Risoluzione Agenzia Entrate n. 66 del 17.03.2003

Istanza di interpello - Consiglio nazionale dei dottori commercialisti - Disciplina applicabile, ai fini dell'Irpef, alle indennità corrisposte ai consiglieri nazionali dell'ordine
Risoluzione Agenzia Entrate n. 66 del 17.03.2003

Con istanza di interpello, inoltrata ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, è stato chiesto il parere della scrivente in merito alla questione di seguito rappresentata.

Esposizione del quesito
Le norme che disciplinano la professione dei dottori commercialisti sono contenute nel decreto n. 1067 del 27 ottobre 1953, recante l'ordinamento della professione di dottore commercialista. In particolare, il Titolo III del citato decreto disciplina, dagli articoli 22 al 28, la composizione e le attribuzioni del Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti.
Ai membri del Consiglio Nazionale, eletti sulla base della specifica disciplina dettata dal citato decreto, viene corrisposta una indennità annuale di importo variabile in funzione della carica ricoperta.
In relazione a tali indennità, il Consiglio Nazionale chiede di conoscere quale sia il corretto trattamento tributario applicabile.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Con riferimento alla problematica esposta l'istante rappresenta diverse soluzioni interpretative:
- secondo una prima interpretazione, l'incarico di presidente e di consigliere del Consiglio Nazionale può essere qualificato sotto il profilo fiscale quale attività di collaborazione coordinata e continuativa e pertanto le relative indennità devono essere assoggettate a tassazione ai sensi dell'articolo 47, comma 1, lettera c-bis), del Tuir. A sostegno di tale tesi, il Consiglio Nazionale cita la circolare n. 1 del 15 dicembre 1973 con la quale il Ministero delle Finanze ha affermato che possono essere ricondotte nell'ambito delle attività di collaborazione "le attività relative ad incarichi di presidente di enti o associazioni e di componente dei rispettivi consigli o comitati";
- secondo una diversa interpretazione, l'attività resa dal presidente e dai consiglieri nel proprio organismo di rappresentanza può essere ricondotta nell'ambito dell'attività professionale resa in via abituale dal professionista. Alle predette indennità risulterebbe quindi applicabile la disciplina prevista per i redditi di lavoro autonomo di cui all'articolo 49, comma 1, del Tuir. A supporto di tale tesi l'istante cita la circolare n. 105/E del 2002 [leggasi 2001 - n.d.r.], con la quale è stato affermato che l'attività di amministrazione sia di società che di enti rientra nell'ambito dell'attività professionale dei dottori commercialisti; in tal senso anche le istruzioni del quadro RE del modello Unico 2002, Persone fisiche, che a titolo esemplificativo chiariscono che rientrano nell'ambito dei redditi di lavoro autonomo i "compensi percepiti dai geometri in qualità di componenti del Consiglio nazionale o dei Collegi provinciali della categoria di appartenenza";
- da ultimo l'istante richiama la disciplina contenuta nell'articolo 47, comma 1, lettera f) del Tuir che stabilisce l'assimilazione al reddito di lavoro dipendente dei compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni. In merito all'applicazione di tale disciplina, tuttavia, il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti rappresenta alcune perplessità; se difatti, si legge nell'istanza, il ruolo del consigliere concretizza di fatto "esercizio di pubblica funzione" i compensi a lui spettanti non sono corrisposti dallo Stato e dagli enti territoriali sopra citati.
A parere dell'istante, tuttavia, tutte le soluzioni esposte, essendo supportate da valide ragioni giuridiche, possono risultare applicabili.
Per tali motivi, il Consiglio Nazionale chiede di conoscere quale sia la corretta qualificazione fiscale delle indennità corrisposte ai membri del Consiglio Nazionale.

PARERE DELL'AGENZIA DELL'ENTRATE
In via preliminare, la scrivente ritiene opportuno chiarire che con riferimento alla problematica esposta, deve essere esclusa la possibilità di applicare la disciplina dettata dall'articolo 47, comma 1, lettera f), del Tuir per le indennità corrisposte per l'esercizio di pubbliche funzioni.
Per l'applicazione di tale disposizione devono, infatti, ricorrere congiuntamente due presupposti:
- deve trattarsi di compensi corrisposti dalle Amministrazioni dello Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni;
- detti compensi devono essere corrisposti per l'esercizio di pubbliche funzioni.
Il congiunto verificarsi dei citati presupposti costituisce elemento caratterizzante l'inquadramento fra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente delle indennità corrisposte per l'esercizio di pubbliche funzioni e pertanto in assenza di uno dei due presupposti (erogazione del compenso ad opera dello Stato o delle regioni, province o comuni), come rilevato altresì nell'istanza in esame, non può trovare applicazione la disposizione dettata dall'articolo 47, comma 1, lettera f) del Tuir.
A parere della scrivente, invece, l'attività resa in via continuativa e senza vincolo di subordinazione dai membri del Consiglio Nazionale, potrebbe essere ricondotta nell'ambito dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
Secondo la disposizione dettata dall'articolo 47, comma 1, lettera c-bis), del Tuir, rientrano nell'ambito dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa gli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazione e altri enti, la collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, la partecipazione a collegi e commissioni ed altri rapporti di collaborazione resi in via continuativa, senza vincolo di subordinazione e senza impiego di mezzi propri.
Rientrano pertanto nell'ambito della nozione di collaborazione, oltre alle figure espressamente menzionate, anche altre attività individuate sulla base di criteri di carattere oggettivo quali la continuità nel tempo della prestazione lavorativa e l'assenza di subordinazione.
Conformemente al parere espresso con la circolare n. 1 del 1973, ancorché riferita ad una disciplina fiscale attualmente superata, si ritiene che possano rientrare ad esempio nell'ambito dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche attività relative ad incarichi di presidente di enti o associazioni e di componente dei rispettivi consigli o comitati sempreché tali attività vengano rese secondo le modalità chiarite dal citato articolo 47, comma 1, lettera c-bis), del Tuir. In particolare, per quanto oggetto del presente quesito, possono rientrare nell'ambito delle attività di collaborazione anche gli incarichi di presidente o di consigliere del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti.
Tuttavia, occorre considerare che la disposizione dettata dall'articolo 47, comma 1, lettera c-bis), del Tuir dispone l'assimilazione al reddito di lavoro dipendente solo per i compensi derivanti dall'attività di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino "nell'oggetto dell'arte o professione di cui all'articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente".
La disposizione in esame ha quindi affermato un principio di attrazione nella sfera del lavoro autonomo di quei rapporti di collaborazione sia tipici (uffici di amministratore, sindaco e revisore di società ed enti, collaborazione a giornali riviste ecc, partecipazione a collegi e commissioni) che atipici (altre attività di collaborazione) che risultino connessi all'attività artistica o professionale esercitata dal contribuente.
I criteri da osservare per stabilire la sussistenza o meno di una connessione tra l'incarico svolto e l'attività professionale esercitata abitualmente dal professionista, sono stati forniti da questa amministrazione con la circolare n. 105/E del 2002 [leggasi 2001 - n.d.r.].
Secondo i principi dettati con la predetta circolare, per determinare se l'attività di collaborazione resa rientri nell'oggetto dell'attività di lavoro autonomo posta in essere dal professionista occorre valutare se per lo svolgimento dell'attività di collaborazione siano necessarie conoscenze tecnico giuridiche direttamente collegate all'attività di lavoro autonomo esercitata abitualmente.
Tale valutazione può essere operata tenendo in considerazione, ad esempio quanto disposto dai singoli ordinamenti professionali.
Inoltre, anche in assenza di una previsione espressa dell'attività nell'ambito delle norme di disciplina dell'ordinamento professionale, l'attrazione nell'ambito del reddito di lavoro autonomo può operare nel caso in cui il professionista svolge l'incarico di collaborazione in una società o ente che esercita una attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della propria professione abituale. Anche in tale ipotesi è ragionevole presumere che l'incarico di collaborazione sia stato attribuito al professionista proprio in quanto esercente quella determinata attività professionale.
I principi sopra affermati, dettati in particolare per valutare la possibilità di attrarre nell'ambito del reddito di lavoro autonomo l'attività di amministratore di società ed enti, devono essere applicati in tutti i casi in cui una attività di collaborazione venga resa da un professionista.
In particolare, con riferimento al quesito oggetto della presente istanza, deve ritenersi che l'attività resa dal dottore commercialista in qualità di presidente o di consigliere del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti, ancorché astrattamente configurabile come rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, debba essere ricondotta nell'ambito dell'attività professionale abitualmente resa dal professionista.
Ai sensi dell'articolo 25 del DPR n. 1067 del 1953, tra le attività demandate al Consiglio rientrano, ad esempio, l'emissione di pareri sui progetti di legge e di regolamento che interessano la professione o il coordinamento e la promozione di iniziative volte al miglioramento ed al perfezionamento professionale. Le conoscenze tecnico giuridiche necessarie per lo svolgimento di tali attività sono a parere della scrivente senz'altro collegate all'attività di lavoro autonomo che il professionista esercita abitualmente.
D'altra parte, occorre comunque considerare che il Consiglio Nazionale svolge una attività oggettivamente connessa a quella del dottore commercialista; proprio sulla base di tale considerazione deve ritenersi che anche nella particolare ipotesi in cui l'attività resa in qualità di membro del Consiglio nazionale non sia di fatto similare a quella che il lavoratore svolge in qualità di libero professionista, come ad esempio per le attività di controllo sul funzionamento dei Consigli dell'ordine o per le attività di amministrazione e gestione dei beni dell'ente, deve comunque ritenersi che l'incarico di membro del Consiglio Nazionale sia stato attribuito al professionista proprio in ragione dell'attività professionale resa abitualmente. Si ricorda, tra l'altro, che ai sensi dell'articolo 22 del citato DPR del 1953 possono far parte del Consiglio Nazionale solo i professionisti che abbiano un'anzianità di almeno dieci anni di iscrizione all'albo dei dottori commercialisti.
A parere della scrivente, pertanto, gli incarichi di presidente o di consigliere del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti resi da soggetti che esercitano l'attività professionale di dottore commercialista, devono essere ricondotti nell'ambito dell'attività professionale resa in via abituale; i relativi compensi devono quindi concorrere alla formazione del reddito di lavoro autonomo del soggetto che li percepisce secondo le disposizioni fiscali dettate per i redditi di natura professionali.

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