Problematiche connesse all'abrogazione dell'equalizzatore - convertito dalla legge 23 novembre 2001, n. 409
Risoluzione Agenzia Entrate n. 87 del 14.03.2002
Con nota del 7 gennaio 2002, codesta Associazione ha sottoposto all'attenzione della scrivente alcune problematiche derivanti dall'abrogazione del cosiddetto "equalizzatore" delle plusvalenze e di taluni redditi di capitale, previsto dall'articolo 82, comma 9, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917 e divenuto operativo, in seguito all'emanazione del decreto del Ministro delle finanze 4 agosto 2000, dal 1 gennaio 2001.
L'articolo 9 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, abrogando tale meccanismo per la determinazione delle plusvalenze, dei differenziali positivi e dei proventi (ovvero delle minusvalenze, dei differenziali negativi e degli oneri) realizzati a decorrere dal 4 agosto 2001, nonché per i redditi di capitale di cui all'articolo 10-ter, comma 1, della legge 23 marzo 1983, n. 77, percepiti a decorrere da tale data, ha messo in luce una serie di problematiche.
La prima questione riguarda il trattamento delle minusvalenze realizzate dalla clientela nell'ambito dei rapporti di risparmio amministrato di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
Come noto, l'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore può dar luogo a un risultato positivo, che costituisce l'imposta da pagare al momento della cessione o del rimborso del titolo, certificato o strumento finanziario, ovvero ad un risultato negativo, che rappresenta un "credito d'imposta virtuale" che può essere dedotto - nel periodo d'imposta in cui è stata effettuata la cessione o il rimborso, ma non oltre i quattro anni successivi - dall'imposta dovuta con riferimento alle plusvalenze, proventi e differenziali positivi realizzati nell'ambito di un altro rapporto amministrato ovvero in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Pertanto, nel periodo di operatività dell'equalizzatore, gli intermediari hanno previsto l'indicazione del "credito d'imposta virtuale" nelle certificazioni delle minusvalenze rilasciate, ai sensi del comma 5 del suddetto articolo 6, in caso di chiusura del rapporto ovvero di revoca dell'opzione per l'applicazione del regime del risparmio amministrato.
A seguito dell'abrogazione dell'equalizzatore, l'Associazione chiede se possano essere considerate valide:
- le certificazioni rilasciate prima del 27 settembre 2001 (data di entrata in vigore del D.L. n. 350 del 2001 che ha abrogato l'equalizzatore), recanti l'indicazione del "credito d'imposta virtuale";
- le certificazioni rilasciate successivamente alla predetta data, recanti l'indicazione sia del "credito d'imposta virtuale" sia delle minusvalenze, in caso di cessioni di titoli minusvalenti effettuate, rispettivamente, in parte prima ed in parte dopo il 4 agosto 2001;
- le certificazioni recanti l'indicazione del "credito d'imposta virtuale", in luogo della minusvalenza, anche nel caso in cui si tratti di minusvalenze realizzate successivamente al 4 agosto 2001.
Al riguardo si ritiene che possano essere considerate valide le certificazioni attestanti il "credito d'imposta virtuale", sia nel caso in cui le certificazioni stesse siano state rilasciate prima del 27 settembre 2001 (data di entrata in vigore del D.L. n. 350 del 2001) sia che esse siano state rilasciate successivamente, purché le relative minusvalenze siano state realizzate entro il 3 agosto 2001.
Inoltre, devono ritenersi valide le certificazioni recanti l'indicazione sia del "credito d'imposta virtuale" che della minusvalenza, nell'ipotesi di minusvalenze realizzate, rispettivamente, in parte prima ed in parte dopo il 4 agosto 2001, purché tali certificazioni siano redatte in modo da evitare equivoci circa la natura dei dati esposti.
Si fa presente, invece, che non è corretto il rilascio di certificazioni, a partire dalla predetta data del 27 settembre 2001, relative a minusvalenze realizzate a decorrere dal 4 agosto 2001, recanti l'indicazione del "credito d'imposta virtuale" in luogo delle minusvalenze.
In questo caso, infatti, essendo già in vigore la disposizione che ha abrogato l'equalizzatore, non riveste più alcun significato la certificazione del "credito d'imposta virtuale". Una siffatta certificazione costringerebbe il contribuente a trasformare il "credito d'imposta virtuale" in minusvalenza, dividendo l'importo del credito per 12,50 per cento ovvero moltiplicando detto importo per 100 e dividendo per 12,5.
Pertanto, qualora il contribuente si rivolga ad un intermediario ai fini dell'utilizzo del "credito d'imposta virtuale" nell'ambito di un altro rapporto per il quale il medesimo contribuente abbia optato per l'applicazione del regime del risparmio amministrato, la predetta conversione può essere effettuata direttamente dallo stesso intermediario.
Diversamente, qualora il contribuente intenda utilizzare il "credito d'imposta virtuale" in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, lo stesso può rivolgersi all'intermediario per ottenere l'emissione di una nuova certificazione con l'indicazione della minusvalenza.
La seconda questione è connessa all'attribuzione della data di acquisto degli strumenti finanziari che fuoriescono dal regime del risparmio amministrato - per effetto del prelievo degli stessi o per la revoca dell'opzione per l'applicazione del predetto regime - e per i quali il contribuente decide di avvalersi del regime dichiarativo.
Come noto, il citato articolo 9 del D.L. n. 350 del 2001 ha abrogato anche il comma 12 dell'articolo 6 del D.Lgs. n. 461 del 1997 il quale prevedeva che, ai fini dell'applicazione dell'equalizzatore, per i titoli, quote, certificati o rapporti per i quali sia stata esercitata l'opzione per il regime amministrato, si assume come data di acquisto la data media ponderata di acquisto relativa a ciascuna categoria dei predetti strumenti finanziari.
Il problema deriva dalla circostanza che il comma 7 dell'articolo 6 del suddetto D.Lgs. n. 461 del 1997 rinvia al successivo comma 12 e, quindi, all'utilizzo della data media ponderata di acquisto, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze nelle ipotesi di prelievo degli strumenti finanziari dal regime del risparmio amministrato o comunque di revoca dell'opzione per l'applicazione di tale regime.
In queste ipotesi, gli intermediari sono tenuti a certificare, nel caso di pluralità di attività finanziarie appartenenti a categorie omogenee, il costo o valore medio ponderato relativo a ciascuna categoria e, per effetto del richiamo al citato comma 12 dell'articolo 6, la data media ponderata di acquisto relativa a ciascuna delle predette categorie.
Ciò premesso, codesta Associazione ha chiesto quale data debba essere indicata nelle certificazioni rilasciate dagli intermediari alla luce dell'abrogazione del comma 12 dell'articolo 6 del D.Lgs. n. 461 del 1997.
Al riguardo, considerate le obiettive difficoltà di reperimento dei dati relativi ai singoli acquisti effettuati dal contribuente, si ritiene che, nonostante l'abrogazione di tale norma, gli intermediari debbano continuare a certificare la data media ponderata di acquisto relativa a ciascuna categoria omogenea dei titoli, quote, certificati o rapporti.
Infatti, occorre tener presente che il criterio del costo o valore medio ponderato, che deve essere utilizzato dall'intermediario per la valutazione della giacenza di ciascuna categoria omogenea di titoli ai sensi del comma 4 dell'articolo 6 del D.Lgs. n. 461 del 1997, non ha subito alcuna modifica.
D'altra parte, il criterio del costo o valore medio ponderato presuppone che le quantità di ciascuna categoria di titoli non siano più identificabili singolarmente in quanto facenti parte di un insieme i cui elementi sono ugualmente disponibili. Da ciò ne consegue che la data di acquisto non può che essere costituita dalla data media ponderata.
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