Chi tra di noi non annovera tra i propri clienti un titolare di una ditta individuale in regime di contabilità ordinaria un po' pasticcione, che preleva denaro in banca che non si sa dove va a finire,
cosicché ci si ritrova a rilevare tali operazioni a "conto titolare" (o titolare conto prelevamenti), conto che poi servirà a sistemare le partite aperte di fornitori e clienti, anche se la sistemazione di tali partite dipende poi dalla volontà e dalla collaborazione del cliente ed a volte, tali partite, rimangono aperte per qualche anno.
Nel caso capitato ad un nostro Collega, in presenza di una tale tipologia di cliente, quest'ultimo si era "fabbricato in casa" anche un po' di fatture di acquisto completamente fasulle (anche se graficamente ben fatte) che contabilmente risultavano da saldare; il credito relativo a tali fatture non era ancora prescritto ed il cliente riferiva al ns. Collega "lasci la partita aperta, ho degli accordi con il fornitore, poi appena ho tempo mi rivedo tutti i dati e metteremo a posto il tutto"; solitamente i clienti, specie quelli della tipologia di cui sopra, non recapitano allo studio neppure l'indispensabile e figuriamoci se recapitano eventuali accordi di dilazione o scritture di accordo con il fornitore per il pagamento di fatture "datate".
Giunge inaspettata una visita della Guardia di Finanza che esamina la posizione del cliente, effettua i riscontri dovuti e giunge alla conclusione che alcune fatture erano state appunto "fabbricate in casa", risultavano appunto false, fasulle.
Il Cliente veniva denunciato penalmente e, di solito, la storia si sarebbe così dovuta concludere, ma così non è stato.
Al Collega la Guardia di Finanza ha elevato un processo verbale per omessa segnalazione di operazioni sospette -art. 41 del D.lgs. 231/2007- relative ai prelevamenti in contanti effettuati dal titolare della ditta individuale sul conto corrente bancario (e perché non lo ha segnalato prima la Banca, che aveva notizia del prelevamento all'atto dell'effettuazione del prelevamento stesso) e sulla base, appunto, delle fatture "fasulle", poiché erano scaduti i termini di pagamento (quelli originari), e quindi al professionista doveva nascere il sospetto che si era in presenza, appunto, di fatture fasulle e, quindi, configurabili quali operazioni sospette.
Il Collega si è così visto notificare un processo verbale con una sanzione minima di oltre 10.000 euro ed una massima di oltre 430.000 euro ed ha provveduto ad inoltrare al Ministero delle Finanze gli scritti difensivi di cui all'art. 18 della Legge 24 novembre 1981 n. 689, considerato che sarà appunto il Ministero a stabilire l'entità della sanzione.
Vedremo nel proseguo l'evolversi di tale vicenda, ma i fatti di cui sopra impongono una seria riflessione sui risvolti che possono celarsi dietro un incarico di tenuta della contabilità, incarico ritenuto comunemente "normale" e sull'atteggiamento che avranno gli uffici nell'imputare responsabilità in capo al professionista nel caso in cui, nel corso di accertamenti e verifiche, vengano rilevate fatture "fasulle" nella documentazione contabile del cliente.
Di certo gli obblighi che il Legislatore ha imposto ai professionisti in materia antiriciclaggio non sono solo quelli di identificare il cliente e di procedere alle registrazioni nell'Archivio, ma forse l'accollare al Collega le responsabilità di cui sopra non sembra ragionevole.