Risoluzione Agenzia Entrate n. 46/E del 31.07.2023



Risoluzione n. 46

Roma, 31 luglio 2023

OGGETTO: Accordo Svizzera-UE del 26 ottobre 2004 – Articolo 9 in
materia di tassazione dei dividendi corrisposti da società
figlie europee a società madri elvetiche. Chiarimenti in
merito al requisito di assoggettabilità a imposizione fiscale.

L’Accordo sui redditi da risparmio tra la Comunità Europea e la

Confederazione Svizzera (di seguito “Accordo Svizzera-UE”) stipulato il 26

ottobre 2004 (pubblicato in G.U. serie L 385 il 29 dicembre 2004), così come

risultante dal Protocollo di modifica del 2015 (pubblicato in G.U. serie L 333 il 19

dicembre 2015), attua l’estensione del regime di tassazione dei dividendi previsto

dalla Direttiva n. 435/90/CEE – attualmente direttiva 2011/96/UE – (di seguito,

“Direttiva madre-figlia”) anche ai flussi di dividendi corrisposti da società figlie

stabilite negli Stati membri dell’Unione Europea a società madri residenti nella

Confederazione elvetica.

In particolare, l’articolo 9, al paragrafo 1, prevede che, fatta salva

l’applicazione delle disposizioni anti-abuso, “i dividendi corrisposti dalle società

figlie alle società madri non sono soggetti a imposizione fiscale nello Stato

d’origine allorché:

- (…)

- entrambe le società sono assoggettate all’imposta diretta sugli utili

delle società senza beneficiare di esenzioni ed entrambe adottano la

forma di una società di capitali.”



Divisione Contribuenti
______________

Direzione Centrale Grandi Contribuenti e
Internazionale

2

L’esenzione introdotta dall’Accordo Svizzera-UE – alla stregua di quanto

previsto dalla Direttiva madre-figlia – è subordinata, inter alia, alla condizione che

entrambe le società siano assoggettate all’imposta sul reddito delle società nel loro

Stato di residenza, “senza beneficiare di esenzioni”.

In occasione dei chiarimenti di prassi resi in risposta alle istanze di

interpello presentate dai contribuenti, l’Agenzia si è più volte espressa sulla portata

del requisito di “assoggettamento a imposizione senza esenzione” in relazione al

sistema di tassazione elvetico, che, strutturato su tre livelli di tassazione diretta sui

redditi (federale, municipale e cantonale), prevedeva un’esenzione da imposta, a

livello cantonale, per le c.d. “società miste”, società che, oltre all’attività di

detenzione di partecipazioni, svolgevano anche attività commerciale.

In particolare, nella Risoluzione del 10 maggio 2007 n. 93, l’Agenzia ha

ritenuto che “l’ambito soggettivo del citato articolo 15 (ora articolo 9, ndr) non

può essere esteso alle società che, anche se non totalmente esenti da imposizione,

siano beneficiarie di esenzioni ad almeno uno dei tre livelli (municipale, cantonale

e federale) di tassazione diretta sul reddito”, con ciò negando, in sostanza, i

benefici dell’Accordo Svizzera-UE nel caso di esenzione anche parziale da

imposizione nello Stato di residenza del percettore.

A supporto di tale conclusione, si richiamava la Decisione del 13 febbraio

2007 della Commissione europea, che affermava come alcuni regimi di tassazione

delle società elvetiche costituissero aiuti di Stato in contrasto con il buon

funzionamento dell’Accordo di libero scambio siglato tra la Comunità economica

europea e la Confederazione svizzera il 22 luglio 1972 (“Accordo di libero

scambio”), il cui articolo 23 ritiene “incompatibile con il buon funzionamento

dell’Accordo, nella misura in cui sia suscettibile di pregiudicare gli scambi tra la

Comunità e la Svizzera, “ogni aiuto pubblico che falsi o minacci di falsare la

concorrenza, favorendo talune imprese o talune produzioni”.

Riprendendo i chiarimenti resi dalla Commissione europea nella citata

Decisione, nella Risoluzione si precisava ulteriormente che “devono considerarsi

aiuti di stato i regimi di tassazione che concedono particolari agevolazioni fiscali

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consistenti nella esenzione dal reddito imponibile dei redditi prodotti fuori dal

territorio elvetico” dal momento che dette agevolazioni “non rappresentano un

incentivo legittimo di sviluppo economico e commerciale per determinati settori

economici bensì, incidendo direttamente sui prezzi nei rapporti commerciali con

l’Unione europea, indirizzano le imprese ad insediarsi nel territorio svizzero.

In seguito, tuttavia, sul tema è intervenuta la pronuncia della Corte di

Giustizia dell’Unione europea nella causa C-448/2015, Wereldhave Belgium.

In tale circostanza, la Corte di Giustizia UE ha ritenuto di negare i benefici

della Direttiva madre-figlia nel solo caso di esenzione totale degli utili,

considerando che “una società che (…) è assoggettata all’imposta sulle società,

ad aliquota zero a condizione che tutti i suoi utili siano distribuiti ai propri

azionisti, non soddisfa la condizione prevista all’articolo 2, lettera c), della

direttiva 90/435 e non rientra quindi nella nozione di «società di uno Stato

membro» ai sensi di tale direttiva”.

Tenuto conto che, come anticipato, la ratio dell’Accordo Svizzera-UE è

ravvisabile nella volontà di estendere i benefici della Direttiva madre-figlia anche

alle società svizzere che detengono partecipazioni in controllate stabilite negli Stati

membri dell’Unione europea, è necessario valutare l’impatto che gli orientamenti

interpretativi maturati al livello unionale hanno sull’esenzione prevista dalla citata

Direttiva.

Infatti, poiché con l’interpretazione resa nella citata causa Wereldhave

Belgium, confermata in altre successive pronunce, la Corte di Giustizia ha ritenuto

che escludere l’esenzione da ritenuta nel caso di tassazione solo parziale finirebbe

col violare il dettato e l’obiettivo di neutralità fiscale perseguito dal diritto europeo,

è da ritenersi che la giurisprudenza richiamata sia pertinente ai fini che qui

interessano.

Del resto, tale interpretazione del giudice unionale appare coerente con

l’interpretazione data dalla stessa Agenzia in merito all’applicazione

dell’esenzione prevista dall’articolo 9 dell’Accordo Svizzera-UE in caso di

participation exemption (che realizza, in sostanza, una parziale esenzione da

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imposta): si è ritenuto infatti che tale istituto non costituisca un regime di favore e

pertanto non osti al riconoscimento dell’esenzione da ritenuta alla fonte (si veda al

riguardo la Risposta n. 57/E del 2019, che richiama la Risoluzione n. 288/E del

2007).

Sul punto, si segnala inoltre che la riforma fiscale svizzera del 28 settembre

2018 ha soppresso, a decorrere dal 1° gennaio 2020, i regimi fiscali di favore,

incluso quello per le “società miste”, che prevedeva l’esenzione da imposizione

sui redditi ai fini cantonali.

Pertanto, al fine di evitare che la prassi italiana possa essere interpretata

quale violazione dello spirito e della lettera dell’articolo 9 dell’Accordo Svizzera-

UE e di assicurare un’applicazione della norma conforme al diritto unionale, i

chiarimenti resi dalla citata Risoluzione n. 93/E del 2007 sono da ritenersi superati

nella misura in cui comportino che la parziale esenzione da imposta sui redditi a

livello della società madre elvetica osti al riconoscimento dei benefici dell’articolo

9 dell’Accordo in oggetto, con conseguente applicazione di ritenuta alla fonte sui

dividendi corrisposti da società partecipate residenti nel territorio dello Stato.

******

Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le

istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle

Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.


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