Risoluzione Agenzia Entrate n. 91 del 16.07.2004

Istanza di Interpello - Imposta di registro - clausola penale inserita nei contratti di appalto di lavori pubblici
Risoluzione Agenzia Entrate n. 91 del 16.07.2004

Con l'istanza di interpello di cui all'oggetto, concernente l'esatta applicazione dell'imposta di registro alla clausola penale inserita nei contratti di appalto di lavori pubblici, è stato esposto il seguente

QUESITO
La JY ha chiesto di conoscere il trattamento tributario dei contratti di appalto di lavori pubblici.
In particolare, ha chiesto se la clausola penale - inserita per obbligo normativo nei contratti di appalto - "possa considerarsi ai fini dell'imposta di registro, una disposizione derivante e dipendente necessariamente dall'obbligazione principale, e, come tale, non assoggettabile autonomamente ad imposizione, ai sensi dell'articolo 21, comma 2, del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131"

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'interpellante fa presente che l'apposizione della clausola penale nei contratti d'appalto è imposta dalla vigente normativa in materia di lavori pubblici. Infatti, il "nuovo Capitolato Generale" dei lavori pubblici (Decreto Ministeriale 19 aprile 2000, n. 145) stabilisce:
1. "Le disposizioni del capitolato devono essere espressamente richiamate nel contratto di appalto; esse si sostituiscono di diritto alle eventuali clausole difformi di contratto o di capitolato speciale, ove non diversamente disposto dalla legge o dal regolamento" (articolo 1, comma 2);
2. "Per il maggior tempo impiegato dall'appaltatore nell'esecuzione dell'appalto oltre il termine contrattuale è applicata la penale nell'ammontare stabilito dal capitolato speciale o dal contratto e con i limiti previsti dall'articolo 117 del Regolamento". (articolo 22, comma 1)
L'istante ritiene che tale contratto d'appalto sia soggetto ad una unica imposta di registro in misura fissa, poiché sussiste un rapporto di necessaria causalità tra la clausola penale e le disposizioni del contratto in genere e, pertanto, sia riconducibile nell'ambito applicativo dell'art 21, comma 2, del Testo Unico dell'imposta di registro.

RISPOSTA DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Preliminarmente si rileva l'inammissibilità dell'istanza di interpello.
L'articolo 11, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che disciplina l'istituto dell'interpello del contribuente, dispone, infatti, che " Ciascun contribuente può inoltrare per iscritto all'amministrazione finanziaria, (...) circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, ...".
Inoltre, l'articolo 3, comma 1, del decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209, stabilisce " L'istanza di interpello deve contenere a pena di inammissibilità:
- I dati identificativi del contribuente ed eventualmente del suo legale rappresentante;
- la circostanziata e specifica descrizione del caso concreto e personale da trattare ai fini tributari sul quale sussistono concrete condizioni di incertezza;..."
Sulla base di quanto specificato si evidenzia che l'istanza di interpello deve essere presentata dal contribuente interessato o da un suo delegato, cui sia stata conferita procura generale o speciale, ai sensi dell'articolo 63 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e anche dal coobbligato o dal notaio.
Con circolare n. 50/E del 31 maggio 2001, è stato chiarito che l'interpello deve essere finalizzato a conoscere il trattamento tributario di determinati atti, operazioni o iniziative riconducibili direttamente nella sfera di interessi del soggetto istante. Ne deriva che l'eventuale interpello proposto da un soggetto diverso dal contribuente interessato, come nel caso di specie, non produrrà gli effetti propri dell'interpello di cui all'articolo 11, commi 2 e 3 della legge n. 212 del 2000
Ciò premesso, si reputa opportuno, nell'ambito della generale attività di consulenza giuridica prevista dalla sopra citata circolare n. 99/E [ leggi: 50/E ], esaminare nel merito la questione prospettata per corrispondere all'interesse generale degli associati.
Per stabilire il corretto trattamento tributario, ai fini dell'imposta di registro, della clausola penale, è necessario rammentare che essa viene definita dall'articolo 1382 del codice civile una pattuizione "...con cui le parti convengono preventivamente che, in caso di inadempimento, o di ritardo nell'adempimento uno dei contraenti è tenuto ad una determinata prestazione..." consistente nel pagamento di una somma di denaro a titolo di sanzione.
Invero, la clausola penale è un patto accessorio del contratto - posto dalle parti al fine di rafforzare il vincolo contrattuale - con funzione sia di coercizione all'adempimento che di predeterminazione della misura del risarcimento per l'inadempimento.
Il pagamento che consegue in caso di inadempimento dalla stessa clausola è escluso dal regime impositivo dell'I.V.A., ai sensi dell'articolo 15, comma 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che stabilisce " Non concorrono a formare la base imponibile 1) le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi...".
Da tale disposizione si evince che le somme corrisposte a titolo di penalità (ritardo/inadempimento) esulano dal campo di tale imposta (cfr.risoluzione ministeriale del 6 dicembre 1989, n. 550293) e, pertanto, sono soggette all'imposta di registro (articolo 9 della Tariffa Parte Prima del Testo Unico dell'imposta di registro, cfr. risoluzione ministeriale del 18 giugno 1990, prot. n. 310388).
Nel merito - poiché il contratto di appalto stipulato tra i concessionari di lavori e di servizi pubblici e le amministrazioni dello Stato, ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109, deve contenere la clausola penale in ottemperanza dell'articolo 26, comma 6, della citata legge, che stabilisce "I progettisti e gli esecutori di lavori pubblici sono soggetti a penali per il ritardato adempimento dei loro obblighi contrattuali..." - si rileva che, a differenza dell'ipotesi considerata nella citata risoluzione 310388 del 18 giugno 1990, concernente la non necessaria connessione di una clausola penale apposta volontariamente dalle parti ad un contratto di affidamento di servizio, le disposizioni contenute nell'atto in esame (contratto d'appalto e clausola penale) derivano necessariamente le une dalle altre e, pertanto, l'atto è soggetto all'imposta di registro dovuta per "...la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa" (articolo 21, comma 2, del testo Unico dell'imposta di Registro).
Nella fattispecie in esame, la disposizione che, ai fini dell'imposta di registro, dà luogo all'imposizione più onerosa è la clausola penale.
Infatti, il contratto d'appalto in argomento è soggetto all'imposta di registro in misura fissa, mentre la clausola penale, come già accennato, è soggetta all'aliquota del 3 per cento stabilita dall'articolo 9 della Tariffa, Parte Prima, del Testo Unico dell'imposta di registro: "atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale".
Occorre, inoltre, precisare che l'obbligazione di cui è fonte la clausola in esame produce i suoi effetti solo a seguito dell'inadempimento dell'obbligazione principale; da ciò consegue che, ai fini dell'imposta di registro, trova applicazione, per analogia, la disciplina degli atti sottoposti a condizione sospensiva, di cui all'articolo 27 del relativo Testo Unico che stabilisce "Gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell'imposta in misura fissa"
Di conseguenza, l'obbligazione che scaturisce dalla clausola penale è assoggettata all'imposta di registro nella misura proporzionale solo all'avverarsi della condizione, ovvero dell'inadempimento dell'obbligazione principale (tardività nella consegna o nell'esecuzione dei lavori), essendo la clausola una pattuizione che diviene efficace e produttiva dell'obbligazione assunta soltanto se e quando si ha l'inadempimento.
Dal combinato disposto delle norme sopra richiamate emerge che al momento della registrazione dell'atto in questione è dovuta una sola imposta in misura fissa (euro 129,11).
Si rammenta, infine, che il verificarsi degli eventi che fanno sorgere l'obbligazione (tardività/inadempimento) e quindi l'ulteriore liquidazione d'imposta "...devono essere denunciati entro venti giorni, a cura delle parti contraenti o dei loro aventi causa e di coloro nel cui interesse è stata richiesta la registrazione, all'ufficio che ha registrato l'atto al quale si riferiscono" ai sensi dell'articolo 19 del Testo Unico più volte citato.

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