. 165 del TUIR).
Tale soluzione, a giudizio dell'Associazione istante, si giustifica in virtù del principio generale - desumibile dalla normativa che disciplina il credito d'imposta con riferimento ai soggetti fiscalmente trasparenti (art. 165, comma 9, del TUIR) - secondo cui, ogniqualvolta si verifica uno "sdoppiamento" tra il soggetto in capo al quale il reddito è effettivamente sottoposto ad imposizione ed il soggetto che formalmente subisce il prelievo all'estero, tale credito spetta al soggetto nei cui confronti il reddito è sottoposto ad imposizione.

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Al riguardo, si osserva che ai fini della risoluzione del caso è opportuno premettere alcuni cenni sulla natura e sulla disciplina civilistica dei consorzi.
Ai sensi dell'art. 2602 del codice civile, la causa del contratto di consorzio è la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle imprese consorziate e l'istituzione di un'organizzazione comune si pone come mezzo per l'attuazione dello scopo consortile. Il consorzio, quindi, rappresenta uno strumento di collaborazione generale tra imprese, volto a realizzare le più razionali ed opportune sinergie.
E' del tutto evidente che il consorzio, sebbene sia (al pari delle società) soggetto commerciale, persegue tuttavia una funzione diversa da quella propria delle società commerciali.
Il consorzio, infatti, pur essendo costituito per l'esercizio di un'attività d'impresa, non ha fine di lucro ma persegue uno scopo mutualistico. E tale scopo non viene meno nei consorzi con attività esterna, con riferimento ai quali la dottrina ha ammesso la produzione di un utile, a condizione che la stessa si realizzi in via meramente secondaria ed eventuale.
Tali consorzi, regolati negli artt. 2612 e seguenti del codice civile, sono caratterizzati dalla circostanza che alcune delle funzioni imprenditoriali proprie di ciascun consorziato vengono affidate - per l'esercizio in esclusiva - ad un apposito ufficio, destinato a svolgere un'attività nei confronti di terzi.
In particolare, lo strumento del consorzio con attività esterna può essere utilizzato per l'assunzione, sia da privati che da enti pubblici, di lavori, opere e forniture, da affidare per la relativa esecuzione alle imprese aderenti ovvero da realizzare per conto delle imprese stesse e con organizzazione comune dei mezzi necessari. Il consorzio, in tal caso, presta alle imprese consorziate un servizio commerciale (consistente nell'assunzione di contratti di appalto in nome proprio ma per conto delle imprese stesse) e poi servizi di assistenza tecnica (collaborazione a progetti), economica e finanziaria.
Dal fatto che il consorzio stipuli i contratti in nome proprio deriva che, nei rapporti esterni, appaltatore è il solo consorzio; dal fatto che il consorzio agisca, sebbene in nome proprio, per conto e nell'interesse delle imprese aderenti deriva che, nei rapporti interni, appaltatori sono solo le imprese.
E' opportuno evidenziare che non c'è una duplicità di contratti di appalto (un appalto del soggetto appaltante al consorzio e un subappalto del consorzio alle imprese consorziate) ma un unico contratto d'appalto che il consorzio stipula in nome proprio, ma per conto delle imprese aderenti.
Inoltre, il vincolo in forza del quale le singole imprese danno esecuzione agli appalti stipulati dal consorzio risiede nello stesso rapporto consortile.
In pratica, col contratto di consorzio le singole imprese aderenti conferiscono agli organi consortili l'incarico, da un lato, di assumere appalti per loro conto e in nome del consorzio, dall'altro, di provvedere alla distribuzione - alle varie consorziate - dei lavori da eseguire. Allo stesso tempo esse si impegnano, per i lavori loro assegnati, a rimborsare al consorzio le spese da questo sostenute (o, a seconda dei casi, a sostenerle direttamente) e a sollevarlo da ogni rischio inerente all'esecuzione dell'appalto.
Si osserva infatti che, come chiarito dalla giurisprudenza, il rischio dell'affare concluso dal consorzio incombe sull'impresa assegnataria, tenuta a renderne indenne il consorzio (Cass., 16 novembre 1983, n. 6822).
Ciò trova conferma nell'art. 2615, comma 2, il quale stabilisce che "per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati rispondono questi ultimi solidalmente con il fondo consortile".
Con tale norma il legislatore ha inteso derogare al principio generale espresso dall'art. 1705 del codice civile - in base al quale il mandatario senza rappresentanza acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi - proprio al fine di rendere rilevante anche all'esterno l'interna imputazione del rischio d'impresa alle singole consorziate. In altri termini, in presenza di un consorzio che ha assunto obbligazioni per conto delle singole consorziate, l'obbligazione sorge direttamente in capo ad esse, per il solo fatto che sia stata assunta nel loro interesse (Cass. 27 settembre 1997, n. 9509).
Per quanto concerne, poi, i diritti derivanti dal contratto concluso dal consorzio, si osserva che il comma 2 del citato art. 1705 del codice civile prevede la facoltà, per il mandante, di sostituirsi al mandatario per esercitare i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato.
In proposito la giurisprudenza ha chiarito che "il diritto di credito insorto da un contratto concluso dal mandatario senza rappresentanza è acquisito nel patrimonio dal mandante al momento stesso del suo sorgere e, pertanto, non è configurabile un successivo trasferimento di quello stesso diritto al mandante ad opera del mandatario" (Cass. 10 ottobre 1975, n. 3230).
In linea con tale impostazione è stato inoltre affermato che "la facoltà del mandante di sostituirsi al mandatario per esercitare i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato non è condizionata dall'inerzia o anche solo dalla negligenza del mandatario nella tutela dei propri diritti verso i terzi contraenti. L'esito favorevole dell'azione si acquisisce direttamente al patrimonio del mandante, agendo egli in via diretta e non surrogatoria" (Cass. 10 maggio 1965, n. 879).
Applicando tali principi al caso del consorzio, è possibile affermare che il diritto delle consorziate alla percezione dei compensi ritraibili dalla commessa spetta alle stesse a titolo originario e non derivato, in quanto il consorzio introita le somme in qualità di mandatario e quindi per conto e nell'interesse delle società mandanti.
Alla stessa conclusione si giunge valorizzando la funzione del consorzio quale soggetto che, a differenza delle società, non mira a produrre un utile da ripartire successivamente tra i soci, bensì persegue uno scopo mutualistico.
Ciò comporta, come sostenuto dalla scrivente nella risoluzione n. 888 del 30 maggio 1986, che il consorzio, a differenza della società, "non deve conseguire l'utile nè correre l'alea dell'opera, per poi dividerlo tra le imprese consorziate, ma deve restare estraneo al risultato - in utile o in perdita - dell'affare, risultato che deve invece prodursi direttamente in capo alle imprese consorziate".
In coerenza con tale impostazione, il rendiconto del consorzio (che assolve sostanzialmente alla funzione di conto economico) non sarà influenzato dai compensi corrisposti dall'ente appaltante come corrispettivo dei lavori eseguiti. Tali somme, infatti, come chiarito dalla scrivente nella risoluzione n. 1450 del 14 ottobre 1976, "non costituiscono ricavi per il consorzio, bensì sono ricavo per le singole imprese consorziate nei limiti della quota ad esse spettante". Le stesse, contrapponendosi ai costi per la realizzazione dei lavori (che le società consorziate, a seconda dei casi, sostengono direttamente o sotto forma di contributi ordinari di esercizio versati al consorzio) fanno sì che "il risultato positivo o negativo dell'appalto si realizzi direttamente in capo alle singole imprese consorziate" (risoluzione 30 maggio 1986, n. 888).
In altri termini, avendo il consorzio uno scopo mutualistico ed agendo lo stesso come mandatario (seppur senza rappresentanza) delle imprese consorziate, gli effetti economici e reddituali dell'attività posta in essere in esecuzione dei contratti di appalto dallo stesso conclusi "si producono direttamente ed esclusivamente in capo alle consorziate" (risoluzione n. 377 del 2 dicembre 2002).
Alla luce di tali considerazioni è possibile dare risposta positiva al quesito posto dall'Associazione istante con riferimento al credito per le imposte pagate all'estero dal consorzio.
Si osserva, infatti, che ai sensi dell'art. 165, co. 1, del TUIR, presupposto fondamentale per il riconoscimento del credito d'imposta estero è il concorso dei redditi prodotti all'estero alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente, in capo al quale gli stessi sono sottoposti a tassazione nel nostro Paese.
Come riferito nell'istanza, la tassazione all'estero si verifica ogniqualvolta l'esecuzione dell'appalto assunto dal consorzio richieda lo svolgimento di attività nello Stato estero, con modalità tali da configurare l'esistenza di una stabile organizzazione.
Le imposte estere, dunque, si riferiscono al reddito derivante dalle attività poste in essere dalle consorziate per dare esecuzione concreta al contratto di appalto concluso dal consorzio. Tale reddito, come illustrato sopra, si produce direttamente ed originariamente in capo alle imprese consorziate e concorre, pertanto, alla formazione del reddito complessivo delle stesse (e non a quello del consorzio).
Conseguentemente, si ritiene corretto sostenere che il credito per le imposte pagate all'estero dal consorzio, sul reddito derivante dalle opere di esecuzione dell'appalto, spetti alle imprese consorziate in proporzione alla loro quota di partecipazione agli utili.
Tale credito, per la determinazione del quale si applicano le regole dettate dall'art. 165 del TUIR, dovrà essere calcolato da ciascuna società consorziata in base alla propria posizione reddituale e sarà scomputato dall'imposta netta dalle stesse dovuta sul proprio reddito complessivo, alla cui formazione ha concorso il reddito prodotto all'estero.
La risposta di cui alla presente nota viene resa dalla scrivente nell'ambito della consulenza giuridica di cui alla circolare n. 99 del 18 maggio 2000.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dagli uffici.

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