Interpello n. ..../2001 - Articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 - Deducibilità degli ammortamenti relativi a beni appartenenti ad un ramo d'azienda conferito - X S.p.A.
Risoluzione Agenzia Entrate n. 41 del 12.02.2002
La X S.p.A. ha presentato a questa Direzione istanza di interpello ai sensi dell'art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in merito alla deducibilità fiscale delle quote di ammortamento relative ai beni strumentali facenti parte di un ramo d'azienda conferito.
Fattispecie rappresentata
La X S.p.A. ha conferito alla società BZ S.p.A., a far data dal 1 luglio 2001, il ramo d'azienda relativo al trasporto, dispacciamento e rigassificazione del gas naturale in Italia.
La società istante chiede se sia possibile dedurre gli ammortamenti relativi ai beni strumentali di un ramo d'azienda conferito, o se tale possibilità sia da considerarsi preclusa sulla base delle considerazioni sviluppate nella circolare 17 maggio 2000 n. 98/E, che al punto 1.1.1 afferma che "per i beni ceduti antecedentemente alla chiusura dell'esercizio non devono essere operati i relativi ammortamenti, atteso che il residuo costo fiscale concorrerà al calcolo delle relative plusvalenze o minusvalenze".
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
A parere dell'istante, nel caso di conferimento o cessione d'azienda è possibile la deduzione delle quote d'ammortamento calcolate ragguagliando le quote di ammortamento ordinario ai giorni che intercorrono tra l'inizio del periodo d'imposta e la data del conferimento.
Parere dell'Agenzia delle Entrate
In merito alla disciplina degli ammortamenti nell'ambito delle operazioni di conferimento, il Ministero delle Finanze si è espresso ufficialmente in più occasioni; si ricordano in proposito la circolare del 21 marzo 1980, n. 9 e, più recentemente, la circolare del 30 marzo 1998 n. 320/E.
Secondo l'orientamento che si ricava dalla prassi ministeriale, per la determinazione del reddito imponibile del conferente, le quote di ammortamento relative ai beni facenti parte dell'azienda conferita debbono essere calcolate ragguagliando la quota ordinaria ai giorni che intercorrono tra l'inizio del periodo d'imposta e la data del conferimento.
Il conferimento o la cessione dell'unica azienda o di un suo ramo comportano, infatti, per il dante causa l'interruzione dell'ordinaria attività d'impresa relativa all'azienda conferita o ceduta. Ne consegue che, come avviene alla chiusura dell'esercizio ordinario, occorrerà calcolare le quote d'ammortamento dei beni per determinare esattamente il risultato della gestione, oltre che la componente straordinaria di reddito rappresentata dalla plusvalenza.
Sotto il profilo fiscale l'adozione del criterio di deducibilità, pro rata temporis, delle quote di ammortamento mira proprio ad individuare, nell'ambito dell'unico risultato d'esercizio, la componente straordinaria di reddito risultante dalla cessione o dal conferimento; tale componente straordinaria, infatti, costituisce una fattispecie da assoggettare ad autonoma disciplina fiscale. Nelle ipotesi di conferimento agevolato prese in esame dalla circolare n. 9 del 1980, ad esempio, era previsto il rinvio della tassazione dell'intera plusvalenza, che oggi costituisce autonoma base imponibile ai fini della applicazione del particolare regime di tassazione sostitutiva di cui al d.lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, commentato nella circolare n. 320 del 1998.
Sulla base di tali considerazioni, si ritiene di dover confermare il risalente orientamento ministeriale in merito alle modalità di calcolo delle quote d'ammortamento dei beni trasferiti nell'ambito delle operazioni di conferimento.
Peraltro, tali conclusioni sono coerenti con l'interpretazione fornita dalla circolare 17 maggio 2000, n. 98, concernente la cessione di singoli beni nel corso di un ordinario periodo d'imposta.
In relazione a tale ultima ipotesi, le indicazioni fornite nella suddetta circolare traevano origine, oltre che dall'interpretazione fornita al punto D.XII del principio contabile n. 16, anche da una prassi amministrativa consolidata che considerava l'ammortamento come un processo eminentemente valutativo del cespite ancora esistente presso l'impresa. Si ricordano, in proposito, la circolare del 29 aprile 1958, n. 350730, la risoluzione 26 novembre 1977, n. 9/1011 e, in ultimo, la circolare 17 maggio 1990, n. 14, in cui - avuto riguardo alle disposizioni dell'art. 16 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, - si ribadiva la necessità di dedurre quote di ammortamento annuali e non frazioni di esse rapportate al periodo di immissione o permanenza del bene nel processo produttivo.
Si deve tuttavia rilevare che l'orientamento ministeriale, in origine sostanzialmente coerente con la dottrina aziendalistica, deve essere oggi rivisitato per tenere conto delle disposizioni civilistiche e della loro interpretazione ad opera dei principi contabili più recenti.
Al riguardo, l'art. 2426 C.C. delinea, con maggior chiarezza rispetto al previgente art. 2425, l'ambito di operatività proprio dell'ammortamento.
Il legislatore, infatti, al comma 1, punto 3, dell'articolo 2426 prevede l'obbligo di svalutare le immobilizzazioni il cui valore contabile, già rettificato degli ammortamenti, risulti durevolmente superiore all'effettivo valore recuperabile tramite l'uso.
Si chiarisce quindi che, sotto il profilo civilistico, l'ammortamento ha la funzione di ripartire il costo storico dell'immobilizzazione tra gli esercizi della sua vita utile stimata, mentre è lasciata alla svalutazione la peculiarità di adeguare il valore di bilancio del cespite a quello effettivo attribuitogli nell'ambito dell'attività aziendale.
Inoltre, da un punto di vista operativo, si deve considerare che sono numerosi i casi in cui è sancito l'obbligo, anche per esigenze di natura pubblicistica, di redigere bilanci infrannuali, come le relazioni semestrali e trimestrali previste per le società quotate in mercati regolamentati. Pur non trattandosi, sul piano giuridico, di veri e propri bilanci, il periodo contabile infrannuale oggetto della relazione è considerato un autonomo esercizio, e ciò comporta in via ordinaria la necessità di determinare il reddito "medio tempore", imputando al periodo di riferimento tutti gli elementi che hanno influito sulla determinazione del risultato, secondo gli ordinari criteri di redazione previsti dal codice civile.
Da ciò deriva che sempre più spesso le imprese si orientano verso sistemi di contabilizzazione che consentano di monitorare in itinere le varie componenti del risultato d'esercizio, tra cui gli ammortamenti.
Al riguardo, il principio contabile n. 30 di recente emanazione, integrando quanto affermato al punto D.XII del principio contabile n. 16, ha stabilito che "...è corretto calcolare l'ammortamento relativo alla frazione dell'esercizio nel quale il cespite medesimo è stato utilizzato e quindi la plusvalenza o minusvalenza al netto di tale ammortamento."
Tali considerazioni devono essere valutate alla luce della centralità che l'articolo 52 del TUIR attribuisce al risultato d'esercizio, quale emerge dalla corretta applicazione delle norme civilistiche, ai fini della determinazione del reddito imponibile.
Pertanto, si ritiene che anche dal punto di vista fiscale acquisti rilievo il metodo di contabilizzazione delle quote d'ammortamento prescelto dall'impresa in conformità a corretti principi contabili. E dunque, ad integrazione di quanto affermato nella circolare n. 98/2000 sono da ritenere deducibili le quote di ammortamento relative alle immobilizzazioni dismesse o cedute nel corso dell'esercizio, determinate secondo il criterio pro rata temporis.
Si precisa tuttavia che il metodo, scelto in alternativa tra l'imputazione delle quote di ammortamento pro quota o la non imputazione delle stesse, dovrà essere applicato uniformemente per tutti i beni dismessi o alienati.
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