Risoluzione Agenzia Entrate n. 89 del 25.08.2010

Interpello articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 – Cessioni di beni estratti dal deposito fiscale da parte del rappresentante fiscale – Art. 17, comma 5, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Risoluzione Agenzia Entrate n. 89 del 25.08.2010

Con istanza di interpello, concernente l’esatta applicazione dell’art. 17, comma 3, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è stato esposto il seguente

Quesito
La Società di diritto inglese “ALFA PLC” (di seguito “la società”) commercializza in Italia polietilene ed alluminio greggio in favore di primarie società italiane ed estere aventi ad oggetto la trasformazione ovvero il commercio all'ingrosso di metalli non ferrosi.
Con riferimento al polietilene, si fa presente che tale materiale, di provenienza estera, viene introdotto nel territorio dello Stato tramite immissione in libera pratica con introduzione nel deposito IVA, ai sensi dell’art. 50-bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331; la successiva estrazione, da effettuare per l’immissione in consumo nel territorio dello Stato, avviene tramite autofattura della Società medesima, la quale nel documento applica l'IVA nella misura del 20%. Sia l’introduzione nel deposito IVA (certificata dal documento doganale “IM Z”) che la successiva estrazione (certificata dall’autofattura) vengono effettuate dalla Società utilizzando la partita IVA del rappresentante fiscale, figura disciplinata dall’art. 17, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Con riferimento all’alluminio primario - ulteriore bene commercializzato dalla Società - viene fatto presente che esso è importato in Italia presso diversi porti italiani; ai fini dell’immissione in consumo nel territorio dello Stato viene applicata l'IVA attraverso il regime del reverse charge ai sensi dell’art. 74, comma 8, del menzionato D.P.R. n. 633 del 1972; in alternativa, il suddetto materiale può essere acquistato sul mercato nazionale presso altre società estere esercenti attività di commercio all'ingrosso di metalli non ferrosi ed identificate in Italia.
Nell’istanza viene chiesto se la Società possa continuare a certificare le proprie cessioni interne dei suddetti materiali a mezzo di fattura utilizzando la partita IVA del rappresentante fiscale, benché a seguito delle recenti modifiche dell’art. 17 del D.P.R. n. 633 del 1972 i soggetti obbligati agli adempimenti IVA per le cessioni interne effettuate da parte di soggetti non residenti sono i cessionari stabiliti nel territorio dello Stato.

Soluzione prospettata
La società ritiene che dare la possibilità ai soggetti non residenti di emettere fattura tramite il proprio rappresentante fiscale non faccia venire meno la ratio del menzionato art. 17; ciò a condizione che su tale documento fiscale sia indicato dal rappresentante fiscale che l'obbligo di adempiere ai conseguenti obblighi IVA grava sul cessionario nazionale ai sensi dell'art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972 (ovvero in alternativa indicando la frase "adempimenti Iva da assolvere da parte del cessionario tramite reverse charge").
Secondo l’istante, tale soluzione consentirebbe altresì di conferire alle scritture contabili del rappresentante fiscale e del cessionario nazionale una “adeguata trasparenza” con la conseguenza che diverrebbero facilmente “tracciabili” i passaggi che avvengono da un rappresentante fiscale di un soggetto estero ad un cessionario nazionale.
La Società ritiene, pertanto, che le fatture emesse con la partita IVA del rappresentante fiscale del soggetto estero debbano riportare l'indicazione dell'art. 17, comma 2, DPR 633/1972 al fine di individuare il cessionario residente tenuto a regolarizzare l’operazione attraverso il meccanismo dell’inversione contabile.
Le fatture verrebbero successivamente registrate sui registri IVA come operazioni "fuori campo Iva" senza che il relativo totale venga riportato in sede di dichiarazione annuale.

Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’art. 17, c. 2, del D.P.R. 633 del 1972 prevede, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, che “gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all'articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti”.
La citata norma amplia pertanto l’ambito applicativo del reverse charge obbligatorio, vale a dire delle ipotesi in cui – in deroga ai criteri generali previsti dal primo comma dell’articolo 17 del menzionato D.P.R. n. 633 del 1972– il debitore dell’imposta non è, come di regola avviene, il cedente o prestatore, bensì il cessionario o committente.
A partire dal 1° gennaio 2010, l’IVA relativa a tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti ai fini dell’imposta in Italia – rese da soggetti non residenti e non stabiliti in Italia – deve sempre essere assolta dal cessionario o committente, quando questi sia un soggetto passivo stabilito in Italia, mediante l’applicazione del meccanismo del reverse charge, ancorché il cedente o prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale (sul punto cfr. le circolari 18 marzo 2010, n. 14 e 21 giugno 2010, n. 36, risposta al quesito n. 31).
Verificandosi le due circostanze sopra delineate – e cioè cedente/prestatore non residente e cessionario/committente stabilito – è solo su quest’ultimo, ove soggetto passivo, che, a norma dell’articolo 17, secondo comma, ricadono gli obblighi relativi all’applicazione dell’imposta
È da ritenere quindi che a nessun adempimento sia tenuto il cedente o prestatore non residente, anche se ivi identificato nel territorio dello Stato; ciò, in particolare, esclude che il cedente o prestatore non residente sia tenuto all’emissione della fattura (e ai conseguenti adempimenti di annotazione e dichiarazione), tramite il numero identificativo IVA italiano.
Le norme fin qui citate non escludono, tuttavia, che in relazione ad una cessione interna il rappresentante fiscale di un soggetto estero possa - per proprie esigenze - emettere nei confronti del cessionario/committente residente un documento non rilevante ai fini dell’IVA, con indicazione della circostanza che l’imposta afferente tale operazione verrà assolta dal cessionario o committente.
Pertanto, tale possibilità deve essere riconosciuta anche nella fattispecie prospettata nell’interpello in cui il rappresentante fiscale del soggetto estero cura la cessione nei confronti di soggetti d’imposta stabiliti nel territorio dello Stato di beni dallo stesso precedentemente acquistati sul mercato nazionale ovvero di beni previamente estratti dal deposito IVA.
In particolare qualora la cessione sia preceduta dall’estrazione dal deposito da parte del rappresentante fiscale questi dovrà provvedere all’assolvimento dell’imposta tramite il meccanismo dell’inversione contabile.
Successivamente il rappresentante fiscale potrà emettere il predetto documento senza rilevanza IVA utile anche per documentare la movimentazione del bene, fermo restando che gli obblighi relativi all’applicazione dell’imposta devono essere adempiuti dal cessionario residente, tramite emissione di autofattura ai sensi dell’art. 17, comma 5, del decreto IVA nel quadro del meccanismo dell’inversione contabile.
Secondo quanto previsto dal terzo comma del menzionato articolo 17, il reverse charge non trova invece applicazione quando la cessione di beni (o la prestazione di servizi) territorialmente rilevante sia effettuata da un soggetto passivo non stabilito e privo di stabile organizzazione nel territorio dello Stato nei confronti di cessionario/committente soggetto passivo stabilito fuori del territorio dello Stato (ovvero cessionario/committente che non può essere qualificato come soggetto passivo ai sensi dell’articolo 7-ter, comma 2, del D.P.R. n. 633/72).
Il soggetto non residente che ponga in essere operazioni nei confronti di cessionari o committenti soggetti passivi non stabiliti dovrà, qualora non abbia già provveduto per assolvere agli obblighi di estrazione dal deposito IVA, identificarsi direttamente in Italia ai sensi dell’articolo 35-ter del D.P.R. n. 633/72 (ricorrendone i presupposti) ovvero assolvere in modo ordinario, per il tramite di un rappresentante fiscale, gli obblighi relativi alle predette operazioni; ipotesi ricorrente nei casi prospettati nell’interpello quando la società estera opera una cessione interna nei confronti di un altro soggetto estero non stabilito in possesso di partita IVA derivante dalla identificazione diretta o dalla nomina di un rappresentante fiscale (allo stesso modo dovranno operare i soggetti non residenti quando effettuano cessioni interne nei confronti dell’istante).
Le Direzioni Regionali vigileranno affinché le istruzioni impartite ed i principi enunciati nella presente risoluzione vengano applicati con uniformità.

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