Qualificazione fiscale dei redditi percepiti nell'esercizio dell'attività di revisore contabili - art. 47, lett. c-bis), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con il DPR n. 917 del 1986
Risoluzione Agenzia Entrate n. 56 del 27.02.2002
Con telegramma del 19 dicembre 2001 codesto Istituto ha chiesto chiarimenti in merito al trattamento tributario applicabile ai compensi percepiti dagli appartenenti alla categoria dei revisori contabili. La richiesta trova ragione nella circostanza che le precisazioni fornite dall'Agenzia delle Entrate con la recente circolare n. 105/E del 2001 non sarebbero del tutto esaustive in ragione delle specificità proprie dell'attività di controllo contabile esercitata dagli iscritti al registro dei revisori dei conti.
Codesto istituto ha sottolineato in particolare il carattere professionale dell'attività esercitata dai revisori contabili che, svolgendosi nel contesto di un'apposita organizzazione, dovrebbe comportare la riconduzione dei relativi compensi alla categoria del reddito di lavoro autonomo.
Al riguardo, ritiene la scrivente che nell'esame della problematica rappresentata, pur tenuto conto dell'elevato grado di professionalità che innegabilmente connota l'attività dei revisori contabili, occorra muovere dalla considerazione che l'ufficio di revisore costituisce, per espressa previsione normativa, attività di "collaborazione coordinata e continuativa", come tale produttiva di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente (art. 47, lettera c-bis, del TUIR). La riconduzione alla predetta categoria dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente opera a prescindere dal livello di organizzazione impiegato nello svolgimento dell'attività.
Ciò non esclude che, in talune ipotesi, i proventi derivanti dallo svolgimento dell'attività di revisione contabile possano essere attratti nella sfera dei redditi di lavoro autonomo, di cui all'art. 49, comma 1, del TUIR. Ciò si verifica nell'ipotesi in cui il revisore svolge abitualmente un'altra attività di carattere professionale le cui funzioni tipiche si estrinsechino anche attraverso l'attività di controllo contabile ovvero quando sussista comunque una connessione oggettiva tra l'attività di controllo contabile e la diversa attività professionale svolta in via abituale dal contribuente. Circostanze, queste, che devono essere valutate anche in relazione ad attività professionali diverse da quelle dei ragionieri e dei dottori commercialisti, posto che per queste categorie la sussistenza di tale requisito è stata più volte ribadita dall'amministrazione finanziaria.
In definitiva, i proventi derivanti dall'attività di revisore possono essere qualificati quali redditi di lavoro autonomo in presenza di una connessione tra la funzione di revisore e l'esercizio di una attività professionale, mentre il mero esercizio della funzione di revisore contabile non è sufficiente a legittimare, per i compensi derivanti da tale attività, una qualificazione reddituale diversa rispetto a quella operata dall'articolo 47, lettera c-bis), del TUIR.
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