Istanza di interpello del 10 novembre 2003 - Autorità Portuale di .... - Natura dell'Ente - Trattamento tributario canoni demaniali
Risoluzione Agenzia Entrate n. 40 del 16.03.2004
Con l'istanza di interpello di cui all'oggetto concernente l'esatta applicazione dell'art. 74 del DPR 22 dicembre 1986 n. 917 e dell'articolo 4 del DPR 26 ottobre 1972, è stato esposto il seguente
QUESITO
L'istante riferisce che il Consiglio di Stato, nell'adunanza del 9 luglio 2002, pronunciandosi in merito alla natura giuridica delle Autorità Portuali - istituite dall'art. 6 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 - ha ritenuto che il carattere eminentemente pubblicistico delle attività demandate ai citati organismi per l'espletamento dei propri compiti istituzionali escluda che le stesse possano essere configurate quali "enti commerciali".
Sulla base delle suddette considerazioni l'Organo consultivo ritiene applicabile alle Autorità Portuali la disposizione di cui all'art. 88 (ora 74), comma 2, del TUIR, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in forza della quale non costituisce esercizio di attività commerciale l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici.
Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto l'interpellante sostiene che, non avendo per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, ai sensi dell'art. 4, quarto comma, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, si considerano effettuate " nell'esercizio di impresa " soltanto le cessioni di beni e prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali.
Il medesimo art. 4, quinto comma, precisa, tuttavia, che "... sono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici, le seguenti attività:... h) servizi portuali e aeroportuali".
In merito l'istante richiama il contenuto dell'art. 6 della legge n. 84 del 1994, che indica che le Autorità Portuali svolgono compiti di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e, inoltre, devono provvedere alla manutenzione delle parti comuni ed all'affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, precisando che, tuttavia, relativamente a tali funzioni l'Autorità portuale non ha possibilità di gestione diretta.
Ciò risulta anche dal comma 6 della medesima disposizione, che fa espresso divieto alle Autorità portuali di esercitare, in alcun caso, né direttamente né attraverso la costituzione o la partecipazione in società, la gestione delle operazioni portuali e ogni attività strettamente connessa.
Ciò stante, l'interpellante ritiene che per le attività relative ai servizi portuali di cui all'art. 4, quinto comma, del DPR n. 633 del 1972 - considerato che le Autorità portuali non possono gestirle direttamente - il riferimento soggettivo non può che ricadere, esclusivamente, sui soggetti che, nell'ambito portuale, svolgono ed esercitano direttamente dette attività.
L'interpellante ritiene altresì non assoggettabili ad IVA i canoni demaniali percepiti.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'Autorità Portuale di ..... ritiene applicabile, ai fini delle imposte sui redditi, l'art. 88 (ora 74), comma 2, lettera a), del TUIR.
Alla luce di quanto esposto nel quesito, ad avviso dell'istante, alle operazioni effettuate dalle Autorità portuali non è applicabile l'IVA, fermo restando il principio generale che devono essere considerate effettuate nell'esercizio di impresa le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di eventuali attività commerciali.
L'Autorità portuale di .... ritiene, quindi, di dover adottare il seguente comportamento: chiusura della partita IVA e cessazione della soggezione all'IRPEG a partire dal periodo d'imposta 2004.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Il Consiglio di Stato, con il parere n. 1641, reso dalla sezione terza in data 9 luglio 2002, ha affermato che l'art. 6, comma 1, della legge 28 gennaio 1994 n. 84, attribuisce alle Autorità portuali una serie di compiti riguardanti prevalentemente attività di supervisione e controllo sul corretto funzionamento del porto e delle sue strutture operative.
Dette attività, implicanti anche l'esercizio di poteri autoritativi, assumono una connotazione di carattere pubblicistico, in linea con il disposto del successivo comma 2 dell' articolo 6 della legge n. 84 del 1994, che attribuisce a detti enti la personalità giuridica di diritto pubblico.
In forza della norma citata, alle strutture in questione viene riconosciuta un'ampia autonomia amministrativa, contabile e finanziaria, anche se sussiste uno stretto legame con l'Amministrazione pubblica.
Infatti, come previsto dall'articolo 6, comma 3, della legge n. 84 del 1994, il regolamento di contabilità è soggetto all'approvazione ministeriale e il conto consuntivo delle Autorità portuali deve essere allegato allo stato di previsione del Ministero competente, che esercita la vigilanza ai sensi dell'art. 12 dello stesso testo normativo.
Dall'insieme delle disposizioni contenute nella legge sopra citata, deriva, secondo il Consiglio di Stato, che le Autorità portuali, "sia per la configurazione formale ad esse attribuita dalla legge, sia per l'attività svolta, sia, ancora, per le modalità di finanziamento, svolgono funzioni che solo in minima parte potrebbero ricondursi alla prestazione di servizi a terzi, dietro pagamento di un corrispettivo, risultando, invece, nel complesso, preordinate al perseguimento di specifiche finalità di pubblico interesse."
Conclusivamente, l'Organo consultivo, dopo aver sottolineato che le Autorità portuali istituite dalla legge n. 84 del 1994 hanno una connotazione marcatamente pubblicistica, che risulta nettamente diversa rispetto a quella che caratterizzava gli enti portuali preesistenti, ha ritenuto che devono attualmente valere nei confronti delle Autorità portuali le disposizioni dell'art. 88 (ora 74), comma 2, lett. a), del TUIR, nel quale si stabilisce in modo espresso che non costituisce esercizio di attività commerciali l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici.
Conformemente al parere del Consiglio di Stato, la scrivente precisa che le Autorità portuali istituite dalla legge n. 84 del 1994, sono riconducibili tra gli enti non commerciali in quanto enti pubblici preposti al prevalente esercizio di funzioni statali.
Conseguentemente, è da ritenersi superato l'orientamento espresso nella risoluzione n. 19 del 7 febbraio 2001, nella quale la scrivente aveva ricondotto le Autorità portuali nella categoria degli enti commerciali.
Premesso quanto sopra, in ordine al quesito posto dall'istante ed in particolare al trattamento tributario ai fini IRPEG (ora IRES) ed IVA dei canoni derivanti dalle concessioni demaniali, si formulano le seguenti osservazioni.
Il Consiglio di Stato, dopo aver precisato che le Autorità portuali svolgono in via prevalente funzioni preordinate al perseguimento di specifiche finalità di pubblico interesse, ha tuttavia rilevato che ciò non esclude l'esercizio di attività di natura imprenditoriale, caratterizzate da criteri e modalità proprie delle attività commerciali.
Occorre, quindi, valutare, in concreto, se l'attività svolta da detti organismi, finalizzata alla riscossione di canoni per il rilascio di concessioni demaniali, possa effettivamente costituire espletamento di funzioni statali e, conseguentemente, non rappresentare esercizio di attività commerciali ai sensi di quanto disposto dall'articolo 74 (già 88), comma 2, lett. a), del TUIR, oppure debba essere ricondotta tra le attività commerciali.
Dall'esame delle disposizioni contenute nella legge n. 84 del 1994 ed in particolare nell'articolo 18, si evince che alle Autorità portuali sono attribuiti compiti di indirizzo, programmazione e controllo delle operazioni portuali e delle connesse attività industriali e commerciali, nonché compiti attinenti alla gestione ed organizzazione dei beni e dei servizi in ambito portuale.
Tra le attribuzioni degli enti in questione vi è, quindi, quella di amministrare i beni del demanio compresi nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base delle disposizioni di legge in materia.
In particolare le Autorità portuali provvedono ad affidare in concessione le aree demaniali e le banchine nonché le altre opere espressamente individuate dalla legge, previa determinazione dei relativi canoni, anche commisurati all'entità dei traffici portuali ivi svolti.
Le Autorità, infatti, hanno il compito di esaminare le domande di concessione prodotte dagli utenti, di accoglierle o respingerle, di determinare le condizioni della concessione, pur nei limiti delle disposizioni normative regolanti la materia, di stipulare i relativi atti, di riscuotere i canoni destinandone l'importo all'assolvimento dei compiti istituzionali.
Risulta quindi sussistere in capo alle predette Autorità, un'ampia autonomia valutativa e decisionale per quanto attiene l'individuazione dei soggetti ai quali attribuire le concessioni, la determinazione dell'ammontare dei canoni da riscuotere dai concessionari ed il successivo impiego, pur sempre nei limiti delle finalità istituzionali.
Pertanto si può affermare che detti organismi agiscono quali gestori dei beni demaniali. Il rapporto che viene ad instaurarsi tra essi ed il concessionario è un rapporto non riconducibile nello schema della concessione pubblicistica traslativa di poteri o facoltà su beni demaniali, in quanto esso si ricollega ad atti propri delle Autorità portuali che agiscono in veste di gestori dei beni stessi. In tale veste esse non svolgono funzioni statali per le quali opera la presunzione di non commercialità prevista dall'art. 74, comma 2, lett. a) del TUIR, ma svolgono compiti riconducibili ad un'attività a connotazione imprenditoriale (cfr., in tal senso, Corte di Cassazione - sez. tributaria - n. 10097 del 25 luglio 2001).
Per quanto riguarda il trattamento tributario rilevante ai fini IVA dei menzionati canoni, si osserva quanto segue.
L'articolo 4, comma 2, n. 2) del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 prevede, tra l'altro, che si considerano comunque effettuate nell'esercizio di imprese " le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da ... enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni..., che abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole".
Il successivo quarto comma del medesimo articolo 4, stabilisce che " Per gli enti indicati al n. 2) del secondo comma, che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole, si considerano effettuate nell'esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali ...".
Inoltre, ai sensi dell'art. 4, n. 5 della VI Direttiva CEE "Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche Autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni...".
In merito al concetto di pubblica Autorità, la Corte di giustizia della comunità europea, con sentenza del 17 ottobre 1989, cause riunite nn. 231/87 e 129/88, ha affermato che la sua definizione non può essere fondata sull'oggetto o sul fine dell'attività dell'ente pubblico, già prese in considerazione da altre norme della Direttiva, ma occorre individuare il regime giuridico applicato in base al diritto nazionale.
Ne consegue quindi - conclude la sentenza citata - che le attività esercitate in quanto pubbliche Autorità "sono quelle svolte dagli enti di diritto pubblico nell'ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati."
Da quanto sopra deriva che dovranno ricondursi nell'ambito delle attività svolte in veste di pubblica Autorità quelle che costituiscono cura effettiva di interessi pubblici, poste in essere nell'esercizio di poteri amministrativi.
La Direttiva, infatti, sottrae all'applicazione dell'IVA solo le operazioni effettuate da soggetti pubblici nell'esercizio di funzioni di tipo autoritativo, non imprenditoriale.
Ciò premesso, si rileva che l'attività in argomento attraverso cui le Autorità portuali amministrano il demanio marittimo, non viene svolta in veste di pubblica autorità, né implica l'uso di poteri amministrativi.
In proposito è tuttora attuale l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nella citata sentenza n. 10097 del 2001 con la quale è stato affermato che i rapporti tra l'Organismo portuale e gli utilizzatori del demanio portuale non sono riconducibili nello schema della concessione pubblicistica su beni demaniali "ma esprimono un momento tipico delle sue (organismo portuale) incombenze di natura imprenditoriale".
La Corte Suprema ha poi aggiunto che il passaggio del godimento dei beni del demanio portuale dall'Ente al singolo operatore è "atto inerente all'esercizio d'impresa, va equiparato alla locazione e come tale è soggetto all'IVA".
Il principio affermato dalla Corte di Cassazione, anche se espresso nell'ambito di una controversia riferita ai preesistenti Consorzi portuali aventi natura di enti pubblici economici, assume rilevanza anche nei confronti delle Autorità portuali disciplinate dalla legge n. 84 del 1994.
Ciò in quanto l'affermazione della Corte vale a connotare in senso oggettivo l'attività di gestione dei beni del demanio portuale a prescindere dalla natura commerciale o meno dell'ente.
Alla luce di quanto esposto, l'attività in argomento concretizza lo svolgimento di un'attività commerciale che fa assumere all'ente non commerciale la soggettività passiva ai fini del tributo, ai sensi dell'art. 4 del DPR n. 633 del 1972.
Conclusivamente si ritiene che l'Autorità portuale di ....., ente di natura non commerciale, svolge, per quanto concerne l'attività sopra descritta, un'attività di natura commerciale. Sulla base del suesposte considerazioni, si ritiene che i canoni dallo stesso riscossi per concessioni demaniali assumono rilevanza sia ai fini dell'imposizione sul reddito sia ai fini dell'IVA.
La risposta di cui al presente interpello, sollecitata con istanza presentata alla Direzione regionale, viene resa dalla scrivente ai sensi dell'art. 4, comma 1, ultimo periodo del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.
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