Risoluzione Agenzia Entrate n. 48 del 03.04.2006

Istanza di interpello Artt. 2 e 3 DPR n. 633/1972
Risoluzione Agenzia Entrate n. 48 del 03.04.2006

La società "Alfa Srl" ha chiesto, con istanza di interpello presentata ai sensi dell'articolo 11, della legge 27 luglio 2000, n. 212 e pervenuta alla scrivente per il tramite della competente Direzione Regionale, chiarimenti in ordine alla applicabilità delle disposizioni in tema di cessione d'azienda e cessione del marchio di cui agli artt. 2 e 3 del DPR n. 633/72.
A tal fine ha rappresentato quanto segue:

Esposizione del quesito
La società istante, che ha quale oggetto sociale la produzione e commercializzazione di prodotti alimentari di vario genere, intende acquistare da una società terza, al fine di ampliare la sua gamma di prodotti, un ramo operativo dedicato alla produzione, distribuzione e commercializzazione di olio di semi ad uso alimentare, identificato con un noto marchio.
Oggetto dell'acquisto è quindi una universalità di beni che costituiscono un ramo d'azienda all'interno del quale si colloca anche il marchio che contraddistingue i prodotti realizzati e commercializzati.
Ciò posto, l'istante chiede quale sia il corretto trattamento, ai fini della imposizione indiretta, da applicare al trasferimento in esame ed in particolare se la quota parte di corrispettivo della cessione del ramo d'azienda, imputabile al marchio, debba essere assoggettata a IVA, in via autonoma, come previsto dall'art 3 DPR n. 633/72 ovvero se sia più corretto considerare unitariamente l'intera cessione, cui risulterebbe applicabile l'art 2 del medesimo DPR con conseguente assoggettamento della stessa ad imposta di registro in misura proporzionale.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
I beni costituenti l'azienda si configurano come un complesso unitario e strumentale allo svolgimento di una attività di impresa.
In considerazione di questa struttura unitaria, il relativo atto di cessione dovrebbe sfuggire, nel suo complesso, all'imposizione IVA e confluire viceversa, nell'imposta di registro.
L'assoggettamento ad IVA del marchio, di cui all'art 3 citato, sarebbe riferibile alla ipotesi in cui esso sia ceduto separatamente dall'azienda, quale bene a sé stante.
Diversamente, nell'ipotesi in cui il marchio venga trasferito quale elemento dell'azienda, esso rientra nella universalità di beni che la costituiscono e pertanto non può separatamente essere assoggettato ad IVA.
Tale soluzione risulta conforme all'orientamento della Corte di Giustizia UE che, con Sentenza 27 novembre 2003, n. C- 497/01 ha precisato che ove uno stato membro si sia avvalso della facoltà, conferitagli dall'art 5 n. 8 della VI Direttiva, di non considerare avvenuta alcuna cessione di beni, ai fini IVA, in occasione del trasferimento di una universalità di beni, detta regola si applica anche al trasferimento di azienda che comprenda beni immateriali.

Parere dell'Agenzia delle Entrate
Con il quesito rivolto alla scrivente si chiede di conoscere la corretta interpretazione del combinato disposto degli articoli 2, comma 3, lettera b) e 3, comma 2, n. 2) del D.P.R. n. 633/72. In particolare, mentre la disposizione di cui al citato articolo 2 esclude dal novero delle cessioni di beni le cessioni ed i conferimenti in società ed enti che hanno per oggetto aziende o rami di azienda, l'articolo 3 assimila alle prestazioni di servizio rilevanti ai fini IVA, ove effettuate verso corrispettivo, "le cessioni, le concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore, quelle relative ad invenzioni industriali, (...) e quelle relative a marchi e insegne (...)".
Ciò posto, si pone il problema di individuare il corretto trattamento fiscale nei casi in cui il marchio di fabbrica o di commercio venga venduto contestualmente all'azienda, "comprensiva", cioè, di quel segno distintivo.
Posto che in tale ipotesi il marchio assume i connotati di bene aziendale, occorre verificare se la sua presenza, all'interno del trasferimento dell'azienda o di un suo ramo, sia motivo di deroga all'ordinario sistema di tassazione delle operazioni di cessione d'azienda che, conformemente alla facoltà concessa agli Stati membri dall'articolo 5 n. 8 della Direttva n. 77/388/CEE, non sono sottoposte ad IVA ma sono assoggettate all'imposta di registro in misura proporzionale.
Sulla questione si è già pronunciata la Corte di Cassazione con le sentenze 2 ottobre 2002, nn. 4452 e 4974. In particolare, vigente la norma del vecchio articolo 2573 comma 1 del c.c., che, prima delle modifiche del D.Lgs. 480 del 1992, non consentiva di norma la circolazione del marchio separatamente dall'azienda, la Corte di Cassazione ha affermato il principio per cui la presenza di uno o più beni immateriali in seno all'universitas di cui si compone l'azienda (o il ramo d'azienda) costituisce condizione sufficiente per l'applicazione in via concorrente anche dell'art 3, comma 2, n. 2) del D.P.R. n. 633/72 citato.
Il principio espresso nelle citate sentenze, che comporterebbe una distinta tassazione dell'azienda (imposta di registro) rispetto al marchio (IVA), deve tuttavia ritenersi superato alla luce di due fondamentali osservazioni.
In primo luogo, occorre aver riguardo all'orientamento formatosi sul punto in sede comunitaria, in quanto le disposizioni in materia IVA della direttiva 77/388/CEE e la loro interpretazione da parte della Corte di Giustizia, in base ad un orientamento ormai consolidato, prevalgono sul diritto nazionale e comunque costituiscono strumenti vincolanti nell'interpretazione delle disposizioni del diritto interno.
In ordine alla fattispecie in esame, la Corte di Giustizia, con la sentenza 27 novembre 2003, causa C- 497/01, successiva a quelle prima menzionate della Corte di Cassazione ha escluso la "limitata " soggezione ad Iva della cessione d'azienda, nella parte relativa alla cessione "contestuale" del marchio. Ad avviso del giudice comunitario deve prevalere, infatti, il principio di unitarietà nella cessione di azienda, per cui "tenuto conto della finalità sottesa all'art 5 n. 8, sesta direttiva, di agevolazione delle cessioni d'azienda, la nozione di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni deve essere interpretata nel senso che in essa rientra il trasferimento di un'azienda o di una parte autonoma di una impresa, "compresi" gli elementi materiali ed, eventualmente, immateriali che la compongono".
Secondo il giudice comunitario, quindi, per tutti i Paesi che, uniformandosi alla Direttiva, abbiano previsto un regime interno di esclusione della cessione di azienda dal campo di applicazione dell'IVA, non sussiste alcuna possibilità di frazionamento o scorporo di taluni beni in sede di qualificazione dell'operazione realizzata dalle parti unitariamente.
In secondo luogo, la considerazione unitaria dell'azienda trova riscontro nell'orientamento, consolidatosi presso la stessa Corte di Cassazione, secondo cui i beni aziendali costituiscono un insieme organicamente coordinato in funzione dello svolgimento di un'attività d'impresa, tanto che lo stesso giudice, in più occasioni, valorizzando lo scopo economico perseguito dalle parti, ha qualificato come cessione di azienda unitariamente intesa cessioni separate di singoli beni e diritti dell'imprenditore finalizzate, nel loro complesso, al trasferimento dell'intero apparato produttivo.
In senso conforme si è espressa, con nota del 16 marzo 2006, anche la Avvocatura Generale dello Stato, alla quale la scrivente ha chiesto parere sull'argomento, evidenziando che la disposizione contenuta nell'articolo 2, comma 3 del D.P.R. 633 del 1972, in quanto norma speciale, trova applicazione in tutti i casi in cui si realizza il trasferimento di un'azienda o di un ramo della stessa, a prescindere dai beni che la compongono. Al contrario, in base alla disposizione di cui all'articolo 3, comma secondo, n. 2) del D.P.R. n. 633/72 si configura un'autonoma prestazione di servizi rilevante ai fini IVA nei soli casi in cui la cessione di opere dell'ingegno avvenga al di fuori della cessione (o conferimento) di una azienda o di un ramo d'azienda.
Alla luce delle suesposte argomentazioni può concludersi, conformemente a quanto ipotizzato dall'istante, che il trasferimento del marchio unitamente all'azienda non è soggetto alla imposizione IVA e debba scontare la sola imposta di registro in misura proporzionale ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della Tariffa, parte I allegata al D.P.R. n. 131/1986.
La risposta di cui alla presente nota viene resa dalla scrivente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo del DM 26 aprile 2001, n. 209.

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